Come una nave, ma non quelle da crociera. Come il mare, con le onde che si creano per quel venticello dolce che ti evita di sentire caldo, ma non le scottature. L'ultima (?) vita calcistica di Josip Ilicic è dolce, dolcissima, come un ricordo dell'estate del 2010. Il palcoscenico era il Renzo Barbera, l'avversario il Palermo, la sconfitta per 3-0 del suo Maribor aveva un doppio sapore: amaro per il risultato, soave per l'inizio della sua futura carriera. Dagli 80 mila euro di inizio estate agli oltre 2 milioni pagati da Zamparini per portarlo in Sicilia ad agosto e accoppiarlo con un altro poeta del calcio come Javier Pastore. Stessa lingua calcistica, diversa meraviglia.
L'andamento è quello ciondolante dei motoscafi, lo sciabordare che ti manda fuori giri quando non te lo aspetti. Ilicic è sempre stato altalenante, al netto di quelle finte che sbalestravano l'equilibrio dell'avversario e che facevano arrabbiare un po' tutti. "Perché non può essere sempre così?". Se lo sono chiesti soprattutto a Firenze, quando quasi tutte le prestazioni si tramutavano in un urlo. Nel bene e soprattutto nel male, tanto che è stato più croce che delizia, diversamente da quanto visto a Palermo. Indolente, pigro, con una saudade tutta sua. Non brasiliana, forse nemmeno slovena, probabilmente più da ex Jugoslavia. Umirati u lepoti, quel modo di morire nella bellezza, di non arrivare mai al sodo che nel calcio ha sempre avuto il suo apogeo.
E poi l'Atalanta. Come tutte le più belle cose, visse un solo giorno come le rose. La sera è quella del 10 marzo 2020, il palcoscenico è il Mestalla. Come un ciclone, Ilicic si consacra come uno dei talenti più importanti della Champions League. Quattro gol, un mare di bellezza, l'esatto contrario del buio più nero in cui incappa dopo. Il lockdown a Bergamo, la paura del Covid, la necessità di essere curato da un male che è (quasi) impossibile da controllare, se non tramite sostegno e farmaci. Il lento rientro e qualche serata stellare, basti pensare al pre Natale 2020 con Roma e Milan. Sono gli ultimi straordinari regali di un Babbo estremamente generoso.
Perché se è vero che lo Zenit e il Nadir di Ilicic è in quella serata di Valencia, a Bergamo per molti è stato il migliore di sempre. Più di Doni e più del Papu, ma anche più di Stromberg o di Caniggia. Ilicic era la luce della serata, quello a cui passare il pallone quando c'era da divertirsi. Forse più bello che utile, per utilizzare una frase di Agnelli su Zidane. E per essere utile, lo era eccome. Inutile parlare degli ultimi mesi, sperando ci sia da parlare dei prossimi. Ilicic torna al Maribor, nella volontà che la sua ultima vita calcistica, in realtà, sia solo il principio della sua seconda.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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