Dalla maglia nerazzurra alla copertina di un singolo. È il viaggio di Niccolò Ghisleni – oggi Nyo. – cresciuto nel vivaio dell’Atalanta e approdato a un nuovo orizzonte creativo, la musica. Il calcio gli ha insegnato disciplina, ambizione, fatica; la musica gli ha restituito equilibrio, voce e verità. Dopo una trafila importante con la Dea (allenamenti in prima squadra compresi), e un percorso segnato anche dagli infortuni, Niccolò ha scelto di cambiare linguaggio senza rinnegare nulla: la mentalità acquisita a Zingonia adesso la porta in studio, tra beat e parole che raccontano la sua trasformazione. In questa intervista, il ponte tra due mondi: uno spogliatoio e una sala di registrazione, lo stesso cuore che spinge in avanti.
Niccolò, in quale squadra hai iniziato a tirare calci al pallone e quando sei arrivato all’Atalanta?
«Ho iniziato a giocare a calcio a 4-5 anni - confida in esclusiva ai microfoni di TuttoAtalanta.com -, tirando i primi calci nelle vie e nei parchi del quartiere. La mia prima squadra è stata il Città di Dalmine, con cui ho disputato le prime partite, prima di essere notato da vari club. Poi, a 7 anni, l’Atalanta mi ha dato l’opportunità di crescere nel suo magnifico settore giovanile».
Quando hai iniziato a sentire che per te il calcio stava diventando qualcosa di diverso e come hai maturato la scelta di lasciare?
«Il calcio ha iniziato a cambiare quando ho capito di aver perso la gioia e la felicità per lo sport di cui mi ero innamorato. All’inizio mi ha spaventato: non riuscivo ad accettare che il sogno di una vita potesse non essere la mia strada. Ho avvertito il cambiamento quando il calcio è diventato un lavoro a tutti gli effetti, proprio nel momento in cui avrei dovuto spiccare il volo. Gli infortuni hanno influito e la prospettiva è cambiata. La consapevolezza è maturata nel tempo: ho continuato a giocare perché rinunciare non era un’opzione, dovevo andare fino in fondo. Alla fine ho fatto pace con me stesso, prendendo una decisione che ho accettato con sincerità».
Spesso chi lascia il calcio fatica a ritrovare un equilibrio. La musica ha riempito un vuoto o è un sogno che si realizza?
«Per me lasciare il calcio è servito a ritrovare l’equilibrio. La musica è sempre stata una costante, condivisa anche con i compagni: facevo convivere le due passioni. Nell’ultimo anno prima di fermarmi frequentavo già lo studio per lavorare ai miei pezzi, provando a trasformare le idee in progetti reali. Posso dire che è un sogno che si realizza».
Nello spirito con cui affronti la musica, c’è qualcosa che ti porti dietro del tuo percorso calcistico?
«Porto la fame, l’ambizione, la voglia di esprimere il talento e di migliorarmi ogni giorno. Sono rimasto dentro il mondo dello spettacolo, e questo dice molto della mia personalità: potermi esprimere e condividere emozioni con gli altri non ha prezzo».
Nel vivaio dell’Atalanta con te c’era qualche giocatore che ora è nel professionismo?
«Sì, tanti ex compagni oggi sono nel professionismo: diversi in Serie C e Serie B, altri all’estero e qualcuno in Serie A».
Ti sei allenato in prima squadra con Gasperini: com’era con voi che salivate dalla Primavera?
«Nella stagione 2019/2020 ho avuto l’opportunità di allenarmi con la prima squadra. Con noi della Primavera Gasperini si comportava esattamente come con gli altri: chiedeva massimo impegno e portava un’intensità altissima in ogni seduta. Crede nella fatica e nella qualità del lavoro: è anche grazie a questo approccio che ha raggiunto risultati notevoli a Bergamo».
Cosa ha significato per te, bergamasco cresciuto nel vivaio nerazzurro, quell’esperienza?
«Per un bergamasco, crescere nell’Atalanta è orgoglio e onore. Rappresentare i colori della città nel suo settore giovanile è stato un sogno a occhi aperti durato oltre dieci anni».
Sei rimasto in contatto con qualcuno dei tuoi vecchi compagni?
«Sì, con molti siamo diventati grandissimi amici. Ci vediamo quando possibile, in base a dove giocano durante la stagione. Proviamo a rivederci almeno una o due volte l’anno. Tra i nomi: Cittadini, Scalvini, Ruggeri, Cortinovis, Ghislandi, Cambiaghi, Okoli».
Segui ancora l’Atalanta?
«Assolutamente sì. Il legame è indissolubile. L’Atalanta avrà sempre una parte del mio cuore: è la mia squadra, la mia città, la mia crescita».
Cosa ne pensi dell’Atalanta di Juric?
«Il lavoro fatto fin qui è straordinario. Al nuovo allenatore va dato tempo: ha raccolto un’eredità pesantissima dopo un ciclo vincente. La sfida è ambiziosa: mantenere la Dea ai vertici. Ma il progetto è solido».
Un pronostico per Cremonese–Atalanta.
«Sfida insidiosa, perché la Cremonese ha iniziato bene. Ma il cuore non mente: vince la Dea, ovviamente!»
Dai campi di Zingonia al microfono, Niccolò Ghisleni ha cambiato rotta senza cambiare pelle: determinazione, lavoro e onestà sono rimasti gli stessi. L’Atalanta gli ha dato un codice, la musica gli ha dato una voce: oggi Nyo. racconta chi è diventato, intrecciando passato e presente in una traiettoria comune. Non una fuga, ma una rinascita: la prova che chi sceglie sé stesso, spesso, trova la strada giusta.
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