Bergamo mormora sempre di più, dopo quattro punti nelle ultime sei partite e, soprattutto, una lunga pausa che pare abbia acuito i problemi invece che ridare serenità all'ambiente. Questo perché l'Atalanta non gira più, vince con grande difficoltà, i gol degli attaccanti latitano, Muriel e Zapata non incidono, la retroguardia balla il tango dopo un inizio ottimo. Ma quali sono i problemi che attanagliano una squadra che è arrivata tre volte consecutivamente in Champions League e che da inizio 2022 non riesce ad avere pace?
INFORTUNI
L'analisi deve partire dalla prima parte della scorsa stagione, quando l'Atalanta è vicina alla vetta della classifica. I nerazzurri avevano vinto a Napoli, lanciandosi a tutta forza verso il primo posto. Poi arrivano la sconfitta con la Roma e il pari contro il Genoa, minando certezze prima della pausa invernale. Se dal lato sportivo le cose andavano comunque bene, c'era già un problema dettato dagli infortuni, perché Robin Gosens - giocatore chiave nei meccanismi nerazzurri - subisce una ricaduta il 29 novembre, nello stesso punto del 30 settembre precedente. Toloi si fa male a metà ottobre, rientra dopo 12 giorni, si rifà male 3 giorni dopo per stare fuori un altro po': più sostituibile di certo, ma pur sempre uno dei titolari di quella squadra.
Chi invece non è sostituibile è Duvan Zapata, che si fa male contro il Genoa il 21 dicembre, per un infortunio che solitamente tiene fuori almeno due mesi. Di fatto la sua stagione finisce lì, anche se dopo quarantasei giorni rientra contro il Cagliari, gioca 12 minuti, rifacendosi male sempre nello stesso punto. Ceduto Piccoli, Muriel - che a gennaio era scontento e voleva la cessione visto il minutaggio precedente - è confermato e può avere più spazio, ma non c'è neanche un'alternativa, perché la scelta è quella di non puntare su Diego Costa. Legittimo, ma se l'Atalanta non centra nemmeno la Conference League è per un ruolino da salvezza nella seconda parte di stagione.
RIVOLUZIONE SOCIETARIA
A dicembre arriva la notizia che Lee Congerton sarebbe stato il nuovo direttore sportivo dell'Atalanta, anche se poi lo diventa solo per la parte estera. Di fatto è una scomunica a Giovanni Sartori, mal sopportato da Gasperini nel corso degli anni. La dinamica è uguale a quella che qualche anno prima aveva portato all'addio di Pierpaolo Marino: un anno di coabitazione e poi saluti e baci, qui i mesi sono meno. A posteriori si può dire che fosse propedeutico per l'entrata della cordata americana: la cessione diventa ufficiale a metà febbraio, per una cifra vicina ai 300 milioni di euro. "Sarà per un'Atalanta più forte", grida Percassi. Sarebbe bello sapere anche cosa ne pensa Pagliuca tramite una conferenza stampa, visto che non ne ha mai fatta una: probabilmente non ci sono traduttori validi.
Al timone rimangono la Famiglia, così da garantire una continuità amministrativa e calcistica che ha avuto risultati straordinari, mentre gli americani hanno presenze nel Board e, di fatto, il ruolo di Presidente. Però gli operativi sono sempre gli stessi, con l'ingresso di Tony D'Amico - certo non uomo degli statunitensi, ma di campo e bravissimo nelle stagioni a Verona - per la parte sportiva "italiana", sempre molto importante visti i tantissimi calciatori che l'Atalanta produce anno dopo anno con il settore giovanile.
INVOLUZIONE TATTICA
Il cambio proprietà è un terremoto abbastanza importante, perché se è vero che la squadra in Europa dà buoni risultati, dall'altro il ripiego in campionato è evidente. "Colpa della mancanza di attaccanti", la risposta più gettonata e anche più facile. Invece l'Atalanta non riesce più a pressare come prima, contro il Lipsia c'è la possibilità di passare alla storia, raggiungendo la seconda semifinale europea dopo quella di Coppa delle Coppe contro il Malines, ma al ritorno Tedesco mette in gabbia Gasperini con una mossa molto semplice: abbassare la difesa e lasciare pascolare Nkunku e Dani Olmo nelle praterie degli uno contro uno. Tiri in porta, zero. Anche se Matheu Lahoz non vede un rigore macroscopico per un fallo di mani altrettanto enorme su punizione di Malinovskyi. