Sono passati cinque mesi da quel 12 maggio 2025 che lo ha reso virale. A Bergamo si giocava Atalanta–Roma, in palio c’era la qualificazione alla Champions League. Dopo i gol di Lookman e Cristante, al 76’ Sulemana firma il 2-1 e in campo accade qualcosa di surreale: un tifoso scavalca la recinzione, corre sul prato, raccoglie il pallone e calcia a porta vuota, segnando sotto la Curva Nord tra l’incredulità di Svilar e di tutti gli spettatori. Quel tifoso è Michel Gelmini, 40 anni, per tutti “il Miccia”. Un gesto folle, costato un Daspo di cinque anni e un obbligo di firma, ma che non nasce da rabbia o protesta: solo da una goliardia spontanea, da un amore viscerale per l’Atalanta che da trent’anni accompagna la sua vita. In esclusiva a TuttoAtalanta.com, Gelmini racconta la sua versione, con il sorriso e una consapevolezza nuova.
Venerdì, alla festa per i 118 anni dell’Atalanta, ti hanno presentato come l’uomo del gol Champions...
«È vero, e mi ha fatto sorridere. Mi hanno chiesto foto, selfie, strette di mano. Soprattutto i ragazzi. Qualcuno scherzando mi ha detto che ho regalato all’Atalanta la qualificazione in Champions. Se vogliamo metterla così, io ho fatto il 3-1, ma la verità è che la squadra se lo è meritato davvero».
Toglici una curiosità: cosa ti ha detto Svilar, il portiere della Roma, quando hai segnato?
«Lui in realtà non ha detto nulla. Gli ho solo chiesto di andare in porta, che avrei tirato il rigore, ma non mi ha preso sul serio. Poi ho calciato e, dopo aver segnato, gli ho gridato: “3-1, andiamo in Champions!”. Quando ha sentito “Champions” si è arrabbiato e mi ha inseguito».
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— M4rk (@M4rkPhilips) May 12, 2025
Ma non era neanche in porta...
«Infatti. È stato facilissimo segnare, ma io ero convinto che ci sarebbe andato».
I giocatori dell’Atalanta, come hanno reagito?
«De Roon e Djimsiti mi hanno chiesto se fossi impazzito - confida ai nostri microfoni di TuttoAtalanta.com -. Poi, mentre mi accompagnavano fuori, un altro giocatore — che non è più a Bergamo — mi ha detto che avevo fatto una follia, ma anche una cosa incredibile».
Hai avuto paura?
«Un po’ sì. Temevo che gli steward mi picchiassero, ma non è successo. Mi hanno trattato bene, anche la Digos. Mi hanno rimproverato, ovviamente, ma hanno capito che non c’era cattiveria. Ho sbagliato, ma non volevo fare male a nessuno».
Qual era la tua vera intenzione?
«Solo una goliardata. Sono tifoso dell’Atalanta da una vita, volevo solo vivere un’emozione. Non pensavo alle conseguenze. È stato un gesto d’istinto».
Non l’avevi pianificata quindi?
«No, affatto. Nel primo tempo ero già entrato nel parterre dopo aver scavalcato vicino al Burger King, ma mi avevano fatto uscire. A fine primo tempo ho pensato di riprovarci. Quando il raccattapalle ha lasciato la palla a bordo campo, mi sono detto: “Se segniamo il 2-1, entro e faccio il 3-1”. Detto, fatto».
Cosa ti hanno detto i familiari?
«Che sono matto. Che ho fatto una sciocchezza e ora ne pago le conseguenze».
Ti sei pentito?
«L’unica cosa che mi preoccupava era che non venissero puniti gli steward. Io ho agito d’istinto, non volevo metterli nei guai. È successo tutto in pochi secondi, nel caos del gol di Sulemana. Per il resto, no, non mi pento. Non volevo fare del male a nessuno e, tornando indietro, lo rifarei. Segnare sotto la Nord, contro la Roma, nella partita che ci ha portato in Champions… un’emozione indescrivibile. Avevo la pelle d’oca fino a quando non mi hanno portato via».
Da quanto tempo sei tifoso dell’Atalanta?
«Da trent’anni. Mio padre mi portava a vedere la Juve, era un fan di Platini — non a caso mi chiamo Michel — ma poi ho fatto l’Atalanta Camp a Numana con Thomas Locatelli e da lì è scoppiato l’amore. Da allora solo Dea. Prima con i miei genitori, poi da solo in Curva Nord».
Era la tua prima diffida?
«Sì, mai avuto problemi prima. Nessun Daspo, niente di niente. Non ho mai fatto del male a nessuno. Stavolta ho esagerato, lo so, ma era solo una goliardata. In questi giorni si sentono storie gravi, di violenza vera. Il mio è stato solo un gesto impulsivo, senza cattiveria».
Cosa dici ai tanti ragazzi che ti fermano per una foto?
«Mi dicono che sono un grande, ma io dico loro di non imitarmi. Oggi le conseguenze sarebbero peggiori, e l’attenzione è altissima. Resti segnalato, e non ne vale la pena. Non va fatto assolutamente».
Con lo Slavia Praga non potrai esserci. Come la vedrai?
«Dovrò firmare in caserma mezz’ora prima e dopo la partita, come da obbligo. La guarderò in TV. Ma sono positivo: abbiamo giocato un grande secondo tempo con la Lazio, stanno rientrando gli infortunati e la squadra è carica. Possiamo farcela».
Che ne pensi dell’Atalanta di Juric?
«Mi piace. Ha perso solo col PSG, mai in campionato. Juric sta ingranando e i giocatori lo seguono. All’inizio ero scettico, ma mi sto ricredendo. È una bella squadra, può continuare il percorso europeo e qualificarsi anche in campionato».
Il tuo giocatore preferito?
«Da ragazzo ero innamorato di Domenico Morfeo, e poi mi piaceva Marco Sgrò. Oggi il mio preferito è Marten De Roon: come lui non ce n’è. È un leader, un esempio, una ruspa che non si ferma mai».
Come vedi Atalanta–Cremonese?
«Loro sono neopromossi, hanno fame e vanno affrontati con attenzione. Ma l’Atalanta resta favorita».
Oggi Michel “Miccia” Gelmini guarda le partite da lontano, con la stessa passione ma con maggiore consapevolezza. Sa di aver esagerato, ma non rinnega quell’attimo di euforia sotto la Nord. La sua è la storia di un tifoso travolto dall’amore per la Dea, capace — anche solo per un istante — di sentirsi parte del sogno Champions dell’Atalanta.
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