L'allenatore Christian Bucchi è intervenuto in diretta a TMW Radio, nel corso della trasmissione Stadio Aperto con Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini: "La gestione di questo periodo è molto difficile, spesso il pubblico fa da stimolo, altre volte da pressione negativa. La squadra che ha tanti giovani può averne usufruito inizialmente, e penso soprattutto al Milan ad inizio percorso. Per altri le pressioni servono per l'attenzione: si vedono errori di distrazione dovuti anche alla poca preoccupazione, all'assenza di fischi. Sembra un'amichevole per quanto riguarda la tensione".
Più difficile per i difensori che per gli attaccanti?
"Da ex attaccante cerco sempre di rappresentare la categoria (ride, ndr). No, comunque la curva piena è un aspetto importante anche per l'attaccante, che vive per segnare ed esultare col pubblico".
Lei ha avuto Scamacca tre anni fa: si vedevano queste potenzialità? Ha margini da big?
"Ho avuto il piacere di allenarlo a Sassuolo e farlo esordire in Serie A perché ho visto un grandissimo talento: merito ad Angelozzi perché ha voluto fortemente riportarlo in Italia dall'Olanda. Grandi qualità, in un percorso molto alternato e fatto di poca continuità: una partita positiva, poi quella dopo con troppa leggerezza... Cose figlie dell'età, ma in questi anni ha fatto un percorso giusto e oggi giustamente è tra gli attaccanti che rappresentano il futuro non solo dei grandi club, ma anche della nostra Nazionale. Ha caratteristiche uniche: molti lo paragonano fisicamente a Ibrahimovic, e credo ci assomigli anche tecnicamente. Deve forgiare il carattere con l'esperienza e potrà fare una grande strada".
Lirola e Duncan oggi invece faticano nella Fiorentina.
"L'intoppo l'hanno avuto solamente a Firenze, dopo un percorso pulitissimo a Sassuolo. Duncan ha fatto tanti anni, mentre Lirola era arrivato da ragazzino e ha fatto cose straordinarie, anche in Europa League. Nella Fiorentina hanno trovato un momento di difficoltà, ma non solo loro, generale. Tanti giocatori bravi sono capitati nella Fiorentina e non hanno reso: io, ad esempio, credo moltissimo in Cutrone e Kouame. Ma il fatto di essere costretti a fare punti ha tolto spazio ai giovani, qualcosa si è complicato e spero che possano ritrovarsi: Lirola a Marsiglia, e Duncan magari a Cagliari da Di Francesco. Non sono due a fine corsa".
Quanto perde l'Inter senza Sensi?
"Lo scorso anno l'approccio dell'Inter al campionato è stato devastante e Sensi è stato protagonista con gol e giocate. Senza la sua qualità hanno perso qualcosa, oggi il gioco si appoggia sulla coppia Lautaro-Lukaku e a volte mancano soluzioni. Brozovic dà soldiità ma difficilmente ha il colpo risolutivo, Barella è straordinario ma non ha in dote gol o altro. Sensi invece ha qualità per rifinire ed inventarsi la giocata dove non c'è: oltre che dinamico è tecnico, e sa giocare benissimo combinando nello stretto. Sensi è il giocatore che manca all'Inter: rispetto ad Eriksen, per esempio, ha meno classe ma molto più agonismo. Tanta qualità ma più sostanza".
Due parole su Roberto Insigne.
"La sua fortuna è stata staccarsi dal Napoli: lì avrebbe vissuto all'ombra di Lorenzo con lo spettro di dover fare sempre qualcosa in più, e il paragone col fratello. Quando è stato preso eravamo in Serie B, e c'era convinzione che avrebbe potuto fare bene: felice che sia stata una scelta giusta, sia la sua che quella di Improta. Quel progetto iniziato nell'anno con me sta dando i suoi frutti per meriti di un ottimo allenatore come Inzaghi, di un bravo ds come Foggia e di una proprietà che fa le cose giuste".
Qualche scelta che non rifarebbe o rimpianto nella sua carriera da allenatore?
