C’è un filo rosso e blu che unisce le strade di Ivan Juric e Raffaele Palladino. Un filo che parte dalla Liguria, dai tempi in cui il Genoa di Gasperini infiammava il Ferraris con il suo calcio spregiudicato e moderno, e arriva oggi a Bergamo, dove la Dea prova a ricominciare proprio con un altro figlio della scuola “gaspersoniana”. Tra Juric e Palladino non c’è solo rispetto reciproco, ma un’amicizia costruita in campo, cementata negli anni e ora costretta — dal destino — a trasformarsi in continuità tecnica e discontinuità di metodo.
GENOA, L’INIZIO DI TUTTO - Dal 2008 al 2010, Juric e Palladino furono compagni di squadra al Genoa. Giocarono insieme 39 partite tra campionato, Coppa Italia ed Europa League, condividendo oltre 2.000 minuti sotto la guida di Gian Piero Gasperini, l’uomo che oggi rappresenta l’origine di un’intera generazione di allenatori italiani.
All’epoca, Juric era il guardiano del centrocampo, il braccio operativo del Gasp in mezzo al campo, il mediatore tra pensiero e movimento. Palladino, invece, incarnava l’estro: esterno creativo, libero di inventare, dribblare e accendere la manovra. Due anime opposte ma complementari, fuse nello stesso sistema, quello che avrebbe cambiato per sempre il modo di intendere il calcio a Genova e poi a Bergamo.
DA GIOCATORI AD ALLENATORE E ALLIEVO - Nove anni di differenza separarono i due anche nel successivo incrocio delle loro carriere - descrive La Gazzetta dello Sport -. Quando Juric iniziò la sua avventura in panchina, Palladino era ancora giocatore. Tra il 2015 e il 2018, l’allenatore croato lo ritrovò prima al Genoa e poi al Crotone, dove i due condivisero un altro capitolo importante. In Calabria arrivò una promozione storica in Serie A, figlia di sacrificio e determinazione, con Juric in panchina e Palladino leader silenzioso in campo. Lo stesso Palladino, in un’intervista del dicembre 2022, ricordò quel periodo con affetto e onestà: «Quando andai a Crotone con Juric in panchina, ero molto amico di Ivan. Ma in quel momento serviva un po’ di distacco, pur restando amici».
Un legame saldo, nato sul campo e consolidato nella stima reciproca, anche quando i ruoli cambiarono e la distanza generazionale si fece sentire.
DALLE ORIGINI COMUNI A ZINGONIA - Oggi le loro carriere si riallacciano idealmente, anche se su strade opposte. Juric lascia, Palladino arriva. E lo fa in una Bergamo che porta ancora l’impronta inconfondibile del maestro comune, Gian Piero Gasperini. L’Atalanta cerca una rinascita dopo settimane difficili e Raffaele Palladino, pur provenendo da quella stessa scuola tattica, sa di dover cambiare prospettiva. Portare a Zingonia un modo diverso di lavorare, più in linea con la nuova generazione di tecnici: gestione umana, flessibilità tattica, attenzione al dettaglio e capacità di leggere le partite in modo meno dogmatico.
AMICIZIA E DISCONTINUITÀ - Il legame tra Juric e Palladino resta forte, nato tra Genova e Crotone, forgiato da esperienze comuni e da un linguaggio calcistico condiviso. Ma oggi, a Bergamo, quella connessione diventa simbolica: il passato che lascia il posto al futuro. Juric, l’allievo fedele del Gasp, ha faticato a trovare la sua dimensione nella Dea; Palladino, l’allievo più giovane, arriva con la missione di riaccendere il fuoco in una squadra che sembra aver smarrito la propria anima.
A unirli resta la stessa passione per il calcio coraggioso e verticale che li aveva fatti incontrare in Liguria. Ma adesso, per l’Atalanta, serve qualcosa di diverso. E a Palladino spetterà l’impresa più difficile: cambiare strada senza rinnegare le radici.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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