La Juventus cambia allenatore. Oggi tocca a Tudor, prevista la presentazione. Tanto per darvi un paragone per capire come mai se ne parla tutti i giorni basti pensare che - a parte la passata stagione quando Allegri era stato esonerato all’ultima giornata dopo la lite post vittoria di coppa - alla Juventus un allenatore durante il campionato non veniva mandato via da 15 anni.
Le stagioni, anche quelle non pienamente positive, sono state gestite internamente. E poi si è arrivati a una separazione naturale a fine anno.
In questo caso, evidentemente, non è stato possibile. E non è solo una questione tecnica o tattica: sicuramente ha pesato non solo il rapporto sfilacciato di Thiago Motta con lo spogliatoio, ma sicuramente anche la visione diversa su come uscire dal momento difficile fra lui e il direttore sportivo Giuntoli.
Dopo la partita con la Fiorentina, lo stesso direttore aveva detto che dai momenti difficili si esce tutti insieme e che bisognava assolutamente ritrovare un equilibrio dentro e fuori dal campo. Evidentemente la settimana successiva, pur senza i nazionali, ha portato a una rottura netta.
La Juventus aveva bisogno di una scrollata, di cambiare qualcosa, di sentirsi ascoltata. E così è arrivato l’esonero. Ma Thiago Motta però non può essere l’unico responsabile di questa situazione. Cosa non ha funzionato alla Juve, tanto da aver seriamente messo in difficoltà un progetto (di tre anni) nato appena 8 mesi fa?
Intanto il primo vero grande parametro con cui si è valutato l’operato dell’allenatore (e su cui verrà valutato probabilmente anche l’intero progetto) è la qualificazione in Champions League per la prossima stagione. Il quarto posto è sempre stato l’obiettivo (minimo) della società quest’anno. Nessuno pretendeva di vincere subito il campionato, magari poter essere sin da subito più competitivi sì. La mission aziendale della Juventus è quella di riassestare i conti (cercando di diminuire i costi), abbassare l’età media e rimanere competitivi. Non è certo semplice e questo era chiaro a tutti, Motta in testa. Ecco perché nonostante le difficoltà emerse, il fronte intorno all’allenatore fino a poco fa è sempre stato compatto. Ma le cose sono precipitate.
Fino a poco tempo fa i bianconeri erano la miglior difesa del campionato ed erano in corsa sui tre fronti. Le eliminazioni nelle coppe e le brutte figure contro Atalanta e Fiorentina hanno invece minato queste certezze.
Sembrava che dalla panchina non arrivasse più la voce, come se si fosse staccata la spina, come se non fosse più possibile trovare una reazione dopo le batoste.
Ecco che quindi il rapporto fra Thiago Motta e i giocatori è al centro della discussione. Al di là dell’empatia, di cui si è sempre parlato, da fuori sembra che non si si trovata la giusta chiave per entrare nella testa dei giocatori. Il processo di crescita (che sembrava aver attecchito all’inizio) ora si era fermato. Un processo che però è necessario in un anno di rivoluzione. La squadra non è né carne né pesce: non più Allegri, non ancora Motta. E - a quanto pare - non c’è stato dialogo, la capacità di ascoltare i segnali che arrivavano dall’interno e la voglia di essere aiutato.
Non ha certo agevolato questo discorso la mancanza di una vecchia guardia che avrebbe potuto instillare lo “spirito Juve”: una scelta molto discussa, condivisa da tutti. Alla Juventus in questa stagione si è preferito fare in modo che fosse un autentico anno zero: ripartenza per tutti. Ma questa strategia radicale non ha pagato. Anzi è diventata un boomerang: quel terreno fertile che si sperava potesse esserci non si è rivelato tale.
Di sicuro non si può non prendere in considerazione anche il mercato. Non si può dire che la campagna acquisti della Juventus sia stata sbagliata. Al massimo si può dire che sono stati valutati troppo alcuni giocatori, ma non che siano stati presi giocatori scarsi. Stiamo parlando di calciatori che negli anni precedenti hanno fatto la differenza nelle rispettive squadre, essendo fra i migliori del campionato. Hanno avuto un rendimento insoddisfacente. Non si può passare da una stagione da 12 gol a una da 2 soltanto per pochi metri di differenza in campo: non può essere tutta colpa di Motta, insomma.
E’ semplicistico anche dire che il mercato non ha funzionato a causa dello scarso rendimento di alcuni giocatori chiave. Il mercato non ha funzionato per altri motivi: certamente sul prezzo d’acquisto di alcuni giocatori. Ma soprattutto nell’aver consegnato all’allenatore una rosa ristretta in difesa (è bastato un’infortunio per mettere in difficoltà Motta, due per metterlo in crisi) e corta in avanti (l’assenza di un centravanti ha influito molto nelle scelte di Motta nella prima parte della stagione).
Ora Tudor è chiamato a dare una reazione alla squadra. A riconsegnare quello spirito andato perduto. A fare punti per tornare in zona Champions. Tre mesi per prendersi in mano la squadra: non dovrà solo bruciare le tappe, dovrà fare un piccolo miracolo.
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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