L'ironica battuta di Josep Guardiola sull'ipotetico esonero in caso di non passaggio del turno contro il Real Madrid rivela un nervo scoperto da parte dell'allenatore del Manchester City. Una tensione che si taglia con il coltello e che è evidente per chiunque acceda ai cancelli della sede dell'allenamento dei Mancunians, a circa 700 metri dall'Etihad passando un bel ponte che taglia la strada a sei corsie da e per il centro città. Da una parte c'è il tecnico che, dopo Barcellona, ha collezionato titoli ma ha perso di vista la Champions League. Dall'altra una platea che dopo anni di regno di Sir Alex Ferguson si aspettava che dall'altra parte dell'Irwell si facesse lo stesso. In soldoni: spendere per portarsi a casa la coppa dalle grandi orecchie.
C'È SOLO UN OBIETTIVO - Il problema è che non ci sono stati limiti di spesa per Guardiola, negli anni passati. Ha vinto il campionato più difficile, dimostrando di guidare una delle migliori formazioni al mondo. Peccato che, poi, a diventare Campioni del Mondo sono stati Jurgen Klopp (che di finali ne aveva già perse abbastanza) e il suo rockin Liverpool, la risposta al tiki taka di barcelloniana memoria. Quest'anno il problema si pone ulteriormente perché i Reds sono stati praticamente imbattibili in Premier, vincendo tutte le partite tranne una. Impossibile mantenere lo stesso ritmo, anche spendendo decine di milioni. In Europa però si riparte tutti da zero e, paradossalmente, anche Lione e Atalanta hanno speranze (pur minime) di vincere.
E LA JUVENTUS? Nell'anno passato c'è stato un contatto - solo uno - con la dirigenza guidata da Andrea Agnelli. È capitato appena prima dell'eliminazione del Real Madrid dalle coppe europee, quando la situazione era abbastanza chiara. Zidane poteva diventare il nuovo allenatore bianconero, Guardiola era apprezzato ma troppo costoso. E soprattutto, voleva finire il suo compito all'Etihad, cioè vincere la Champions League. Perché è l'unico vero cavillo che lega il catalano al suo posto di lavoro, al di là di essere immerso completamente in un club che ha l'ambizione di diventare il primo al mondo. Poi però, nel domino, Zizou ha accettato di nuovo la corte del Real Madrid (che lo pagava estremamente di più che la Juve), Pep era del City, Pochettino impossibile da liberare. C'è stata sorpresa, non è una novità. Quel che sta succedendo ora, con i dubbi su Sarri, non sono che il riflesso di quei due mesi dal contatto con Guardiola e la scelta Sarri. Non una brutta opzione, vista l'Europa League vinta. Ma non la migliore possibile.
TENSIONE - C'è nell'aria, a Manchester. Mai come con Pochettino si è notato come certi equilibri, quando persi, sono impossibili da ritrovare. Quest'estate Levy chiedeva 40 milioni di euro, poco dopo lo ha esonerato, forse anche giustamente. Guardiola sta subendo un processo diverso ma simile, almeno nelle idee. E la Juventus? Probabilmente Agnelli lo vorrebbe, ma ha un grosso problema: è ingabbiato da un fair play finanziario che lo costringe a plusvalenze, a cedere giocatori anche quando tecnicamente non è conveniente (Emre Can su tutti), con i parametri zero che stanno mettendo in difficoltà le casse e i bilanci. Perché se è vero che Rabiot arriva a zero, poi ci sono le commissioni alla madre e lo stipendio da un dieci-dodici lordi annui. Guardiola significherebbe avere sacrificare (almeno) 20 milioni netti a stagione solo per l'allenatore. In questo quadro la Juventus può permettersi un esborso così? La parola è "attualmente no". A meno che Exor non trovi il modo per pompare capitali: la proprietaria della Juve ha un utile nel 2018 di 5
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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