L’Atalanta cambia guida, ma non tradisce del tutto le proprie radici. Dopo l’era Juric, la Dea si prepara a una nuova interpretazione del verbo “gasperiniano” con Raffaele Palladino, erede spirituale più dolce e sofisticato del calcio d’attacco che ha segnato l’ultimo decennio a Bergamo. Non sarà un ribaltamento, bensì un’evoluzione: meno istinto e più razionalità, meno uomo contro uomo e più armonia collettiva. L’idea è quella di conservare l’intensità, ma con un’impronta più avvolgente, meno verticale e più legata alla gestione del pallone.
DAL GASP ALL’IBRIDO – Palladino arriva con una filosofia tattica più duttile rispetto ai suoi predecessori - descrive La Gazzetta dello Sport -. Se Juric rappresentava la versione più rigida dell’allievo fedele, legato alla marcatura a uomo e al pressing feroce, l’ex tecnico di Monza e Fiorentina incarna l’ibrido moderno: la compattezza di chi difende con ordine e la creatività di chi costruisce con calma. La nuova Atalanta rinuncerà probabilmente a qualche metro di campo in fase di non possesso, ma guadagnerà in fluidità, alternando momenti di pressione a un blocco medio-basso capace di ripartire con logica e precisione.
IL CAMBIO DI RITMO – Palladino non è ossessionato dall’aggressione a tutto campo. Le sue squadre, come visto a Firenze, sanno abbassare il baricentro senza perdere equilibrio, con un sistema più orientato alla copertura di zona che al duello individuale. La Dea, abituata a vivere di corsa e contrasti, dovrà imparare a respirare, a riconoscere i tempi giusti dell’attesa. L’obiettivo sarà un pressing più mirato, una transizione meno forsennata ma più lucida: un cambio di ritmo che potrebbe restituire energia mentale a una squadra spesso logorata dalla propria intensità.
ATTACCO PIÙ VARIO – Dove si noterà maggiormente la mano di Palladino sarà nella fase offensiva. Al Monza aveva costruito un gioco fitto di triangolazioni e movimenti coordinati, con esterni e trequartisti sempre coinvolti nel fraseggio corto. Alla Fiorentina, invece, aveva adattato le sue idee a un organico più fisico, semplificando la manovra e puntando sulla verticalità immediata. A Bergamo potrebbe nascere una sintesi delle due anime: Scamacca e Krstovic avranno il compito di catalizzare il gioco, ma con una rete di appoggi intorno fatta di De Ketelaere, Lookman e Pasalic pronti a interscambiarsi nei corridoi interni. Meno assalti frontali, più variabilità e imprevedibilità nelle scelte.
UN SISTEMA PLASMABILE – Il 3-4-2-1 resterà la base, perché la rosa è costruita per quel tipo di struttura. Ma Palladino non è prigioniero dei numeri: il suo calcio è elastico, pronto a mutare in base agli avversari e ai momenti della partita. Dal 4-4-1-1 più equilibrato di Firenze al 3-5-2 o al 4-2-3-1 visto nei momenti di maggior spinta, il tecnico napoletano ha già dimostrato di saper leggere le necessità e modellare la squadra di conseguenza. La nuova Dea sarà camaleontica, ma sempre riconoscibile per ritmo, compattezza e qualità nel palleggio.
UNA DEA PIÙ “UMANA” – L’Atalanta che nascerà con Palladino non vivrà più solo di impeto e transizioni. Sarà una squadra più empatica, capace di gestire l’adrenalina senza sprecarla, di imporre il proprio gioco con intelligenza più che con furore. Un’evoluzione naturale per un club che non vuole rinnegare il proprio passato, ma imparare a guardare più lontano.
L’eredità di Gasperini e Juric non verrà cancellata, ma reinterpretata. Con Palladino, Bergamo potrebbe ritrovare una Dea meno frenetica, ma altrettanto ambiziosa: una squadra che difende respirando e attacca ragionando, più matura, più elegante, ma sempre fedele al suo spirito.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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