Calcio sempre più globalizzato, tornei moltiplicati, stagioni compresse e calciatori stremati. Di fronte a questo scenario, Xavier Jacobelli, ospite a BergamoTV, lancia un allarme forte e chiaro sul futuro del pallone, partendo dalla decisione di giocare la Supercoppa Italiana all'estero e dai rischi che l'accumulo di impegni comporta per atleti e squadre. Jacobelli è molto diretto e non nasconde la sua preoccupazione. Ecco quanto evidenziato da TuttoAtalanta.com
Jacobelli, partiamo dalla Supercoppa Italiana: com'è possibile che venga giocata negli USA solo se a disputarla sono grandi squadre, mentre Empoli e Bologna non avrebbero appeal?
«Trovo assurda e inaccettabile una logica simile. Non è concepibile che la finale di Supercoppa italiana venga disputata all’estero solo se coinvolge squadre considerate mediaticamente attraenti. Se Bologna o Empoli dovessero qualificarsi, meritano il medesimo
rispetto e prestigio delle altre. E non ha senso nemmeno dal punto di vista economico: andare negli Stati Uniti per raccogliere appena 23 milioni da spartire in quattro, quando ad esempio l’Arabia Saudita garantiva cifre ben più alte, è un controsenso».
Cosa proporrebbe come alternativa per valorizzare questa competizione?
«Basterebbe copiare il modello inglese: la FA Community Shield in Inghilterra si gioca prima del campionato, una sfida secca a Wembley, lo stadio nazionale, sempre pieno con 90.000 spettatori. Sarebbe un modo per valorizzare le squadre italiane, rispettare i tifosi e dare il giusto prestigio alla competizione. Invece, noi inseguiamo il denaro e finiamo per svilire il nostro calcio».
Questa ricerca esasperata di denaro porta anche a una stagione sempre più pesante per i calciatori, non crede?
«Assolutamente sì. E la situazione sta peggiorando. Quest'anno avremo le qualificazioni mondiali, il Mondiale per Club inventato da Infantino, e un Europeo in estate negli Stati Uniti con 32 squadre impegnate per un mese intero, dal 15 giugno al 13 luglio. Stiamo caricando i calciatori di un peso insostenibile, dimenticando che sono loro il cuore pulsante del gioco. La scorsa stagione abbiamo avuto una serie impressionante di infortuni ai crociati: basti pensare al pallone d'oro Rodri, che è stato costretto a restare fuori proprio per infortunio».
A proposito di infortuni, pensa che la stagione così lunga e faticosa possa danneggiare ulteriormente i calciatori?
«Purtroppo sì. Gli esempi non mancano, come dimostra la situazione di Zapata, a cui faccio i migliori auguri visto che domani sarà il suo compleanno. Ma il rischio, continuando con questi ritmi folli, è che molti altri giocatori possano subire infortuni seri, penalizzando club e nazionali».
E il calendario della Serie A? Non sarebbe più logico iniziare prima per favorire anche la Nazionale?
«Esatto. È storicamente provato che quando il campionato italiano comincia in ritardo, a settembre la Nazionale fatica. Non servirebbe certo una laurea ad Harvard per comprendere che anticipare l'inizio della stagione aiuterebbe ad avere una condizione atletica migliore in vista delle qualificazioni mondiali. Invece continuiamo a ripetere gli stessi errori, senza mai imparare dal passato».
Jacobelli conclude con una riflessione amara e provocatoria: «Così facendo, si rischia di compromettere definitivamente il calcio. È arrivato il momento di fermarsi a riflettere e cambiare rotta, mettendo davanti a tutto il rispetto per i giocatori e per i tifosi. Il calcio non può continuare a inseguire solo il profitto: serve una rivoluzione di mentalità, prima che sia troppo tardi».
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Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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