La telecronaca del gol di Tonali contro Israele è rimasta impressa per quel grido fuori dagli schemi, diventato virale. Adani la racconta così in una lunga intervista al Corriere della Sera: «È stata una delle frasi più spontanee che io abbia mai detto. È un modo di dire che usiamo tra amici di paese per sottolineare errori grossolani. Non l’ho preparata, mi è uscita così. Le reazioni? Ho percepito grande affetto: gli odiatori fanno rumore, ma per strada incontro tanta gente sana, dai ragazzi agli anziani, che mi trasmette condivisione».
NAZIONALE TRA SPERANZA E LACUNE – Sul cammino dell’Italia verso il Mondiale Adani è chiaro: «Lo spirito c’è, la voglia anche, e sono convinto che ci andremo. Però abbiamo delle lacune evidenti e Gattuso sta cercando di colmarle. Il problema è culturale: nelle stanze dei bottoni ci raccontiamo che siamo i migliori a formare giocatori, ma non è vero. La Croazia ha meno abitanti della Sicilia e il Portogallo quelli della Lombardia, eppure sono molto più credibili di noi».
GIOVANI E CORAGGIO – Uno dei nodi principali riguarda l’impiego dei giovani: «Le nostre Nazionali giovanili arrivano spesso in fondo, ma poi i coetanei di Spagna, Portogallo o Germania diventano titolari nei grandi club, i nostri no. È un limite culturale. Camarda è emblematico: tutti parlano di proteggerlo al Milan e invece finisce al Lecce. Siamo complici di questo sistema che non sa valorizzare i ragazzi. Pio Esposito, ad esempio, ha forza e qualità: può reggere, ma dobbiamo difenderlo anche se non segna per dieci partite. Solo così crescerà».
IL NODO ALLENATORI – Per Adani, anche la formazione dei tecnici italiani mostra arretratezza: «La Serie A ha la percentuale più alta al mondo di ex calciatori in panchina. Ma mancano contaminazioni: Tuchel, Nagelsmann o Farioli non avrebbero superato i criteri di Coverciano, perché i nostri parametri li avrebbero esclusi. Esistono barriere che frenano il cambiamento e l’Italia resta indietro. Il cambiamento fa paura».
STRANIERI E INTERMEDIARI – Sul tema degli stranieri, Adani distingue: «Se un giocatore forte arriva con un’operazione sana, ben venga: l’Atalanta è un modello in questo senso. Ma quando dietro c’è solo l’interesse commerciale di pochi intermediari, il sistema si inceppa. In Italia lo sappiamo tutti: ci sono quattro o cinque agenti che muovono il mercato, senza conoscere davvero i calciatori o le esigenze degli allenatori. Così il calcio perde valore».
IL GIUDIZIO SU ALLEGRI – Dopo anni di critiche, oggi Adani sorprende parlando bene di Allegri: «Non è mai stata una battaglia ideologica. Chi non ha argomenti la riduce a questo. Io guardo le partite: vedo tendenze invertite e percorsi nuovi. Se c’è crescita, la riconosco. La sua Juve più recente non era evoluta, il Milan di oggi invece lo è: non si può far passare per buono ciò che non lo è».
TRA TV E PANCHINA – Le voci di un suo ritorno in campo da allenatore non trovano conferma: «Non mi pento di non aver allenato. Amo la comunicazione e non cambierei questa passione. Forse un giorno potrei avere un ruolo ibrido, vicino a un allenatore o a una squadra, per unire tecnica e comunicazione. Perché tra chi fa calcio e chi lo racconta c’è ancora una barriera».
RISPETTO E VOCAZIONE – Sul mestiere di opinionista, Adani risponde a chi accusa gli ex calciatori di avere troppo peso: «Dipende da come lo vivi. Se la senti come una vocazione, ti meriti rispetto: serve approfondire, esporsi, convivere con i dissensi. Se non lo fai, diventi arido».
IL RAPPORTO CON LA RAI – Dopo anni sul digitale, l’approdo in Rai è stato naturale: «Con “Viva el Futbol” porto avanti un mio percorso, ma in Rai ho trovato libertà. Sentire la responsabilità di parlare al Paese è un onore. La Domenica Sportiva è cambiata, è diventata più viva e coinvolgente».
GLI ALTRI TEMI – Non mancano i giudizi su colleghi e protagonisti del calcio internazionale. Su Panatta: «Con lui ho un’intesa bellissima, bastano gli sguardi per capirci». Su Maradona e Messi: «Diego aveva un’elasticità fisica unica, che Leo non potrà mai avere». Sul Pallone d’Oro: «Dembélé lo meritava, perché premia la stagione». Su Conte: «Ha un rispetto unico per il lavoro, è una missione per lui. Negli ultimi due anni è cresciuto ancora: oggi è di nuovo tra i migliori cinque al mondo». Su De Zerbi: «Ha il coraggio di stare con i più deboli e sfidare i forti, ma arriverà ad allenare una grande: sarebbe uno spreco il contrario».
Tra telecronache colorite e analisi profonde, Lele Adani rimane un personaggio divisivo ma appassionato. Le sue parole disegnano un’Italia calcistica che deve imparare a rischiare di più, a difendere i giovani e ad abbattere le barriere culturali. Lui, dal canto suo, continuerà a raccontarlo con lo stesso entusiasmo, pronto a “rompere le scatole” ancora a lungo.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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