Un giorno è calcio all’inglese, un altro è pura tecnica, un’altra volta è atletismo, altre volte è pura tattica.
Può essere brutto, sporco e anche cattivo ma nessuno dimentichi che è uno sport e, per natura del nome stesso, sport dovrebbe essere divertimento. Uscire dal campo dopo una partita come Lazio-Cagliari, o anche solo alzarsi dal divano, è tutto fuorche divertirsi.
Una partita in cui il protagonista assoluto è diventato l’arbitro che, d’accordo, fa parte del gioco, ma non è che prende il pallone e gioca da solo.
Invece di una partita di serie A è sembrata la classica sceneggiata di chi porta il pallone e ha già stabilito come deve andare a finire.
A ogni sbandata rispetto al copione estrae il cartellino e punisce il “cattivo” di turno che gli rovina la partita perfetta. La sua partita perfetta,perché le due squadre in campo hanno tentato di giocarne un’altra, o almeno una parte di loro. Fatta non solo di pregevoli performances ma anche di furbizie, di strafalcioni, di piccole contese.
Bastava la mancata parata di Scuffet, su una delle prime punizioni concesse per paura che i calciatori si facessero la bua al ginocchio. Bastava la reazione dei rossoblu, orgogliosi e caparbi. Bastavano i calciatori per giocarsi la gara che a un certo punto del secondo tempo era fatta di continui ribaltamenti di campo. Non c’era bisogno di un rigore concesso come se fossimo sotto Natale. Di un cartellino utilizzato come le pistole nel far west per sentirsi Nembo Kid. Di un’autorità che è sembrata volesse sostituire l’autorevolezza. È stato tramortito il calcio. Il confronto tra due squadre stressate dai gialli e poi, una, falcidiata dai doppi che diventano rossi.
Significativa la solidarietà a fine partita dei calciatori che conoscono il gioco delle parti, che sanno approfittare delle situazioni, interpretando il ruolo richiesto. Calciatori che conoscono il calcio e lo distinguono, sapendo che con la giusta discrezione arbitrale, possono anche divertire, vincendo e perdendo. Preferiscono farlo loro. La Lazio si è già convinta di aver conquistato una vittoria.
Il Cagliari non è convinto di aver meritato la sconfitta. I conti non tornano perché ci si è messo di mezzo chi dovrebbe garantire e non inquinare. Fanno parte del gioco. L’unica speranza è che effettivamente sia stato l’elemento più scarso della gara, l’arbitraggio. E che non ci sia anche il direttore di gara convinto di aver vinto. Se fosse così ci sarebbe da chiedergli: ma quale calcio è bravo ad arbitrare? Non è sembrato essere compatibile con quello che ci si aspetta nel campionato di serie A.
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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