Luciano Spalletti questa sera a San Siro guiderà la Nazionale in una partita fondamentale nel cammino verso Euro 2024. Sarà per lui solo il secondo match alla guida dell'Italia tre giorni dopo l'esordio, eppure i sorrisi e i volti distesi di una presentazione distante solo 10 giorni sembrano lontani settimane, mesi.
Quella di oggi sarebbe stata una gara decisiva anche in caso di vittoria a Skopje. Eppure quel secondo tempo, contro una Nord Macedonia che fino al gol di Immobile non sembrava avere armi diverse dal contropiede, ci ha di nuovo fatto sprofondare in un mare di dubbi e fatto capire che no, non era un Mancini a fine corsa il problema principale dell'Italia.
Spalletti è l'ultimo dei colpevoli per la situazione attuale, ma non dovessimo qualificarci all'Europeo verrà etichettato tra qualche mese come il primo dei responsabili. Anche se è arrivato in corso d'opera, anche se il suo insediamento nel bel mezzo delle ferie estive ha evitato il collasso.
Spalletti oggi è l'allenatore che ha vinto lo Scudetto in bello stile ma noi siam gente di memoria corta. Ha stravinto un campionato che ha raccontato una storia a senso unico e ha portato in trionfo un Napoli che non era certo abituato a vincere. Il coronamento di una grande carriera che poteva a quel punto progredire solo con qualcosa di molto diverso ma anche di più prestigioso. E cosa c'era di meglio del ruolo di commissario tecnico della Nazionale? Il ruolo giusto al momento giusto. Ecco a cosa ha pensato Spalletti quando a Ferragosto, dopo il passo indietro di Mancini, non ha esitato due volte a dire sì alla panchina più ambita. Anche a costo di dover dare quasi tre milioni di euro al suo ex presidente dovesse il Collegio Arbitrale dargli torto. Senza pensare al momento storico di una Nazionale che è figlia di risultati sul campo ma anche di decisioni dall'alto. Figlia di momenti vissuti da quella Federazione che oggi vede Gabriele Gravina al suo comando, ma tra un anno chissà.
Rieletto presidente della FIGC nel febbraio 2021 dopo esser stato eletto per la prima volta nell'ottobre 2018, Gravina è il presidente che subito dopo la conferma ottenuta con risultati plebiscitari ha rinnovato il contratto di Mancini fino al 2026 e poi ha vinto l'Europeo. E' però anche il presidente che, nove mesi dopo la festa di Wembley, si è presentato per primo nella sala stampa del Renzo Barbera di Palermo per commentare la mancata qualificazione al Mondiale e, soprattutto, per ribadire la fiducia in Roberto Mancini. Convince il ct a restare anche perché, se il Mancio avesse fatto un passo indietro, poi sarebbe toccato a lui...
Da ablissimo politico, da quel momento in poi comincerà a parlare di riforme e di rinascita. Di calcio italiano da ridefinire, di format dei campionati da ristrutturare. Intenzioni lodevoli e belle parole a cui, però, non hanno fatto seguito i fatti. Perché la cronaca nei mesi successivi ha raccontato di un calcio italiano sempre uguale a sé stesso. Perché c'è sempre stato un ostacolo troppo alto da scavalcare, perché c'è sempre stata una urgenza che ha distolto l'attenzione da ciò che era davvero necessario.
Torniamo così a questa estate. Roberto Mancini che fa un passo indietro nove giorni dopo aver ricevuto nuovi poteri nel progetto Azzurro costringe Gravina a mettere sotto contratto Luciano Spalletti. E' fin da subito la prima scelta del Presidente, è il nome scelto per chiudere in fretta una pagina triste del nostro calcio. Con la Federazione il nuovo commissario tecnico firma un contratto di tre anni, ma a differenza di Mancini non dovesse riuscire nella qualificazione non avrebbe alcun alto grado a proteggerlo.
Non lo avrebbe perché, come spiegato, oggi il contesto è diverso: il 2024 sarà l'ultimo anno di Gravina presidente e un altro fallimento dopo quello del 2022 lo costringerebbe a un passo indietro immediato prima di nuove elezioni. A quel punto ci sarebbe un nuovo Presidente, o un nuovo Commissario fino a nuove elezioni, ed è difficile pensare che chiunque sarà chiederà consensi puntando su un ct che ha appena fallito la qualificazione all'Europeo.
Visto che la situazione è grave ma non è seria è questo scenario che va preso in considerazione. Ma Spalletti, abile navigante, ha ancora la possibilità di trascinare il destino dalla sua parte già a partire dalle prossime ore. Tre punti stasera a San Siro equivalgono alla conquista del secondo posto con una gara in meno rispetto all'Ucraina, un successo a Milano vorrebbe dire - quasi certamente - presentarsi a novembre al match di ritorno con due risultati su tre a disposizione. E' una vittoria da conquistare a tutti i costi perché pareggiare, al contrario, ci imporrebbe la vittoria nell'ultima giornata oltre a quelle contro Malta e Nord Macedonia. C'è poi la terza possibilità, lo scenario a cui nessuno vuol pensare. Una sconfitta ci allontanerebbe quasi definitivamente dal secondo posto: a quel punto anche vincere le ultime quattro - partita in Inghilterra compresa - potrebbe non bastare per agguantare la seconda posizione.
Per nostra fortuna, anche quest'ultimo scenario non ci escluderebbe del tutto dal discorso qualificazione. Per nostra fortuna, il cammino in Nations League negli ultimi anni è stato decisamente buono e proprio la nostra presenza alle finali di giugno ci dà la certezza di partecipare agli spareggi di marzo a prescindere da come andranno le prossime cinque partite. Non sarebbe una bella situazione, Palermo insegna, ma è comunque un'ultima e disperata ancora di salvataggio per evitare di far saltare un altro ciclo azzurro mentre sta muovendo i suoi primi passi.
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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