Dieci anni di Atalanta, quattrocento partite, una città che ormai chiama casa. Marten de Roon è molto più di un centrocampista: è il filo che lega l’Atalanta del passato a quella del presente e, probabilmente, anche a quella del futuro. Arrivato quasi in punta di piedi nel 2015, con l’obiettivo di una salvezza, ha vissuto da protagonista la trasformazione del club in realtà europea. Oggi, a 34 anni, è ancora lì, in mezzo al campo, a correre, combattere e guidare i compagni più giovani.
IL PESO DELLA STORIA – De Roon conosce bene i numeri: gli mancano 35 partite per raggiungere il record assoluto di presenze di Gianpaolo Bellini. Ma non lo vive come un obiettivo, anzi: «Sarebbe quasi un peccato superarlo, perché lui è un bergamasco che ha dedicato tutta la carriera a questa maglia», ha raccontato. Parole che spiegano meglio di qualsiasi statistica il rispetto che prova per la storia nerazzurra e per chi lo ha preceduto.
DALL’EUFORIA ALL’AMAREZZA – Il centrocampista olandese ha visto l’Atalanta crescere e imporsi in Italia e in Europa. Ha gioito per la prima Champions conquistata a Reggio Emilia nel 2019, ha sofferto per la finale di Coppa Italia persa con la Juve nel 2024 e per l’infortunio che lo ha costretto a guardare dalla panchina la notte di Dublino. «La sera più bella e allo stesso tempo la più dolorosa», confessa. Eppure anche in quelle delusioni c’è il senso della sua avventura: resilienza, spirito di gruppo, capacità di rialzarsi.
JURIC, IL NUOVO CORSO – Dopo l’epopea di Gasperini, oggi c’è Ivan Juric a guidare la Dea. De Roon ne apprezza i metodi e la capacità di motivare: «Ha il fuoco dentro, nello spogliatoio sa trascinare tutti». La classifica, nonostante i tanti infortunati, sorride, e l’olandese invita alla pazienza: Bergamo ha già dimostrato di saper crescere senza isterismi, e anche questa volta il percorso è tracciato.
IL FUTURO – Condivide il campo con ragazzi che hanno la metà dei suoi anni, come Honest Ahanor, e non si tira indietro: «Più bravo lui ad arrivare già a certi livelli che io a restarci». Un esempio di umiltà e consapevolezza che lo rende ancora più leader. Sul futuro non ha dubbi geografici – resterà a Bergamo – ma qualche incertezza professionale: allenare lo affascina, anche se conosce le difficoltà del mestiere. Forse inizierà dai ragazzi, per trasmettere la gioia di chi gioca senza pensieri.
IL CUORE DI BERGAMO – Da Hendrik-Ido-Ambacht a Città Alta, da San Siro a Dublino, De Roon ha percorso strade che lo hanno portato a diventare, da straniero, un simbolo bergamasco. «Sento sempre questo solletico al cuore che mi rende felice», dice. È questa la sua forza: un cuore olandese che batte al ritmo di Bergamo, con il senso di appartenenza di chi è diventato, col tempo, più bergamasco dei bergamaschi.
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Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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