Dieci giornate, otto tridenti diversi, un solo punto fermo: la confusione offensiva. L’Atalanta di Ivan Juric, reduce da cinque pareggi e una sconfitta nelle ultime sei partite, sta vivendo uno dei momenti più delicati della sua gestione. Il dato più evidente è quello che fotografa la realtà con precisione: la squadra non segna più. Anzi, non crea abbastanza, o meglio, non concretizza. L’impressione è quella di una macchina ben costruita ma inceppata, priva di velocità e soprattutto di quella ferocia che aveva reso la Dea una delle squadre più temute d’Europa. Juric, che è stato scelto proprio per dare continuità al dna aggressivo e verticale dell’era Gasperini, si ritrova ora a dover gestire una squadra che ha perso certezze. Il gioco è lento, prevedibile, e la fluidità offensiva – un tempo marchio di fabbrica – si è dissolta nella continua ricerca di un equilibrio tattico che sembra non arrivare mai.
TROPPI VOLTI, POCA IDENTITÀ – Il dato è clamoroso - ha analizzato pianetatalanta.it -: in dieci giornate di Serie A, Juric ha cambiato otto volte il tridente d’attacco. Solo contro Pisa e Parma – le prime due giornate – la formazione offensiva è stata identica (De Ketelaere, Scamacca, Maldini). Poi, dalla terza in avanti, un carosello di rotazioni: Lookman, Krstovic, Samardzic, Sulemana, Pasalic, fino al rientro di Scamacca e al ritorno intermittente di De Ketelaere. Nessuna coppia o terzetto ha avuto la possibilità di sedimentare automatismi o costruire quella “chimica” che nasce solo con la continuità.
È vero, la rosa ampia e gli impegni ravvicinati tra campionato e Champions impongono scelte e rotazioni. Ma quando la ricerca dell’equilibrio diventa un esperimento senza fine, l’effetto collaterale è inevitabile: il reparto offensivo perde riferimenti, la squadra smarrisce fluidità e la produzione offensiva si riduce a sprazzi isolati.
LA FRAGILITÀ DELLE CERTEZZE – A pesare, oltre alle scelte, sono anche le condizioni dei protagonisti. Scamacca non è ancora al meglio dopo i problemi fisici, Lookman si è ritrovato solo ora dopo l’estate tormentata, De Ketelaere alterna lampi e pause, Samardzic non ha ancora trovato la sua dimensione. Il risultato è un mosaico incompiuto, in cui i tasselli cambiano di continuo senza mai formare un quadro nitido.
La mancanza di punti di riferimento si traduce anche in una povertà di soluzioni offensive: spesso l’Atalanta arriva bene fino ai venti metri, ma poi si ferma, come se mancasse il coraggio dell’ultimo passaggio o la lucidità della giocata decisiva. Juric ha provato tutto: i trequartisti, le punte larghe, il falso nove, le doppie seconde punte. Ma il filo conduttore, finora, è stato l’inconcludenza.
UN REBUS SENZA CHIAVE –
L’elenco dei tridenti impiegati racconta più di mille parole la fatica di trovare un’identità.
1ª giornata (Pisa): De Ketelaere, Scamacca, Maldini.
2ª (Parma): De Ketelaere, Scamacca, Maldini.
3ª (Lecce): De Ketelaere, Krstovic, Sulemana.
4ª (Torino): Samardzic, Krstovic, Sulemana.
5ª (Juventus): Samardzic, Krstovic, Sulemana.
6ª (Como): Lookman, Samardzic, Sulemana.
7ª (Lazio): De Ketelaere, Lookman, Sulemana.
8ª (Cremonese): De Ketelaere, Krstovic, Lookman.
9ª (Milan): De Ketelaere, Pasalic, Lookman.
10ª (Udinese): Samardzic, Scamacca, Sulemana.
Dieci giornate, dieci tentativi di trovare la formula giusta. Nessuno, per ora, ha prodotto l’alchimia sperata.
LA CHIAVE DI SVOLTA – Juric, però, ha ancora il tempo per raddrizzare la rotta. La stagione non è compromessa, ma serve un punto fermo: una struttura offensiva stabile, una gerarchia chiara e soprattutto un’idea riconoscibile. L’Atalanta non può continuare a cambiare pelle ogni settimana. La Champions e il campionato impongono scelte coraggiose, non rotazioni infinite.
Per far tornare la Dea quella che era, il tecnico dovrà recuperare i suoi uomini simbolo – Scamacca e Lookman su tutti – e restituire alla squadra quella fame e quella verticalità che l’hanno resa grande. Il talento c’è, la qualità pure. Manca solo il collante: la fiducia nel proprio gioco.
ORA O MAI PIÙ – Il tempo degli esperimenti sta per finire. Contro Marsiglia e Sassuolo, Juric si gioca molto più di due partite: si gioca la credibilità di un progetto e la fiducia di un ambiente che comincia a perdere pazienza. La Dea deve ritrovare se stessa, e per farlo deve ricominciare dal suo cuore: l’attacco.
Perché senza gol, senza ritmo e senza coraggio, l’Atalanta smette di essere Atalanta. E questa, per Bergamo, è la più grande delle sconfitte.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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