10 novembre, San Leone Magno. Una data che per Ivan Juric ormai suona come una condanna, non come una celebrazione. Nel 2024, la Roma lo licenziò dopo il 2-3 interno col Bologna; nel 2025, è toccato all’Atalanta, crollata 0-3 in casa con il Sassuolo. In mezzo, un’altra parentesi da dimenticare: quattro mesi tormentati al Southampton, chiusi con una retrocessione annunciata. In dodici mesi, Juric ha visto sgretolarsi ogni certezza: tre panchine, tre progetti, tre fallimenti. Un destino che ha qualcosa di crudele per un uomo che ha sempre vissuto il calcio come un atto di coerenza e di fede.

DAL METAL AL CALCIO AGGRESSIVO - Figlio di un professore di lettere classiche all’università di Spalato e con una passione per il death metal, Juric non è mai stato un allenatore convenzionale. A Verona coltivava fragole nell’orto, cucinava alla mensa dei poveri e parlava di filosofia e pressing con la stessa intensità. Un personaggio che spaccava le abitudini del calcio italiano, uno di quelli che non scende a compromessi.
Ma la sua idea di gioco, quella visione aggressiva e verticale che aveva illuminato il Verona e convinto dirigenti e tifosi, negli ultimi dodici mesi si è trasformata in un boomerang. Alla Roma e a Bergamo ha provato a essere sé stesso, senza adattarsi. Il problema è che il calcio – e gli spogliatoi – a volte non perdonano la purezza.

DUE 10 NOVEMBRE DA INCUBO - C’è un filo sinistro che lega le sue due esperienze italiane: stesso giorno, stesso esito, stessa beffa.
Nel 2024, a Roma, l’addio arrivò dopo tre gol subiti in casa da una squadra emiliana (2-3 col Bologna). La società pubblicò il comunicato dell’esonero mezz’ora dopo il fischio finale: era tutto pronto. Un anno dopo, il copione si ripete: tre gol subiti a Bergamo contro il Sassuolo e un altro addio, lo stesso giorno. Le coincidenze non finiscono qui. In entrambe le esperienze - scrive La Gazzetta dello Sport -, Juric era stato scelto per rilanciare una squadra ambiziosa e aveva dovuto convivere con l’ombra di un predecessore amatissimo — De Rossi prima, Gasperini poi. E in entrambe, dietro di lui, la figura di un dirigente che lo aveva voluto: Lina Souloukou a Roma, Tony D’Amico a Bergamo.

IL FLIRT FALLITO CON L’INGHILTERRA - In mezzo, una parentesi inglese da cancellare. Al Southampton, chiamato per una missione disperata, ha raccolto 2 vittorie, un pareggio e 13 sconfitte. Il club era già in caduta libera, ma Juric non è riuscito a invertire la rotta. Il finale, tra malinconia e ironia, lo hanno scritto i tifosi, che nei minuti finali delle partite intonavano: «Que sera, sera… whatever will be, will be. We are going to Coventry». Sarà quel che sarà: andremo in Championship. Retrocesso con sette giornate d’anticipo, primato negativo per la Premier League moderna, Juric tornò in Italia per l’occasione più grande: l’Atalanta in Champions. Ma anche quella si è trasformata in un’illusione.

I NUMERI DELLA CADUTA - Il bilancio dell’ultimo anno è impietoso.

Roma (53 giorni): 4 vittorie, 3 pareggi, 5 sconfitte.
Southampton (100 giorni): 2 vittorie, 1 pareggio, 13 sconfitte.
Atalanta (115 giorni): 4 vittorie, 8 pareggi, 3 sconfitte.

Qualche lampo, sì — la partenza incoraggiante con la Roma, o il momento in cui la sua Atalanta era una delle due imbattute d’Europa, insieme al Bayern — ma poi sempre lo stesso copione: crollo verticale e esonero inevitabile.

Alla Roma è stato il peggior allenatore per media punti degli ultimi vent’anni; in Inghilterra ha stabilito il record di retrocessione più precoce; a Bergamo è stato travolto dal fantasma di Gasperini e dai fischi della New Balance Arena.

DUE FANTASMI E UN DESTINO - Oggi Juric è un uomo in bilico tra rimpianto e disillusione. Dietro di lui, due fantasmi che non lo lasciano in pace.
Il primo è Gasperini, il suo maestro, la figura che lo ha formato e che ora lo perseguita come termine di paragone costante: alla Roma e all’Atalanta, il nome di Gasp aleggiava come un mantra irraggiungibile. Il secondo è Raffaele Palladino, colui che ha segnato simbolicamente l’inizio e la fine di questa spirale. C’era Palladino sulla panchina avversaria il 27 ottobre 2024, Fiorentina-Roma 5-1, la partita che fece traballare tutto. C’è Palladino oggi, pronto a sedersi sulla panchina dell’Atalanta al suo posto.

L’UOMO E IL PERSONAGGIO - Forse il problema non è il calcio, ma il contesto. Juric è un idealista, un uomo diretto, incapace di fingere. Ha cambiato abiti — camicia, polo, T-shirt, felpone — ma non pelle. Il suo mondo è quello del campo, del contatto, del sacrificio. Non quello dei compromessi e delle diplomazie. Il suo anno nero si chiude con un’amara costante: ogni volta che ha provato a restare fedele a sé stesso, il calcio lo ha tradito.

Il 10 novembre sarà per sempre la sua data maledetta. E chissà se, la prossima volta che si sveglierà quel giorno, Ivan Juric troverà un motivo per credere che anche i cicli più bui, prima o poi, finiscono.

Sezione: Rassegna Stampa / Data: Mar 11 novembre 2025 alle 07:30
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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