Spoiler alert: chi vuole inizi a toccare ferro, legno, quel che gli pare. La frangia più scaramantica della tifoseria, che immaginiamo essere la maggioranza, ne ha tutto il diritto: a calcio si vince col gioco, ma pure con la benedizione di Eupalla. Aggiungiamo: Simone Inzaghi, quando sottolinea che il percorso è ancora lungo e c'è da rimanere concentrati anche mentre si dorme, fa quello che deve fare e dice quello che deve dire. Se poi a gesti e dichiarazioni apotropaiche hanno diritto i tifosi, figuriamoci il più diretto interessato. Il fatto è che ormai solo di questo, di scaramanzia, si tratta. Per meriti dell'Inter, a partire da Inzaghi.
Intanto, dal dentista ci va Gasperini, che si meritò questa definizione dal pur sempre paraculo Guardiola. Per il tecnico dell'Atalanta il viaggio verso il Meazza nerazzurro è sempre stato un incubo: non ha mai vinto, molto spesso ha perso. Contro Inzaghi, poi, peggio che andare di notte. Anche solo per la legge dei grandi numeri, prima o poi lo sgambetto arriverà. Il bello è che per l'Inter anche una gara molto insidiosa come quella di questa sera contro la Dea diventa una partita qualunque, al limite dell'insignificante nella corsa della capolista.
Il big match con l'Atalanta, per la Benamata, è di quelli da tripla. Per carità: vincere fa sempre bene, e vincendo l'Inter chiuderebbe a doppia mandata il discorso scudetto. Nella peggiore delle ipotesi, però Lautaro&Co manterrebbero comunque intatti i nove punti di vantaggio sulla Juventus. Sufficienti non certo a dormire, ma almeno a fare vivere giorni tranquilli e pensare alla vera data cerchiata in rosso sul calendario a questo punto, il 13 marzo a Madrid contro l'Atletico. È proprio qui, nella gara in meno che diventa un'occasione e non un tarlo, una delle tante differenze rispetto al grande timore dei tifosi.
Chi ancora non si fida del lieto fine - al di là delle già citate e più che legittime ragioni - lo fa perché vive nel terrore dello scudetto finito al Milan tra un derby perso e una papera col Bologna. Ecco, sono paragoni senza senso. In prima battuta, è del tutto diversa la classifica. L'Inter passò solo psicologicamente da +7 a +1 nel giro di cinque minuti: la verità è che Pioli era sempre stato più vicino di quanto non sembrasse. Oggi il più nove sul secondo posto, dove peraltro c'è una squadra finalmente implosa sul suo non gioco, è molto concreto.
La differenza più rilevante, però, è ben altra. La narrazione è che l'Inter, due anni fa, abbia buttato uno scudetto. Vero se si pensa a come è andata quella stagione, molto meno guardando a come era nata. A inizio campionato, per dire, i pronostici erano di un tracollo dopo l'addio di Conte, si vedevano le nubi funeste di un futuro societario tutto fuorché chiaro, cedere Lukaku e Hakimi somigliava allo smantellamento, Inzaghi era stato chiamato non nello scetticismo ma neanche nella convinzione generale e con l'obiettivo di arrivare quarto in classifica.
Oggi, l'Inter è tutta un'altra cosa. Merito di tanti. Partiamo dalla dirigenza, ché sottolineare il capolavoro di Simone non può sminuire i meriti dei vertici nerazzurri. Marotta, Ausilio e Baccin hanno preso le misure al contesto e hanno trovato, bravi loro, la strada che coniuga risultati e sostenibilità. L'Inter, dopo qualche difficoltà iniziale, è diventata più competitiva di anno in anno. La stessa proprietà, per quanto il futuro sia tuttora da chiarire (ma alla fine sarà rifinanziamento), ha trovato una qualche stabilità. Ultimo non ultimo, ecco Inzaghi. Ha resistito nella tormenta, ha migliorato i giocatori che ha avuto a disposizione, ad Appiano sta mettendo in pratica l'utopia che ha descritto nella sua tesi a Coverciano. L'Inter gioca come forse non ha mai giocato, come forse nessuna lo ha fatto in Italia in tempi recenti. Non è questione di gusti, ma di numeri: c'è poco di paragonabile al percorso nerazzurro in questo campionato, la scorsa giornata ha anche segnato il sorpasso sul Napoli scudetto. E quella di Spalletti è stata una meraviglia, di cui allo stesso punto del campionato nessuno avrebbe dubitato. Perché farlo di questa Inter?
Autore: Lorenzo Casalino / Twitter: @lorenzocasalino
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