Vinicio Espinal, oggi allenatore della Giana Erminio in Serie C, ha ripercorso in esclusiva a TuttoAtalanta.com le tappe della sua crescita nerazzurra. Arrivato in Italia da bambino, a Bergamo ha trovato una scuola di vita oltre che calcistica, scoprendo cosa significhi davvero lavorare per un sogno.

Quanti anni avevi quando, con tuo fratello, sei arrivato a Zingonia?
«Tredici/quattordici. Allievi B, con Inacio Pià e Adrian Madaschi. C’era scetticismo: nei vivai professionistici si arriva prima, e io avevo poche basi. Ho dovuto lavorare duro per colmare il gap. Fino ad allora ero un “giocatore di strada”: vedere un centro tutto per il calcio impressiona. Scalai veloce, ma i primi sei mesi furono duri: gli altri erano abituati a un’impostazione rigida, io no. Ho incanalato la mia personalità “caraibica” e sono cresciuto nel lavoro. In Primavera parlavano “calcio dei grandi”: tattica collettiva, termini che non conoscevo. Me li segnavo su un foglietto, andavo in bagno e ripassavo. Mi mancava la tattica individuale e il vocabolario del campo. Da Vavassori non capivo alcuni termini: avevo fame di imparare. Quando ho perso un po’ quella fame, ho avuto degli stop. L’Atalanta mi ha cambiato lì: mi ha dato una fame furiosa di capire e di seguire un percorso. Merito di Fusi, Favini, Perico, Vavassori, Finardi: hanno inciso sulla mia mentalità prima ancora che sulla tattica».

Parole che rivelano il percorso di un ragazzo partito da zero, capace di trasformare le difficoltà in forza e di fare della disciplina la sua risorsa principale. Espinal è rimasto fedele a quella lezione: senza fame, nel calcio come nella vita, non si arriva lontano.

LEGGI QUI - L’intervista integrale di Vinicio Espinal ai microfoni esclusivi di TuttoAtalanta.com

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Sezione: Interviste / Data: Mar 30 settembre 2025 alle 12:00 / Fonte: Claudia Esposito
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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