Un'opera d'arte degna di restare a sempiterna memoria nel museo del pallone. La partita dipinta di Pep Guardiola i Sala al City of Manchester Stadium davanti al Golia del calcio internazionale, il Real Madrid, è uno dei più grandi capolavori di tattica dei nostri tempi. Via la corona, via la nobiltà, Carlo Ancelotti e i suoi stellati calciatori hanno deposto le armi e onorato una squadra che ha suonato una musica sentita poche volte prima in un teatro del pallone. Una piecé che porta l'allenatore catalano a un passo dall'eterno trono del più grande tecnico della storia del calcio. E non s'adiri chi crede che lo abbia saputo fare solo grazie ai miliardi, "perché così son tutti bravi". Perché così non è riuscito a nessuno prima, così bene, così bello, così con quel senso di completezza per occhi, cuore e anima.
Il Tiki Taka si è fermato a Barcellona
Non c'è nel Manchester City, che sfiderà da grande favorito anche se del calcio non v'è mai certezza l'Inter di Inzaghi in finale Champions, un giocatore che non sappia che cosa deve fare. In ogni situazione. Guardiola non ha saputo solo rinnovarsi ogni anno, ha saputo innovare. Chi crede che il calcio dei Citizens sia identico al Tiki Taka del suo Barcellona, ha due strade: o non ha mai davvero visto entrambe le formazioni o l'analisi tattica è probabilmente un altro mestiere rispetto a quel punto di vista. City e Barça sono due animali mai visti prima, due tigri bianche che hanno squarciato il pallone in due. La sua avventura al Bayern Monaco è stata la terra di mezzo, quella dove ha iniziato a segnare un'altra era. Quella della fine del calcio posizionale, e l'Adamo e l'Eva di questo nuovo corso è stato sempre Josep da Santpedor.
Guardiola ha aperto una nuova era nel calcio: il capolavoro Stones
Il calcio posizionale è destinato a finire. Resterà ancora per un decennio e forse più, perché chi ora sta per appendere le scarpe al chiodo è magari cresciuto con filosofie a un pallone di fine novecento. Il terzino che fa il terzino, l'attaccante che fa l'attaccante, l'orchestra funziona solo se parliamo di 'fase difensiva e fase offensiva' ma poi 'a ciascuno il suo'. La partita di John Stones contro il Real Madrid, per citare un esempio del nuovo corso di Guardiola a Manchester, ma in passato pure Philipp Lahm al Bayern Monaco come apripista, adesso anche Manuel Akanjii e Bernardo Silva, è un film degno di Oscar. Volendoci aggrappare a schemi oramai ancorati a un presente nel quale non vive più Pep Guardiola, il Manchester City ha giocato con il 3-2-4-1. Solo che il braccetto di sinistra Akanjii ha fatto il terzino, il braccetto di destra Walker nasce terzino, il mediano Stones ha navigato tra Ederson e Haaland, allargandosi sulla destra sulle mattonelle di Bernardo Silva. De Bruyne ha preso possesso di tutta la metà campo avversaria, a far pressing erano tutti, negli ultimi trenta metri. Dicevamo di Stones: la heatmap è impressionante. Si 'scalda' sul centro-centro destra dal cerchio di metà campo fino all'area di rigore del Madrid. Mostra che ha giocato tanti palloni da pivot in mezzo ai due centrali e che è andato anche (in occasione del gol di Silva del vantaggio, per esempio) a giocarla all'altezza della bandierina destra avversaria. Ha toccato la bellezza di 70 palloni con il 93% di passatti accurati e pur giocandone così tanti, non ha mai cercato il dribbling. Via il pallone, si attacca lo spazio, a saltar l'uomo ci pensano gli altri.
Rivoluzionario ed eterno
Ecco perché Guardiola sarà eterno. Perché ha preso il modello olandese di Rinus Michels, il vero grande rivoluzionario del calcio che fu, calcio che a Barcellona è stato importato da Johan Cruyff. Che detto per inciso ha cambiato il modo di intendere il calcio da giocatore, da allenatore e da dirigente. Un visionario, che ha scelto l'uomo giusto, Frankie Rijkaard, per dare il là a una rivoluzione che Guardiola ha sublimato e perfezionato con l'avvento del Tiki Taka. L'orchestra perfetta al servizio di Lionel Messi, Lionel Messi al servizio dell'orchestra perfetta. C'è stato un prima e un dopo Guardiola, il calcio che c'era e il calcio che è arrivato dopo questa rivoluzione. Il sublime applicato al risultato, 32 trofei (ora punta al Treble stagionale...) non mentono, che è durato a lungo. In Baviera ha trovato terreno fertile per vincere e cambiare, al Manchester City altrettanto ma scontrandosi poi con una realtà. La Champions era diventata all'improvviso una chimera. L'ultima è riuscito a vincerla tredici anni fa e gli immortali si riconoscono spesso non solo per le rivoluzioni ma anche per le medaglie al petto. Per questo Guardiola è a una sola finale dall'essere il miglior allenatore di tutti i tempi. Non perché questa ne intacchi il valore, la capacità di aver cambiato il calcio che conosciamo e che vivremo per decenni da qui in avanti. Ma perché vincere è un'altra cosa che conta tanto. Per questo per Simone Inzaghi e la sua Inter, farlo sarebbe qualcosa di epico, indimenticabile.
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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