Liberateci da queste Nazionali. Le coppette che inventa la Uefa ci hanno stancato e per fortuna adesso inizierà una bella full immersion tra campionato e Champions League. A qualcosa, però, sono servite le Nazionali; a parlare di mercato. Le società ne hanno approfittato per velocizzare la pratica rinnovi e, tranne Dybala, sono arrivati schiaffi da tutte le parti. Il Torino ha commesso l'errore più grande e banale. Portare in scadenza il capitano Belotti dopo aver rifiutato proposte da 70-80-90 milioni di euro solo qualche annetto fa. Un calciatore, a quelle cifre, va sempre venduto. E' naturale che oggi, in scadenza, Belotti non accetti di restare dopo che lo hai blindato e tarpato le ali. Dopo che il tuo club negli ultimi due anni ha lottato per non retrocedere in serie B, cosa ti aspetti? Belotti sarebbe perfetto per l'Atalanta che prenderebbe a zero un attaccante forte e da rilanciare con Zapata o Muriel pronti a spiccare il volo e a far entrare soldi freschi nella cassa di Percassi. Insigne non rinnoverà con il Napoli ma qui non manca la volontà del calciatore manca quella del dialogo. De Laurentiis ha portato allo sfinimento Lorenzo che più da figlio di Napoli e da Campiona d'Europa è stato trattato come l'ultimo dei panchinari. Senza motivo e senza logica. Insigne fa bene ad andare via perché il lavoro è lavoro e a queste condizioni economiche non si può rinnovare un contratto, forse, l'ultimo e il più importante della sua vita. Dispiace per la gente. Insigne meritava un trattamento diverso, si può anche litigare quando si parla di soldi ma se c'è la volontà un punto di incontro si trova. Qui la partenza non c'è mai stata e il dialogo non è mai stato costruttivo. Tema diverso per Vlahovic. Commisso una cosa l'ha sbagliata: non vendere l'attaccante la scorsa estate. Lo tieni a Firenze solo se sei certo del rinnovo dopo il 2023 altrimenti meglio fare cassa a due anni dalla scadenza. Poi Commisso non ha mezza colpa e ha dimostrato con i fatti la stima e la volontà a tenere il ragazzo. 3 milioni, poi 4 milioni e anche 5. Gli agenti vogliono fare i furbi quando basta un pochino di chiarezza. Basta dire, vogliamo andare via per puntare ai top club italiani o europei. Senza inutili perdite di tempo. Commisso si liberi di Vlahovic e punti su Lucca (00) o Scamacca (99) e non farà rimpiangere nessuno ma soprattutto resterà con la schiena dritta.
Un bentornato a Spalletti dobbiamo darlo. Dalle campagne toscane al primato in serie A. 7 partite = 21 punti. Avere un approccio così, a Napoli, non era semplice. E non sarà semplice neanche continuare su questa strada ma se Spalletti non vedrà i soliti fantasmi che vedeva ad Appiano e Trigoria, il Napoli potrà davvero arrivare fino in fondo. Degli allenatori, al vertice, Spalletti è il più preparato. L'attaccante più forte, in A, via Lukaku e Ronaldo, ce l'ha il Napoli e bisogna mantenere solo equilibrio quando arriveranno i primi pareggi e la prima sconfitta.
Tra gli allenatori da valutare non soffermiamoci alla serie A. Chi fa questo errore sbaglia e poi ci lamentiamo che Sarri, il grande calcio, lo abbia scoperto grazie all'Empoli e al Napoli solo in età avanzata. Bisogna guardare anche alle categorie inferiori. Zaffaroni, allenatore del Cosenza, alla prima in serie B è un nuovo Sarri. Ha fatto una vagonata di campionati in serie D, in Lombardia, poi la C a Monza e all'Albinoleffe ma mai nessuno gli ha dato 2 lire. Invece è preparatissimo e con grande competenza; fa rendere le sue squadre. A Bergamo ha ridato una seconda vita a Manconi, 1994, che nessuno era riuscito a far diventare grande e a Cosenza in 10 minuti ha amalgamato la squadra costruita da Goretti, post ripescaggio. Parla poco, Zaffa, quasi nulla ma è preparato e grande intenditore di calcio. Se una squadra, l'anno prossimo, in A vorrà fare una scommessa il nome ce l'avrà già pronto.
Infine, spazio autogestito. In questo editoriale spesso prendo posizione pro e contro. Qualcuno se la lega al dito e prova a zittirmi preparando le querele per diffamazione e allungando i tempi. Palla lunga e pedalare. La causa più bella è stata quella con Alfredo Aglietti, oggi allena la Reggina ma i fatti risalgono a 7 anni fa quando allenava il Novara e lo portò in serie C, e su queste colonne lo avevo definito calcisticamente scarso e presuntuoso. La prova c'è stata: i 7 anni successivi dove a Chiavari è retrocesso ancora, ad Ascoli se ne è andato, al Verona è andato in A perché ha diretto 3 partite e al Chievo in 2 anni non ha combinato nulla con la società addirittura fallita perché senza la serie A i conti non tornavano più. La querela è stata lunga, il Tribunale di Novara ci ha ospitato 5-6 volte e lunedì è arrivata l'assoluzione con formula piena (favolosa arringa di Cesare Di Cintio che si è guadagnato uno spritz a fine processo dopo aver portato al giudice la media punti di questi anni di Aglietti e i guadagni annui). Gli Avvocati del Mister chiedevano danni pari a 100.000 euro. Il PM ne chiedeva 2.000 euro. Fate voi due calcoli. Morale, da leggere alla Boskov: uomini di calcio che finiscono in tribunale non sono uomini di calcio. Traduzione: salvo se ci sono offese pesanti sulle persone, addetti ai lavori che finiscono in tribunale per questioni calcistiche e tecniche sono davvero senza etica calcistica. Le botte (mediatiche) si prendono e si danno. Io le botte, quelle vere, le ho prese all'Ata Hotel, sede del calciomercato. Era l'ultimo giorno di mercato ed Enrico Fedele mi rifilò uno schiaffone davanti a 50 testimoni per un mio editoriale contro Fabio Cannavaro. Avrei potuto denunciarlo, chiedere danni morali e fisici. Inizialmente lo feci, poi ho incontrato Fedele che potrebbe avere l'età di mio padre e ho tolto tutto. Nel calcio sono cose che possono capitare e da uomini si risolvono. Oggi Fedele mi scrive e io gli scrivo. Tutto si risolve in questo mondo. Faccio un esempio: il Direttore del Bologna, Bigon, o l'allenatore Marco Giampaolo negli anni sono stati i miei bersagli preferiti. Calcisticamente li ho sempre martellati. Critiche anche dure. Bigon ha sempre incassato da signore e mai ha chiamato giudici o avvocati. Si è dimostrato uomo di calcio e ha capito di che mondo fa parte. Questione di cultura... calcistica. Un augurio ad Aglietti: che la difesa in campo sia più solida di quella fuori dal campo.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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