Programma di martedì: Arsenal-Bayern Monaco, Real Madrid-Manchester City. Mercoledì: PSG-Barcellona. Ma chi se ne frega del giovedì, dopo due giorni così, no? E invece no. Perché da una parte c'è il derby fratricida fra Roma e Milan, deciso da un colpo di testa di Mancini e da una decisione arbitrale quantomeno discutibile (era rigore solare, incomprensibile come possa essere successo in epoca Var), mentre dall'altra c'è Liverpool-Atalanta. Una squadra che non perde in casa da 14 mesi, che è in cima alla classifica di Premier League con Arsenal e City, appunto. Dell'allenatore più rock che ci sia, soprattutto considerando quando ha deciso di dire addio ai Reds, in anticipo sullo stupore di tutti. Di - difficile dirli tutti - Diogo Jota, Luis Diaz, Darwin Nunez, Mohamed Salah, Cody Gakpo. Il top europeo e Mondiale, c'è poco da dire.
E poi Anfield. Come fare a non pensare all'Atalanta come una vittima sacrificale? La Cenerentola invitata al ballo, ma senza scarpette né un bel vestito. Quella che non dovrebbe guardare nessuno. Il problema è che il calcio, diversamente dal basket e dalla pallavolo, ha le sue logiche e non sempre sono già impostate. Un traversa-palo può cambiare il corso della qualificazione: qualche centimetro più in basso ed è 1-0 Liverpool con gli spazi che si aprono. Attenzione però a maledire la sfortuna, perché dopo tre minuti Pasalic colpisce in faccia Kelleher, altrimenti era 0-1 Atalanta sin da subito e, per come è andata la partita, poteva essere davvero un grosso problema. Lo 0-3 finale è forse largo, ma non ingiusto. Le occasioni nitide sono state sei, con Koopmeiners che è stato nettamente il peggiore in campo (e s'è divorato due palle semplici) e titoli nella stampa britannica che parlano di una squadra come la migliore vista negli ultimi anni a Liverpool.
L'aria dei docks fa bene all'Atalanta. L'1-5 di qualche anno fa, contro l'Everton, era stato il biglietto da visita che preannunciava un'epoca particolare. E dopo mesi si è rivista una squadra che può assomigliare a quella di Ilicic, Gomez e Zapata. Per intensità e per determinazione. Per classe ripassare fra qualche tempo. Il come andare dal dentista di Guardiola non si vedeva da un po', perché se è vero che l'Atalanta ottiene sempre ottimi risultati, era da un po' che non era sfavillante. Con il Napoli si era vista, ma non a questi livelli. Ricorda i tempi del 3-0 alla Juventus in Coppa Italia, dello 0-3 contro lo Shakhtar a Kharkiv, del 5-0 al Milan, del 7-0 al Parma e via marciando. In stagione mancavano i punti esclamativi contro le grandi: è arrivato quello con il Napoli, ora a Liverpool. Ed è incredibile pensare che sia la stessa squadra che soccombe - maluccio - contro la Fiorentina, tenuta a galla da un Carnesecchi straordinario, oltre a venire ribaltata da un Cagliari tutt'altro che imbattibile in Sardegna, domenica scorsa.
Gasperini dà il meglio nelle difficoltà. Quando va tutto troppo liscio, ecco che qualche problemino affiora. La partita sballata, come contro il Lecce l'anno scorso, nel momento di venire fuori e triturare tutti. È stato un leit motiv nel corso delle ultime stagioni, qualcosa che probabilmente Gomez e Ilicic mascheravano con la loro classe e con la capacità di fare segnare tutti, soprattutto gli esterni. Fermi ai tempi di Gosens, come gol. Dopo il Cagliari sembrava fosse tutto finito - con i muri che parlavano anche di Juric per la stagione prossima - e poi...
E poi ci sono cinquanta giorni in cui se ne vedranno delle belle. Il ritorno con il Liverpool e quello con la Fiorentina, poi eventuali turni ulteriori potrebbero portare gioie incommensurabili. Alle volte il viaggio è bello nel percorso, in Europa League sta succedendo di tutto per l'Atalanta. La bellezza poi è nell'occhio di chi guarda: quando una squadra italiana riesce a sottomettere e seppellire sotto tre gol una inglese, in un ricordo di un'epoca che fu, porta con sé anche un insegnamento. Quello che le provinciali alzano il livello del campionato, come il Bologna quest'anno, e che è sempre bene ricordare che Agnelli con la Superlega per censo ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare. Capita per chi vuole rendere strutturali profitti invece che creare un'azienda sana economicamente di principio (e Agnelli lo aveva fatto prima di Ronaldo, incredibilmente).
A tal proposito vivremo un calciomercato di iniziale attesa e poi di colpi, come sempre. Il Milan ha due gioielli che rischiano di partire, cioè Theo Hernandez e Maignan, entrambi piacciono al Bayern Monaco che deve sostituire Davies - verso il Real Madrid - e probabilmente decidere un erede al sempiterno Neuer. L'Inter i gioielli li ha, ma prima bisognerà capire chi sarà il proprietario, poi se dovesse arrivare un'offerta per Thuram da 75 milioni ci sarà una plusvalenza pazzesca. La Juventus sacrificherà Soule e poi valuterà Chiesa: per Vlahovic saranno prese in considerazione proposte, se ce ne saranno. Alla Roma non si capisce chi sarà né il ds, né l'allenatore, né il dg. La Lazio è più avanti in questo, perché ha preso Tudor, ma anche lì si respira aria di rivoluzione. Infine Fiorentina e Napoli, così diverse e così uguali: la prima saluterà Italiano - direzione proprio Vesuvio, Conte permettendo - mentre la seconda è prigioniera di chi l'ha portata a vincere lo Scudetto, cioè Aurelio De Laurentiis. Sono loro, con Atalanta e Bologna, a potere alzare ancora il livello del nostro calcio. Per vivere altre serate come quella di Anfield.
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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