Una carriera a cavalcioni del corso dell'Oglio, ma con i fuochi d'artificio riservati a Fuorigrotta. Chiamarlo un antidoto alle beghe di campanile, Ottavio Bianchi, è ancora riduttivo. Uno pensa al giocatore e all'allenatore che è stato, e oggi compie sessantotto anni, e subito gli viene in mente un argentino tracagnotto con la maglia azzurra sulle spalle e il numero 10 stampigliato dietro a caratteri indelebili. L'allenatore bresciano e il Napoli di Diego Maradona, un binomio inscindibile e a tutt'oggi insuperato. Anche per le sonore litigate con il caliente Pibe de Oro bonaerense, geniaccio offensivista insopportabile e arruffapopoli. Ma il destino del piccolo mediano nato all'ombra del castello Cidneo e divenuto un personaggio sotto il Vesuvio è ineluttabilmente legato a Bergamo. La città dove vive, guardandola dalle Mura Venete che sono casa sua da quasi quarant'anni. E che ha onorato sia da protagonista in campo che da stratega, percorrendo per brevi ma significativi momenti le due decadi della dinastia Bortolotti.

Correva la stagione 1971/72. In sella, il "vecchio" Achille, il presidente tutto istinto, slanci paternalistici e passione indomita. L'Ottavio dalla Leonessa d'Italia era già un affermato campione della pedata, cresciuto nelle Rondinelle e forte di cinque annate piene in quel Napoli che gli avrebbe regalato ribalte che forse nemmeno lui si sarebbe mai atteso di calcare. Ebbene, a quel giro il mediano di spinta (allora si diceva così, soprattutto sull'album Panini) si guadagnò la gloria allora concessa a una provinciale di lusso come l'Atalanta, inanellando due undicesimi posti in A con il compianto Giulio Corsini in panchina. Sull'erba, compagni come Vavassori, Divina, Maggioni, Savoia, Sacco, l'ultimo Leoncini nerazzurro (che poi gli cedette la fascia di capitano) e il virgulto in sboccio Gaetano Scirea. Al quale il nostro fece un po' da chioccia, consigliandoli - all'epoca il futuro Mundial a strisce bianconere era un jolly - di optare per il ruolo di libero, perché per rubare il posto a lui, come ha modo di ricordare ogni volta che glielo chiedono, "gli mancava il cosiddetto cambio di passo".

Avrebbe giocato ancora nel Milan di Marchioro, Rocco e Rivera, e nel Cagliari di Riva già in declino dopo il magico scudetto del 1970, prima di chiudere nella Spal. Dove, nel 1977, iniziò la lunga avventura seduto sulla tolda di comando. Tappe come Siena, Mantova e Triestina, e nel 1981 eccolo accorrere al capezzale della Dea guidata dal figlio di Achille, Cesare, appena retrocessa in serie C1. E ancora una volta rimase soltanto per un biennio, riportando in cadetterìa la squadra che aveva imparato ad amare  da bergamasco onorario, coi gol e l'inventiva di Lino Mutti e Marino Magrin, favorendo l'esordio del crack Roberto Donadoni. Un ottavo posto in B, e l'Ottavio lascia a Nedo Sonetti il testimone. Partendo per altri lidi: Avellino, Como, Napoli, Roma, ancora Napoli, Inter e il sovrappiù da dimenticare con la Fiorentina di Cecchi Gori, che nel 2002 non salva dalla cocente retrocessione. Sulla bacheca dei trofei, il Tricolore 1986/87 già richiamato, la Coppa Uefa sempre con i ciuchi due anni più tardi, le due Coppe Italia (ancora in riva al golfo di Posillipo, nel 1987, e a Roma, nel 1991) e tanti buoni piazzamenti. Ora che ha smesso i panni del condottiero, il destino del vecchio saggio. Come di consueto burbero, prodigo di buono consigli e amante del golf.

Chi è Ottavio Bianchi
Nato a Brescia il 6 ottobre 1943, Bianchi esordisce in A nel 1965 nella squadra della sua città: tra 1960 e 1966 assomma 97 presenze condite da 14 reti. Nell'anno degli infausti Mondiali in Inghilterra (quelli dell'eliminazione azzurra per mano della Corea del Nord) sbarca a Napoli, dove vive cinque stagioni consecutive (109-14) - cavandosi lo sfizio di scendere in campo due volte con la Nazionale - per poi passare all'Atalanta (1971-73, 55-6), al Milan (1973-74, 14-1) e al Cagliari (1974-74, 20-1), prima di chiudere nella Spal (1975-77, 35-0). Proprio a Ferrara inizia la carriera di tecnico, che lo porterà sulle panchine di Siena, Mantova, Triestina, Atalanta, Avellino (1983-84, prima promozione in A), Como, Napoli, Roma, Napoli (in sostituzione di Claudio Ranieri, 1991-92; l'anno successivo come direttore tecnico con Lippi allenatore), Inter e Fiorentina.

Sezione: Auguri a... / Data: Gio 06 ottobre 2011 alle 10:00
Autore: Simone Fornoni
vedi letture
Print