La versione di De Simone. Ha confessato, ma la sua versione appare sempre più debole agli occhi del gip Maria Beatrice Parati. Jacopo De Simone, il diciottenne accusato di aver ucciso con una coltellata Riccardo Claris nella notte tra sabato 3 e domenica 4 maggio a Bergamo, sostiene di essere stato provocato e inseguito per ragioni legate alla rivalità calcistica. La ricostruzione del giovane, però, secondo il giudice, presenta troppe incongruenze e aspetti poco verosimili.
SCINTILLE AL BAR - L'inizio della vicenda risale al Reef Cafè, frequentato abitualmente dai sostenitori dell'Atalanta. De Simone, tifoso interista, afferma di essere uscito per fumare una sigaretta intonando un coro della sua squadra - scrive L'Eco di Bergamo -. A quel punto sarebbe stato avvicinato e minacciato da Claris, descritto dall'arrestato come aggressivo e provocatorio. Alcuni testimoni, tuttavia, smentiscono parzialmente questa versione, riferendo che il gruppo di De Simone era già entrato nel locale con fare provocatorio, senza però specificare chiaramente l'episodio del coro.
IL DUBBIO DEL GIUDICE - Secondo il gip Parati, la versione di De Simone risulta improbabile per diversi motivi. Primo fra tutti, la scarsa credibilità del fatto che il giovane, residente vicino al bar e dunque consapevole della sua frequentazione abituale, ignorasse la possibilità di suscitare reazioni negative con cori provocatori. Poco credibile anche la dichiarazione del giovane di essersi subito scusato senza più rispondere alle successive provocazioni.
L’INSEGUIMENTO E LE PRESUNTE CATENE - Dopo aver lasciato il locale, De Simone sostiene di essere stato inseguito da una ventina di persone armate di catene. Alcuni testimoni confermano l’inseguimento, ma contestano l'intento violento, affermando piuttosto che il gruppo di Claris volesse solo chiarire la situazione. Le immagini delle telecamere mostrano cinture, non catene, elemento che smonta ulteriormente la difesa del giovane arrestato.
LA DECISIONE FATALE - Rifugiatosi a casa con alcuni amici, De Simone scopre di aver perso di vista il fratello gemello e la sua ragazza. Decide così di scendere in strada armato di un coltello, affermando di volerli proteggere. Sua madre, intuendo le intenzioni violente del figlio, cerca invano di prevenire la tragedia nascondendo tutti i coltelli presenti in cucina. La donna scende in strada per calmare gli animi, e sembra riuscirci. Ma pochi minuti dopo Jacopo, con la lama nascosta, esce comunque e in pochi attimi il dramma si consuma.
UNA DIFESA CHE VACILLA - La ricostruzione giudiziaria mette dunque in forte discussione la versione fornita da De Simone, definita dal gip come «poco verosimile» e caratterizzata da incongruenze su dinamiche e motivazioni dell'aggressione. Tutto ciò rende la posizione del diciottenne sempre più complessa, con l'accusa di omicidio volontario aggravato dai futili motivi che appare solidamente motivata agli occhi degli investigatori.
UNA TRAGEDIA CHE INTERROGA - Intanto, mentre l'inchiesta procede, la comunità bergamasca resta scossa da un episodio che pone interrogativi profondi sulla violenza giovanile e sull'assurdità di un omicidio che forse avrebbe potuto essere evitato.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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