Sono arrivate le sentenze. Mica tutte, ma qualcuna sì. E le sentenze si accompagnano alle polemicucce. E chi siamo noi per non gradire le polemicucce? Nessuno, appunto.
Il Bologna acchiappa la Champions a 60 anni dall’ultima volta, quando i “Campioni” partecipavano alla Coppa omonima. Tutti parlano e celebrano mister Thiago Motta (ci sta), altri Zirkzee (ci sta), altri ancora osannano una società seria che ha fatto le cose per bene (vero), noi ci concentriamo un secondo su Giovanni Sartori, dirigente illuminato.
Giovanni Sartori senza buttare via un centesimo che sia uno ha portato il Chievo in Champions nel 2005/2006 (quarto posto), poi l’Atalanta nel 2018/19, 2019/20, 2020/2021 (sempre terza), ora il Bologna. E tutto questo senza mai comparire, parlare, sbraitare e soprattutto scialacquare. Ha messo insieme risultati e sostenibilità, ma anche spettacolo e idee. In un mondo normale costui si meriterebbe una cattedra in economia o un ministero qualunque, ma il mondo mica è normale e figuriamoci in Italia. Enormi complimenti a lui e viva Lucio Dalla che ci sta sempre bene.
Sono le ore del rifinanziamento Zhang, diciamo così, ovvero della possibilità della proprietà cinese dell’Inter di proseguire la sua storia in nerazzurro passando dai quattrini del fondo Pimco. Di fronte a un certo tipo di operazioni (mi faccio prestare dei soldi a interessi non banali per saldare un altro prestito) c’è chi si indigna e fa confusione, soprattutto perché sobillato da un certo tipo di comunicatori che A) Non capiscono o B) Fingono di non capire. I B) sono decisamente i peggiori. L’Inter ha certamente un problema di “conti da sistemare” e, infatti, li sta sistemando. Al netto delle operazioni del proprietario - regolari, se pensate che non sia così vi fate fregare dai soliti avvelenatori di pozzi - il dato di fatto è che il modello di gestione degli ultimi anni in Casa-Inter è diventato esempio per tutta la concorrenza italiana e non solo. Organizzazione, pianificazione, strategie, costruzione del gruppo, comunicazione: l’Inter che un tempo veniva sbeffeggiata per la confusione che la circondava, oggi ha le idee chiarissime. Lo dicono i parametri (tutti in netto miglioramento), lo confermano le opinioni di coloro che hanno la forza di andare oltre le proprie antipatie personali.
C’è questa cosa realmente fastidiosa che accompagna da tempo il mondo della comunicazione. E questa cosa si chiama “dialettica attorno a Massimiliano Allegri”. Si continua a discutere e litigare tra allegriani e non allegriani, ma così facendo si alimenta un’enorme confusione che non porta praticamente a nulla. Oggi la Juve giocherà la finale di Coppa Italia e a seconda del risultato gli allegriani insulteranno i non allegriani o viceversa. L’esito della partita in ogni caso non cambierà il destino del tecnico che, banalmente (ma neanche troppo) dovrà solo trovare un accordo economico con il club per chiudere la sua esperienza-bis.
Ecco, la battaglia non dovrebbe ridursi a “Allegri è bravissimo, la squadra vale poco” contro “Allegri è una pippa, la squadra vale di più”, semmai bisognerebbe capire perché l’Allegri fenomenale della prima esperienza torinese, oggi, si ritrova a minimizzare un pareggio interno contro una squadra retrocessa da settimane (con una striscia agghiacciante da 15 punti nelle ultime 15 giornate di campionato). Allegri è un signor allenatore (lo pensiamo davvero), proprio per questo sarebbe sciocco nascondere i limiti emersi in questa sua seconda esperienza bianconera.
Non banalizzeremo la questione parlando di stipendi, anzi sì: il buon Max in tre anni ha messo in tasca oltre venti milioni di euro netti e lo ha fatto parlando costantemente di “qualificazione Champions” come obiettivo massimo e propnendo un calcio realmente poco attrattivo: questa cosa non è “da Juve” e non è neppure “da Allegri”.
Chi dice “vedremo se Thiago Motta riuscirà a fare meglio di lui” non si rende conto che la faccenda è già andata oltre il banale conteggio dei punti o della posizione in classifica, si tratta di ridare entusiasmo a una piazza che fino a poche stagioni fa non sapeva dove mettere gli scudetti e ora si ritrova a sperare che la sua squadra riesca a impegnarsi al massimo per portare a casa la Coppa Italia.
Alcune piccole ma significative cose:
* Conte è senza spasimanti.
Avevamo immaginato un abboccamento col Milan che, però, viene costantemente smentito dai diretti interessati. Idem per la Juve. E allora all’ex Ct – a meno di improbabili cambi di prospettiva - non resta che il Napoli. De Laurentiis è realmente interessato ed è anche l’unico che non teme gli “effetti collaterali” che l’ex ct porta con sé. Quanto è bravo il tecnico Antonio Conte? Tantissimo, chi lo prende ha buone chance di lottare per lo scudetto. E allora perché non c’è la fila per accaparrarselo? Perché tanti dirigenti temono l’extra campo, i costi eccessivi, le sfuriate, gli “ho vinto io, avete perso voi” che troppe volte hanno caratterizzato le sue esperienze in panchina.
* Capello è andato giù durissimo con De Zerbi: "Cos'ha vinto in carriera? Non capisco perché sia il più sponsorizzato di tutti quanti". Questa cosa detta da mio cugino al bar o da qualunque giornalista pelato - tipo il sottoscritto - potrebbe anche essere giustificata, non se esce dalla bocca di un tecnico che ha fatto la storia del balun. Non bisogna guardare la bacheca per capire quanto vale De Zerbi, bisogna semplicemente osservare il campo, aprire gli occhi e “pesare” il valore del materiale con cui ha lavorato: la stragrande maggioranza dei giocatori passati sotto la sua gestione hanno aumentato il loro valore. Non è necessario aggiungere altro.
* Complimenti al Como per il ritorno in Serie A. Una promozione che è tutto tranne che improvvisata. Ecco perché fa abbastanza sorridere leggere certi elenchi di possibili obiettivi di mercato per la serie A, da Messi e Sergio Ramos, da Icardi a Correa. Il Como farà un gran mercato, ma non butterà il denaro. È probabile che arrivi un grande nome, ma la maggior parte dei nuovi acquisti contemplerà un mix di gioventù ed esperienza che prescinde l’universo delle “figurine”. La proprietà del club lariano è molto ricca, si sa, e proprio per questo farà tutto tranne che buttare denaro al vento (il budget? Si parla di 70 milioni…).
* Una cosa sull’Atalanta. Quello che si vede sul campo fa impressione, ma il simbolo dell’impresa è visibile appena fuori dal rettangolo di gioco. E pensiamo all’inquadratura in campo largo che ogni tanto illumina i nuovissimi spalti del Gewiss Stadium. L’Atalanta si è fatta lo stadio nuovo con le sue forze e a suon di plusvalenze. Questa cosa qua, in Italia, rasenta il miracolo.
* Ultimissima. Il Lecce si è salvato con una delle squadre più giovani e meno costose d’Italia. Gotti ha ricordato e ringraziato il suo predecessore D’Aversa; D’Aversa ha ringraziato il suo vecchio pubblico e Gotti stesso. Sono stati tutti - ma proprio tutti - bravissimi.
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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