Prima di diventare un simbolo dell'Atalanta e di ereditare quella fascia pesante, Marino Magrin ha avuto bisogno di maestri. E il maestro per eccellenza, quello che insegna non solo la tattica ma l'arte di stare al mondo, per lui è stato Eugenio Perico. In queste ore di dolore, l'ex centrocampista apre il libro dei ricordi ai microfoni de L'Eco di Bergamo, svelando i dettagli di un rapporto durato sei anni, fatto di apprendimento quotidiano e di profonda ammirazione per un uomo che sapeva essere guida tecnica e spirituale.

L'ARTE DEL CAPITANO – «Eugenio era un punto di riferimento per tutti ed è stato un ottimo capitano», esordisce Magrin. Per chi, come lui, avrebbe poi indossato la fascia con onore, l'esempio di Perico è stato la scuola migliore. «Ho avuto diversi buonissimi capitani da cui imparare, e da lui ho appreso come gestire i momenti: sapeva quando ci si poteva rilassare un po' e quando invece bisognava restare assolutamente concentrati». Ma l'insegnamento scendeva anche nei dettagli tecnici più minuti: «Era un esperto per i tacchetti. Era a lui che chiedevo aiuto per la scelta giusta prima di entrare in campo».

LA FEDE E IL TAXI – C'è però un aspetto umano che Magrin tiene a sottolineare, quello legato alla profonda religiosità di Perico, vissuta con coerenza assoluta. «La sua fede profonda lo portava a fare di tutto pur di non mancare all'appuntamento con la preghiera. Ricordo che quando eravamo in trasferta, magari distanti da una chiesa, la domenica mattina prendeva un taxi pur di raggiungere la Messa». Un rigore morale che si scioglieva in una grande umanità: «Era una persona dolcissima che porterò sempre nel mio cuore».

Magrin saluta così il suo capitano, l'uomo che gli ha insegnato che per guidare gli altri bisogna prima di tutto essere rigorosi con se stessi.

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Sezione: Altre news / Data: Gio 18 dicembre 2025 alle 11:00
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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