L’Udinese torna a ruggire e lo fa nel modo più convincente, battendo un’Atalanta smarrita e fragile con un 1-0 che dice molto più di quanto il punteggio lasci intendere. Dopo la sconfitta contro la Juventus, la squadra di Kosta Runjaic aveva due strade: arrendersi al proprio destino di mezza classifica, oppure reagire e rilanciarsi. Ha scelto la seconda.
Il Bluenergy Stadium ha visto una squadra organizzata, compatta e capace di mettere sotto fisicamente e mentalmente la Dea, dominando nei duelli e trasformando ogni ripartenza in un’occasione. Una vittoria che vale doppio, perché proietta i friulani in piena corsa europea e restituisce entusiasmo a un gruppo che sta imparando a credere di nuovo nelle proprie possibilità.
ZANIOLO, LA RINASCITA DI UN TALENTO – Il protagonista, ancora una volta, è Nicolò Zaniolo. L’ex talento “irrisolto” del calcio italiano ha trovato a Udine la dimensione che gli mancava da anni. Il gol con cui ha deciso la partita – un destro violento e preciso su assist di Kamara – è il terzo nelle ultime quattro giornate, a cui va aggiunta la rete in Coppa Italia contro il Palermo.
Ma non sono solo i numeri a raccontare la sua metamorfosi: Zaniolo è il motore creativo dell’Udinese, l’uomo che accende la manovra e detta i tempi dell’attacco. Personalità, forza fisica e una ritrovata lucidità sotto porta lo stanno trasformando in un giocatore maturo e decisivo.
Non è un caso se, in tribuna, il ct Gattuso prendeva appunti: un talento così, oggi, può tornare utile anche alla Nazionale.
DEA SPENTA, L’INVERSIONE DI ROTTA NON ARRIVA – Dall’altra parte, invece, Bergamo si scopre improvvisamente vulnerabile. La prima sconfitta in campionato arriva nel giorno della peggior prestazione stagionale: 90 minuti di nulla, senza un tiro nello specchio, con il pallone girato a ritmo da allenamento e un atteggiamento distante anni luce da quello che, negli ultimi anni, aveva reso l’Atalanta una delle realtà più temute d’Europa.
Già nelle scorse settimane si era percepito un calo di brillantezza, ma ora il problema sembra più profondo. La squadra di Ivan Juric appare stanca, confusa e soprattutto priva di certezze. Le parole del tecnico croato a fine partita lo confermano: «È stata una gara negativa sotto ogni aspetto. Non c’è nulla da salvare».
IL NODO JURIC – E qui nasce il vero interrogativo. Dopo dieci giornate e una sola vittoria nelle ultime sei, il progetto Juric inizia a mostrare le prime crepe. L’Atalanta ha investito più di 100 milioni di euro per restare ai vertici, ma i risultati non seguono le ambizioni. I Percassi, finora, hanno scelto la linea della fiducia e della continuità, ma il malumore cresce. I numeri parlano chiaro: la Dea segna poco, subisce più del solito e non ha ancora trovato una chiara identità tattica. Il tecnico croato, subentrato per garantire una transizione “dolce” dopo l’era Gasperini, sta invece vivendo un inizio pieno di incognite. Se l’obiettivo era mantenere alto il livello di competitività, oggi la Dea sembra in affanno, più vicina al centro classifica che alla zona Champions.
IL FUTURO SI DECIDE ORA – A pochi giorni dalla trasferta di Champions a Marsiglia, l’Atalanta arriva con il morale basso e una montagna di domande. C’è chi invoca un cambio immediato in panchina, chi chiede pazienza, chi parla di un gruppo che avrebbe “tradito” il proprio allenatore.
Ma, al di là dei nomi e delle ipotesi, il dato è uno: questa Atalanta non è più riconoscibile. Serve una scossa forte, tecnica e mentale, per non trasformare un momento difficile in una vera crisi. Juric resta al centro del progetto, ma la sensazione è che la sua panchina non sia mai stata così traballante. A Marsiglia, martedì, non si gioca solo una partita di Champions: si gioca una parte del futuro.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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