Perchè non è ancora sicuro che Inzaghi sarà l'allenatore dell'Inter nella prossima stagione? Non è una domanda retorica che introduce a considerazioni e scenari di mercato volti a descrivere scenari ipotetici rispetto a ciò che potrebbe accadere, ma un interrogativo sincero al quale è personalmente impossibile trovare una risposta soddisfacente.
Il lavoro che l'allenatore dell'Inter sta portando avanti dal momento in cui gli è stata affidata l'eredità di Antonio Conte è indiscutibilmente positivo in relazione alla linea di galleggiamento delle richieste minime, con la concreta possibilità di diventare storico rispetto ai risultati ed ai traguardi conseguiti, quale che sia l'esito della gara di ritorno della semifinale di Champions League contro il Milan.
La possibilità che si para di fronte all'Inter è quella di prendere parte a tutte le partite possibili in tutte le competizioni nell'ambito della stagione in corso: una prospettiva da top club continentale che i nerazzurri evidentemente ancora non sono, ma allo stesso tempo uno status con il quale stanno concretamente flirtando nonostante l'assenza totale di investimenti da parte della proprietà.
Non va dimenticato, infatti, che le due milanesi si sono presentate ai nastri di partenza della sessione di mercato estiva con prospettive economiche ben differenti: da una parte il Milan che aveva un budget da investire, dall'altra i nerazzurri con l'ormai consueta Spada di Damocle dell'utile tra entrate ed uscite con cui far coesistere la propria campagna rafforzamento. Che poi gli innesti dei rossoneri non abbiano trovato (per ora) riscontri sul campo, mentre i nuovi acquisti dell'Inter si stiano dimostrando fattori determinanti, è un aspetto che va ascritto ai meriti di chi quei giocatori li ha scelti (dirigenza) ma anche di chi è stato in grado di valorizzarli fino ad evidenziarne ed esaltarne le qualità con un contesto tattico adeguato (l'allenatore, appunto).
Ed allora come può un allenatore che ti porta a 90 minuti dalla finale di Champions League, in finale di Coppa Italia, vincendo la Supercoppa Italiana in un Derby e con il traguardo della qualificazione alla Champions League ampiamente alla portata, essere messo in discussione? Non ha vinto lo scudetto, è vero, ma se l'Inter deve vincere tutte le competizioni alle quali prende parte, è necessario che questo genere di aspettative siano supportate da investimenti che dalle parti di viale della Liberazione non si vedono dall'estate del 2019. E quindi di una proprietà diversa rispetto a quella attuale.
Se il campo non sorride, in casa Milan ci si potrà godere ancora a lungo l'espressione gioiosa e irriverente di Leao mentre sgasa e pianta l'accelerazione decisiva facendo la differenza ed infiammando l'animo dei tifosi rossoneri. Doveva esserci la svolta prima della gara di andata dell'Euroderby, e le tempistiche sono state rispettate con precisione quasi chirurgica. Il portoghese si è accordato nel pomeriggio di mercoledì con i rossoneri fino al giugno del 2028, ha firmato il rinnovo che è stato già depositato in Lega arrivando a ratificare un matrimonio solo da ufficializzare ma non più in discussione. Fondamentale per la buona riuscita di uno degli affari più intricati e complicati della storia recente del mercato, sono state il lavoro e la volontà di tutte le parti in causa. A partire da Rafa Leao, beninteso, che con un contratto in scadenza tra tredici mesi avrebbe potuto tranquillamente scegliere la via più remunerativa dal punto di vista economico senza pensare al progetto ed alla riconoscenza nei confronti della società che invece lo ha scelto per poi lanciarlo nel gotha del calcio mondiale.
Leao firma con il Milan a cifre ragionevoli, che gli permetteranno di percepire, bonus compresi, una cifra prossima ai 6,5 milioni di euro a stagione. Il portoghese riceve anche 2 milioni di euro di bonus all'atto della firma, innalza la sua clausola rescissoria a 170 milioni di euro e soprattutto risolve una volta per tutte il contenzioso legale con lo Sporting Lisbona venendo di fatto sollevato dall'incombenza di dover risarcire il suo ex club degli ormai celebri 19 milioni di euro (più relativi interessi) di multa.
Fondamentale nella tessitura dei rapporti è stato il ruolo dell'Amministratore Delegato del Milan Giorgio Furlani, i cui buoni uffici con il Lille e con la proprietà dei francesi, hanno districato la matassa con il risultato che proprio il club transalpino si sia fatto carico del bonifico decisivo per risolvere la questione una volta per tutte. Una sinergia con Maldini e Massara che promette di essere più solida e duratura che mai nella gestione degli affari rossoneri presenti e futuri.
Ora toccherà al campo parlare, magari già a partire dalla gara di ritorno di martedì, di cui Leao farà di tutto per essere parte integrante e possibilmente anche decisiva.
E poi c'è la Juve, da cui parte tutto il resto. In primis per le evoluzioni legate al futuro dirigenziale e strategico del club bianconero. Dall'anticipazione di settembre targata Alfredo Pedullà sappiamo che il nome di Cristiano Giuntoli era segnato in rosso sui taccuini della proprietà come quello ideale per il progetto di ristrutturazione che sarebbe seguito. Di lì in poi la vita si è dispiegata in maniera veloce ed ineluttabile: il Direttore Sportivo del Napoli ha conquistato lo Scudetto con un distacco tale da rendere disarmante ogni confronto con qualsiasi avversario. La scelta è stata fatta ed è reciproca, e occorrerà quindi iniziare a lavorare sugli investimenti in salsa bianconera che verranno programmati per sviluppare la rinascita tecnica e sportiva della società. Un progetto che potrebbe vedere protagonista ancora Angel Di Maria, disposto a restare anche senza la certezza di prendere parte alla Champions League.
Più scivoloso il terreno legato alle evoluzioni giuridiche, tra penalizzazioni future (certe) ed inchieste che troveranno sviluppo nei mesi ancora successivi. Il futuro non promette di essere semplice, ma stimolante certamente sì. E a Giuntoli questo basta e avanza.
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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