Il pareggio di Mario Pasalic, al novantesimo della partita contro la Salernitana, non può essere che un pannicello caldo per un'Atalanta che cullava sogni di gloria e ora sembra sgretolarsi sempre di più. Diciannove punti in diciassette partite, dalla sconfitta contro la Roma di metà dicembre in poi. C'era chi, giustamente o meno, sognava lo Scudetto dopo l'inizio migliore di Gasperini a Bergamo: quest'anno i nerazzurri non hanno mai entusiasmato come gli anni passati, nemmeno all'inizio, andando a rilento al Gewiss (solo quattro partite vinte in campionato) ma faticando praticamente con tutti gli avversari. Vincere a Torino con la Juventus e a Napoli sono scalpi da festeggiare, ma la realtà è che la piazza sognava. Ne aveva ben donde: due finali di Coppa Italia, tre terzi posti consecutivi, un mercato con moltissimi soldi spesi mentre gli altri arrancavano.
Quali sono stati i punti focali di un'annata che ora appare quasi fallimentare? Perché se è vero che in una situazione normale il settimo posto sarebbe visto come un successo (come spiegato dallo stesso tecnico riprendendo a esempio il secondo anno del suo regno, quello del sedicesimo con il Borussia Dortmund) dall'altro le premesse erano molto diverse. L'Atalanta era l'unica ad avere una situazione economica florida e che poteva spendere, cercando di migliorare un undici già molto competitivo.
La difficoltà del gruppo.
Bisogna partire sicuramente da lontano, perché se è vero che il Covid ha colpito duramente le casse di tutte le squadre italiane, l'Atalanta rappresentava un'isola felice. Fatturati sempre in crescita, plusvalenze spalmate magistralmente negli anni, flusso di cassa. Ma l'Atalanta fa parte di una holding con altre società in vari settori, dal retail al food. Odissea (di cui fanno parte Kiko e Starbucks, fra le altre) ha perso milioni e milioni di fatturato, con il club nerazzurro che faceva da contraltare positivo. Fino a un certo punto però. Ed è per questo che a fine settembre Banca Intesa ha avuto un mandato a vendere per il club, portando varie alternative sempre rifiutate. Fino all'arrivo di Stephen Pagliuca con il suo gruppo che ha portato circa 300 milioni di euro in cassa: un affare per tutti perché i Percassi rimangono comunque legati a doppio filo (e possono mettere veti su questioni di capitale importanza) ma anche perché di fatto una cessione sanava tutti i possibili debiti e garantiva l'operatività di tutto il gruppo. Impossibile pensare che almeno dal punto di vista manageriale questo non abbia influito e non ci sia stato un lieve distacco da quelle che sono le questioni di campo.
Meglio di un'azienda.
I Percassi però sono stati straordinari negli ultimi anni. Hanno tenuto bassi i costi, contenuto gli ingaggi, continuando a raggiungere risultati che nel 2015 - per l'inerzia che aveva preso l'Atalanta - erano praticamente impensabili. Sfruttando i diritti televisivi, le campagne internazionali, ma anche il coraggio e la bravura di Gasperini nel lanciare giovani e meno giovani, trovando plusvalenze qualsiasi cosa toccasse. Gasp è stato una sorta di Re Mida per chi è passato da Bergamo negli anni ed è cresciuto: da Kessie a Romero, Gagliardini o Conti, Spinazzola o Caldara. Dove nessuno riesce, cioè guadagnare da una squadra di calcio, la famiglia Percassi ha fatto crescere il proprio capolavoro.
I tifosi contro la società.