"Rifarei tutto al 100%, visti i risultati sarebbe facile dire che non sarei andato a Empoli o Sassuolo. In quest'ultimo caso c'è stato la voglia di giocarsi la grande chance in Serie A a 40 anni, nonostante i dubbi in me legati alla squadra, che andava rivoluzionata dopo 5 anni con Di Francesco. Perdemmo anche giocatori importanti come Pellegrini e Defrel, la squadra si era indebolita e ho provato a dare la mia idea di calcio in un gruppo radicato invece su un'idea sviluppata su tanti anni. Ho trovato le difficoltà che mi immaginavo, sapevo che il primo anno sarebbe stato da sfangare... Alcune cose magari, dentro quest'esperienza, le cambierei ma la scelta no. A Benevento sono stati tre minuti maledetti, avessimo avuto un pizzico di fortuna in più parleremmo di una cosa diversa. Lo stesso vale per Empoli, dove c'erano presupposti per fare bene e aprire un ciclo: il mio esonero è arrivato troppo presto, dopo dodici giornate in cui eravamo quinti. Un po' affrettata, ero convinto di ciò che facevo e che saremmo arrivati fino in fondo. Guardo allenatori bravissimi, e tutti sono caduti: chi fa questo mestiere deve essere pronto ad accettare critiche, ingiustizie e anche momenti di fortuna magari non meritati fino in fondo. Ora ho voglia di ripartire con entusiasmo".
Quanto è sottile quel margine?
"Contano i momenti, ricordo Pioli ottimo allenatore anche a Modena, Grosseto, Parma, Chievo o Bologna... Ci sono i momenti in cui trovi il gruppo giusto, la società e i dirigenti che sanno capirti e condividere le difficoltà aspettandoti. Altrimenti ogni volta cambi sempre l'allenatore... La storia dimostra che la fiducia paga, e guardo agli esempi di Sassuolo, Lazio e Atalanta, anche con partenze difficoltose. Il primo anno di De Zerbi è stato piuttosto complicato e non si vedeva ancora quello che lui voleva in campo: la società gli ha dato tempo, e ora si vede una squadra che gioca a memoria, così come Lazio e Atalanta. Un successo ottenuto nel tempo: bisogna credere di più nelle persone".
Eriksen potrebbe davvero trasformarsi in un playmaker?
"Intanto parliamo di un giocatore forte, con un'intelligenza superiore alla norma. Anche perché senza struttura e impatto fisico, per essere a quei livelli, ha grande tecnica e velocità di pensiero. A quest'Inter è sempre mancata un po' di qualità: fa di ritmo e forza le sue doti, ma un po' di qualità in campo si deve avere. Eriksen non possono farlo andare via, non possiamo perdere un calciatore così nel campionato italiano. Spero che trovi il suo spazio e chissà che non trovi il ruolo che gli allunghi la carriera come successo anche a Pirlo".
Lei è tra le fotografie di cosa è stato il Perugia di Gaucci.
"Ho avuto la fortuna di incappare in un presidente pazzo, sotto tutti i punti di vista, come Gaucci. La sua era una follia d'amore, per il Perugia avrebbe fatto di tutto: ci portava in ritiro venti giorni ma quando vincevamo le partite veniva a piangere con noi negli spogliatoi. Si era contornato di persone preparate, come Ermanno Pieroni. Manca questo volersi buttare romanticamente sull'avventura del ragazzo italiano, sono cose che avvengono sempre meno perché si va a prendere il 18enne slovacco a parametro zero o il giovane del Chelsea U23: è più facile e più comodo anche per interesse economico, ma le occasioni ci sarebbero. Oggi i dirigenti vivono il calcio in maniera più distaccata: i Rozzi, i Sensi, lo stesso Moratti oggi non si trova più. Le società sono più razionali e meno passionali".
Cosa cerca per la sua prossima avventura?
"Ho fatto tanta gavetta e sono arrivato in Serie A con Sassuolo e Pescara. Ho fatto tutto le tappe e ho capito che la prossima non sarà frutto di un discorso tecnico, ma una scelta rivolta alle persone: non posso sbagliarle, devo trovarne di cui fidarmi. Questo mi dice l'esperienza".
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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