Quando si cambia allenatore dopo quasi un decennio, la parola più semplice da pronunciare è «rivoluzione». Ma sarebbe profondamente sbagliato usarla per raccontare il passaggio da Gian Piero Gasperini a Ivan Juric sulla panchina dell'Atalanta. Perché se è vero che il tecnico croato ha nelle sue mani il compito di aprire un nuovo ciclo, è altrettanto chiaro che il filo rosso che lo lega al maestro è tutt'altro che spezzato. Anzi, è robusto e visibile a occhio nudo.
Juric è uomo di paradossi. È il nuovo che avanza, certo, ma è anche l'allievo fedele del suo predecessore. Il destino ha sempre voluto giocare con lui e con Bergamo, negandogli la vittoria da avversario su quello che oggi sarà il suo palcoscenico quotidiano. Curiosa nemesi: colui che ha saputo costruire un calcio di rara intensità e coraggio altrove, ha sempre faticato maledettamente contro la Dea del maestro Gasperini.
E qui entra in gioco la bellezza della scelta fatta dalla società nerazzurra: non un taglio netto, ma un'eredità quasi spirituale. Juric dovrà mantenere intatti quei principi tattici che hanno fatto grande l'Atalanta in Italia e in Europa – pressing feroce, corsa al limite dell’umano, aggressività esasperata – e spingerli verso orizzonti ancora inesplorati. Dovrà essere simile, eppure diverso; dovrà essere vicino, ma non identico. Un compito complesso, ambizioso e affascinante.
L'aspetto che incuriosisce maggiormente è l'impatto che potrà avere con la qualità della rosa nerazzurra. Finora Juric ha dato il meglio con organici limitati: il Verona degli emergenti, il Torino delle occasioni da rilanciare. Adesso invece può contare su una rosa altamente qualitativa, Scamacca e Retegui, una coppia offensiva da élite assoluta, potenzialmente devastante. Può permettersi di alzare il tiro, aggiungere al suo spartito fatto di sacrificio e furore, le note della classe e dell'efficacia realizzativa. Sarà il banco di prova definitivo per un tecnico che deve dimostrare di essere anche qualcosa di più del «Gasperini 2.0».
Al di là del campo, c'è poi l’aspetto umano e ambientale. Bergamo è una città che non ama gli sconvolgimenti, ma sa riconoscere la competenza e la sincerità. Juric è un uomo autentico, che fuori dal terreno di gioco frequenta silenziosamente le mense per i poveri e si rigenera ascoltando death metal: atipico, genuino, distante dal cliché del tecnico tutto schemi e tattica. Questo aspetto conta moltissimo nella città della Dea, dove l'empatia fra ambiente e allenatore è decisiva.
Juric avrà bisogno di tempo e fiducia. Non potrà – né dovrà – essere giudicato subito. Ha davanti un percorso lungo, fatto di dettagli da affinare e tabù da sfatare. Primo tra tutti: vincere finalmente nella città che non gli ha mai sorriso da avversario.
La scelta dell'Atalanta, per molti versi audace, nasconde un piano preciso: rinnovare senza distruggere, cambiare restando fedeli a se stessi. Una sfida enorme, una responsabilità affascinante, ma anche la consapevolezza che il calcio più bello è quello che non smette mai di evolversi. Juric ha tutte le carte per riuscirci. Bergamo, ora, lo aspetta con fiducia: stavolta, però, sarà lui a dover regalare sorrisi ai tifosi, scrivendo finalmente una storia vincente sotto le mura del Gewiss Stadium.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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