Dallo scudetto del 2020 a oggi, la Juventus ha speso una cifra vicina agli 800 milioni di euro in trasferimenti, commissioni e stipendi faraonici. Eppure, dopo cinque stagioni di esperimenti, cambi di allenatore e rivoluzioni incompiute, la squadra non è mai riuscita a ritrovare la rotta vincente.
L’obiettivo era chiaro: trasformare il dominio nazionale in una potenza europea stabile, ma il progetto è naufragato tra errori di valutazione, strategie contraddittorie e una politica sportiva che, a ogni tornata, si è rivelata più costosa che efficace.
L’EREDITÀ DEL POST SCUDETTO – L’ultimo tricolore avrebbe dovuto aprire un nuovo ciclo, e invece ha segnato l’inizio di una lunga confusione tecnica. In cinque anni, sono arrivati sette cambi in panchina e altrettanti tentativi di rilancio. Le cifre parlano da sole: 72 milioni per Arthur Melo, 70 per Vlahovic, 50 per Chiesa, 40 per Bremer, fino agli investimenti più recenti per Koopmeiners (51,3), Douglas Luiz (50) e Openda (43,9).
Numeri imponenti, ma risultati modesti. Dopo l’addio di Cristiano Ronaldo, la Juve ha cercato nuovi simboli senza trovarli davvero, restando in un limbo tra passato glorioso e futuro incerto.
IL PESO DEI MERCATI SBAGLIATI – Le spese non sono state compensate dalle cessioni, spesso tardive o forzate. In sei stagioni, l’unica plusvalenza significativa è arrivata con la vendita di De Ligt al Manchester United per 67 milioni, mentre altri nomi eccellenti sono diventati fardelli difficili da gestire.
Gli stipendi fuori mercato, eredità di scelte impulsive, hanno ridotto i margini di manovra e costretto la società a una politica di autofinanziamento, salvata in parte solo dai giovani della Next Gen, ceduti a peso d’oro per far respirare i conti.
IL NODO STRATEGICO – La proprietà, con John Elkann pronto a garantire un nuovo aumento di capitale, chiede chiarezza e coerenza: non si tratta di spendere meno, ma di spendere meglio. Ogni nuova dirigenza ha cancellato il lavoro della precedente, aprendo un ciclo di ricostruzioni continue che ha logorato l’ambiente e confuso i tifosi. L’ennesimo cambio di panchina e l’ottavo posto attuale in classifica raccontano di un club che non riesce più a darsi un’identità sportiva, oscillando tra la necessità di rifondare e la paura di ricominciare da zero.
TRA SPERANZE E DELUSIONI –
Le nuove scommesse - scrive La Gazzetta dello Sport -, da Koopmeiners a Openda, portano sulle spalle il peso di anni di promesse non mantenute. L’ultima fiammella di entusiasmo si chiama Kenan Yildiz, il talento turco che la Juventus vuole blindare a ogni costo, e Khephren Thuram, il centrocampista dal potenziale in crescita.
Ma la pazienza, come la fiducia, è ai minimi storici. Ogni investimento oggi è accompagnato da scetticismo, ogni sconfitta amplifica le ferite di un club che ha speso tanto per non costruire nulla di duraturo.
LA STRADA PER IL RISCATTO – Il futuro della Juventus passa ora dalle scelte di Damien Comolli, chiamato a ridare logica al progetto, e dal nuovo allenatore che dovrà rimettere ordine in campo e nello spogliatoio. L’obiettivo non è solo tornare a vincere, ma ricostruire una mentalità perduta.
La Vecchia Signora ha risorse, pubblico e storia per rialzarsi. Ma, dopo 800 milioni di euro spesi, non può più permettersi di sbagliare direzione.
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Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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