Nei migliori anni - senza nessuna discussione - dell'Atalanta in Serie A ed Europa, in estate a Zingonia era apparso uno striscione di avvertimento firmato Animal Kingdom. "Abbonamenti, amichevoli, mercato. Perca$$i non sbagliare, c'è una città da rispettare". Se è vero che con il Covid era difficile capire quale potesse essere la situazione per gli abbonati, dall'altro c'è stata una scollatura che non si era quasi mai verificata negli anni di Gasperini, anzi. L'Atalanta è stata sempre molto "popolare" con i biglietti, quest'anno con la Champions assolutamente no, tanto che con gli Young Boys (ma non solo) la tribuna centrale - con prezzi proibitivi - era terreno di conquista. Addirittura 180 euro per la Tribuna Rinascimento, quella opposta, per le sfide con Villarreal e Manchester United. Molti i disguidi e le incomprensioni, con la società che spesso è mancata nel comunicare le proprie intenzioni. Così ogni decisione (anche il mini-abbonamento per le ultime quattro) si è rivelata a doppio taglio, con moltissime polemiche, forse anche esagerate. In questo quadro la Curva Nord si è sciolta il 14 settembre del 2021 con un comunicato e per qualche mese il cuore pulsante del Gewiss è rimasto, di fatto, ammutolito.
Quattro vittorie in casa.
L'entusiasmo in Coppa - vittorie con Young Boys, Olympiacos e Bayer Leverkusen, pareggio con il Manchester United - non si è riversato mai in campionato. La squadra di Gasperini in casa ha avuto moltissimi problemi a vincere, sin da subito, perdendo contro Milan e Fiorentina. Solo quattro vittorie su diciotto, un bottino magrissimo per chi vuole puntare all'Europa, sia essa la Champions che la Conference. Per un periodo l'Atalanta è stata la migliore squadra fuori casa, quando è calata ha avuto un rendimento da salvezza. Può essere un problema tattico? Con il Lipsia di Tedesco si sono mostrate tutte le lacune atalantine: con una squadra che ha giocato all'italiana, che ha abbassato il baricentro e puntato sulla velocità degli attaccanti (Nkunku, Andre Silva, Dani Olmo e Laimer) sono arrivate di fatto zero occasioni pericolose. C'era probabilmente un rigore non ravvisato da Lahoz, ma questo è un fil rouge (e un fattore) soprattutto in campionato. La sensazione è che la mancanza di fantasia e soprattutto l'inerzia del gioco abbia dato agli avversari la possibilità di adattarsi e di studiare, fino a prendere contromisure.
Il caso Gomez.
Potrebbe sembrare pretestuoso ritornare su un caso di un anno e mezzo prima, ma è giusto anche ricordare quel che è successo contro il Midtjylland e tutte le ripercussioni che sono state generate. Il rifiuto dell'argentino di spostarsi sulla sinistra a richiesta del tecnico, il pasticciaccio brutto brutto negli spogliatoi (dove non sono volate solo parole), l'impuntarsi del capitano di volere le scuse di Gasperini dopo avere ammesso la propria colpevolezza di fronte ai Percassi. Non c'è stato un vincitore in quel caso, così come non c'era chi avesse completamente ragione. Ma è evidente che in quel momento la società si è schierata, comprensibilmente, con chi aveva portato fino a giocarsi un quarto di finale di Champions League, oltre ad avere passato nuovamente il girone vincendo ad Amsterdam contro l'Ajax. Gomez via (a Siviglia, con Copa America vinta in estate) e Gasperini confermato, che arriva un'altra volta terzo e in finale di Coppa Italia. C'è stato anche il pensiero che la nuova Atalanta fosse anche più forte della precedente, perché più equilibrata con Pessina. Di più: sembrava che il problema del rinnovamento potesse essere sopravanzato facilmente, visto che Gomez invecchiando poteva essere una figura ingombrante.
Sfortuna Ilicic e il tempo che passa.
