Sono cari, questi nostri giovani italiani. Tommaso Mancini da Vicenza, straordinario prospetto del nostro calcio, è stato pagato oltre 2 milioni di euro oltre tutte le polemiche che ne sono conseguite sul capitolo commissioni evidenziato poi anche da una nota dell'Assoagenti. Marco Delle Monache, che era del Pescara ed è rientrato proprio in prestito al Delfino, è stato pagato dalla Sampdoria quasi 1,5 milioni di euro. Per prendere Gian Marco Di Biase dai dilettanti della Pistoiese, la Juventus ha speso (per averlo il prossimo anno) circa 400mila euro. Inseriti nell'affare Francesco Caputo con la Sampdoria, i giovani Angelo Foresta e Kevin Leone sono stati valutati dal Sassuolo 1,5 milioni complessivi. Tanti nomi che hanno avuto alterne fortune con valutazioni alte per il rendimento poi avuto nel corso degli anni raccontano solo una cosa.
Ha ragione Pantaleo Corvino
Ha ragione Pantaleo Corvino, responsabile dell'area tecnica del Lecce. Al centro delle discussioni negli ultimi tempi c'è stata la sua Primavera, piena di calciatori stranieri, e prima in classifica. Partiamo da una frase del dirigente, allora, per spiegarne le ragioni. "Tutte le società hanno l'obiettivo di formare calciatori in ottica prima squadra. La nazionalità non è determinante, ma poiché non posso competere economicamente con i grandi club, baratto mercato alternativi, come est e nord Europa. Ho scovato promesse in Islanda, Norvegia, Danimarca, Irlanda, Romania, Slovacchia, Slovenia… La Juve ha investito quasi 3 milioni su Mancini del Vicenza: io non potrei farlo".
La multinazionale del talento
La Primavera del Lecce è un bacino inesauribile di talento e lo sarà anche per la prima squadra già dalla prossima stagione. Come è stato per Joan Gonzalez, prelevato dalle giovanili del Barcellona e ora già perno dela prima squadra (e garantiscono in Salento che il prossimo, con lo stesso percorso, sarà Pol Munoz). Una società capace di andare realmente in ogni angolo del globo (laddove i passaporti lo consentano) per scoprire giocatori. Alcuni esempi: Corvino e i suoi uomini hanno pescato in un'accademia meravigliosa come quella del Nordsjaelland il terzino Patrick Dorgu e Marco Bruhn, e una stagione fa Noah Crone. Di trovare nel piccolissimo Coltea Brasov, in Romania, l'attuale capocannoniere del campionato Primavera, Rares Brunete. Di strappare alle giovanili dello Young Boys, in Svizzera, il capitano Medon Berisha, tra i migliori della squadra. Corvino e i suoi hano regalato a mister Coppitelli giocatori dalla Danimarca come l'ala sinistra Jeppe Corfitzen dal Lyngby, dalla Romania come il mediano Catalini Vulturar (UTA Arad), il terzino Razvan Pascalau (Univeristatea Cluj) e il portiere pararigori Alexandru Borbei (Politechnica Timisoara). Non ha avuto paura di andare a prendere un giocatore in Finlandia e pure in Islanda, Henri Salomaa e David Snaer Johansson. In Svezia ha preso un centrale difensivo considerato di altissima categoria come Emin Hasic, destinato a grandi palcoscenici, ma è andato anche in Belgio, in Portogallo, nei settori giovanili di Lipsia, Union Berlino, Marsiglia, Espanyol e perfino a Tampere, in Finlandia, per prendere Eetu Mommo. E occhio anche ai più giovani: in U17 c'è una vera e propria gemma come lo svedese Jimi Nikko, che il Lecce ha strappato alla concorrenza di mezza Europa. Un predestinato.
Esaltiamo il progetto Red Bull: perché criticare quello Lecce? Gli italiani giochino per virtù, non per dovere
Esaltiamo il progetto Red Bull, la macchina perfetta dello scouting creata da Ralf Ranginck. La sua capacità di andare a scovare talenti in Zambia e Mali, nei borghi sperduti dell'Est europeo e non solo. Invece, in Italia, in troppi criticano il progetto Lecce di Pantaleo Corvino. Perché? Perché ci sono troppi stranieri e non viene valorizzato il talento italiano? La risposta arriva dalla prima squadra dei salentini: quando i giocatori italiani hanno talento, prezzi accessibili anche a realtà come quella pugliese, e valori, allora giocano. Falcone, Colombo, Cassandro, Gallo, Baschirotto, e via discorrendo. Il Lecce non è certo la squadra che schiera in campo solo stranieri, ma anche se così fosse? La valorizzazione del talento non può passare da degli obblighi ma da virtù, dalla competizione. I ragazzi italiani che giocano in C spesso, purtroppo, lo fanno solo perché vengono così concessi i premi di valorizzazione.
Il paese con maggiori limitazioni si lamenta dei pochi italiani in campo
Ma questo cosa porta? A cosa serve? Il problema è ben più ampio e siccome siamo il paese europeo con maggiori limitazioni sul tesseramento degli extracomunitari (altro paradosso), forse dobbiamo smetterla di guardare il dito senza pensare alla luna. Il problema non è il Lecce, che fa di una necessità la migliore delle sue virtù. Il problema è che i club italiani hanno perso la misura del valore dei calciatori, perché non siamo più un campionato d'arrivo ma di passaggio. Iniziasse questo processo virtuoso, anche nelle categorie inferiori, senza voler uovo e gallina entrambi oggi, ecco che torneremmo a vedere più valorizzazione interna. Per adesso godiamoci questo capolavoro di scouting, che crea solo valore al futuro del nostro calcio.
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