In quel periodo lo sloveno era in ripresa, salvo poi avere nuovamente problemi all'inizio di quest'anno. Così l'Atalanta dopo avere perso Gomez ha salutato anche l'altro grande interprete delle sue fortune. Ilicic con l'imprevedibilità e l'estro cambiava le partite, ma a fallire è stato anche il rinnovamento. Miranchuk per due stagioni non ha fatto la differenza - a gennaio voleva andare a giocare - mentre Pessina ha vissuto un'involuzione. Malinovskyi gioca a corrente alternata, seppur sia uno dei migliori, Muriel alterna grandi giocate a momenti sonnolenti. Boga e Mihaila finora non ravvisati, per un periodo non c'è stato nemmeno Zapata (ma ci torneremo più avanti). Il problema, oltre alla mancanza di un Gomez che si è fatta sentire, è che tutta la squadra è più vecchia di un anno. Da Toloi a Palomino, passando per Djimsiti, Freuler e De Roon, oppure Hateboer, lo stesso Zapata e Muriel. I cicli finiscono anche per mancanza di rinnovamento.
Questione Musso ed esterni.
Il 2021 è stato un anno di svolta, dall'inizio alla fine. Perché Gasperini ha chiesto chiaramente di avere un portiere che potesse finalmente risolvere il dualismo fra Gollini e Sportiello, cedendo uno se non entrambi. Il secondo però è cresciuto nel vivaio dell'Atalanta - e gli slot per gli stranieri erano già tutti occupati - mentre il primo non aveva la fiducia incondizionata del tecnico. Così Gollini è stato ceduto al Tottenham sfruttando i buoni rapporti avuti nell'affare Romero, mentre con un grande sforzo economico è arrivato Musso. Venti milioni di euro, una cifra altissima e che finora non ha reso come da attese. Tanto che oggi ha cambiato ufficialmente l'agente - da Montes a Lucci - e che potrebbe finire sul mercato con il rientro di Carnesecchi (altro dualismo?) mentre c'è da risolvere la grana Gollini, che piace a Fiorentina e Lazio. Si vedrà. Poi c'è la questione esterni: al netto delle parole di Percassi su Gosens nel momento della cessione all'Inter ("si meritava una grande") Hateboer voleva essere ceduto a gennaio per risolvere questioni personali, Pezzella ha dimostrato di non essere da grande squadra, Maehle ha subito un'involuzione abbastanza netta rispetto alle grandi prestazioni con la Danimarca. L'unico discreto è stato Zappacosta, comunque andato a corrente alternata. Da sottolineare i gol segnati dagli esterni: due in quattro, mentre negli anni passati erano un punto di forza.
Contrasti
Prima della cessione societaria c'è stato l'ingresso di Lee Congerton nel settore scouting, come responsabile dell'estero. È possibile che arrivi anche un italiano (D'Amico dal Verona?) ma è stato chiaro come Giovanni Sartori sia stato esautorato dopo sette anni straordinari (dal 2014 al 2021). Vero è che il dirigente nell'ultimo periodo influiva molto meno, perché Luca Percassi ha vissuto sempre di più un ruolo da attore protagonista, di fatto svolgendo in prima persona le trattative. Tranne per Koopmeiners, ultimo vero colpo portato dall'ex Chievo, probabilmente il migliore della stagione. Sartori nella scorsa estate aveva anche praticamente chiuso per Sven Botman, grande protagonista nel Lille. La convivenza tempestosa con Gasperini era latente - nemmeno troppo - da anni, la scelta è stata quella di dare maggior spazio all'allenatore che, comunque, ha sempre indicato profili e non nomi. "Squadra che vince non si cambia", era l'adagio imperante a Bergamo quando si parlava dell'equilibrio fra società, proprietà, allenatore e corpo tecnico.
Infortuni (e spogliatoio).
Altro aspetto critico di quest'annata sono stati i tanti problemi fisici dei calciatori. Toloi ha avuto più di una ricaduta, Gosens anche (con discussioni particolarmente accese con lo staff), Zapata idem. All'inizio della stagione era stata la difesa a essere bersagliata, poi è toccato all'attacco con il colombiano che si è fermato a lungo e che ieri ha mostrato tutta la stanchezza per avere accelerato il rientro. La sua assenza è stata anche la foglia di fico per giustificare una flessione nei risultati nella seconda parte della stagione, non c'è riprova di come sarebbe andata con lui in campo. Più in generale, anche qui "la squadra che vince" è stata cambiata all'inizio della stagione inserendo un nuovo responsabile, comunque non sempre presente a Zingonia. Questo ha portato, come dinamica contestuale, alle dimissioni volontarie del vecchio medico (Marco Bruzzone) in netto contrasto con la scelta. Non c'è riprova, nemmeno qui, di come sarebbe andata la stagione in altra maniera, come è quasi certo che ci sia una buona dose di sfortuna negli infortuni. È però stata una questione sul banco negli scorsi mesi, con un confronto diretto da parte di tutte le parti in causa.
Var e arbitri.
Nell'immenso calderone non vanno però dimenticate le tantissime scelte arbitrali discutibili. Perché se è vero che un calo di prestazioni c'è stato, dall'altro è pacifico che ogni possibile discussione è girata contro l'Atalanta. Dai fuorigioco - Palomino contro la Roma con l'autogol di Cristante, ma anche quello di Hateboer sull'eventuale pareggio di Firenze - alla gestione dei cartellini, oppure i possibili rigori non dati. "Quest'anno è stato un disastro", ha detto Gasperini. Non c'è nessun dubbio sia vero e sarebbe bello, anche qui, avere una riprova su come sarebbe andata la stagione con decisioni arbitrali pro e contro che alla fine si equilibravano. Non è stato così e sicuramente qualche punto in più o in meno all'appello manca, magari quelli che avrebbero confermato l'Europa League.
Legittima ambizione.
È impensabile però non dare a Cesare quel che è di Cesare. Perché è vero che nell'equilibrio tra società, proprietà e calciatori, se l'Atalanta è riuscita ad arrivare dove è arrivata finora il merito è ascrivibile per larghissima parte a Gian Piero Gasperini. Gli errori possono essere commessi da tutti, è bene riconoscerlo, ma l'ambizione dell'allenatore è stata quella che ha mosso il sole e le altre stelle, per dirla con parole di Dante. Senza la voglia di continuare a giocare per tutto, per vincere, difficilmente i nerazzurri avrebbero potuto essere un fattore nella cartina internazionale. Ora l'Atalanta è un prodotto, un brand, ma anche un nome nel calcio internazionale. Non ha ancora vinto niente, il suo palmares è fermo al 1963, ma bisogna farci i conti a ogni estate. Non è un'epopea migliore di quella del Leicester, perché vincere una Premier è irripetibile. Ma la distanza è davvero corta e Gasperini, con la sua genialità e sregolatezza, ne è stato il principale artefice.
E ora?
La situazione rischia di essere molto più complicata di quanto si possa notare sulla carta. Rischiano tutti, dai calciatori ai dirigenti, passando per lo stesso Gasp e molto dipenderà dal finale di stagione. Ieri c'è stata anche una battuta del tecnico, non colta dagli addetti ai lavori. Ma è vero che l'idea Ivan Juric ci sia, eccome, anche da parte della società sebbene poi in questo momento non si capisca esattamente chi sia deputato a fare una scelta del genere. I Percassi? Gli americani? In quest'estate non è previsto un valzer degli allenatori, Gasperini percepisce più di 3 milioni di euro a stagione e ha un contratto fino al 2024, con opzione per il 2025. È francamente difficile pensare a una rivoluzione copernicana, ma poi la realtà supera la fantasia, figuriamoci la normalità. In caso di permanenza di Gasp ci sarà un totale stravolgimento nella rosa, con tutti i senatori a rischio (pure chi ha contratto lungo) e l'idea di rinnovare fortemente, con giovani che Congerton dovrà eventualmente portare a Bergamo (c'è qualche profilo inglese particolarmente appetito). Tutto questo sotto il giudizio di Stephen Pagliuca, che ha parlato più del Chelsea in dieci giorni che dell'Atalanta in due mesi e mezzo.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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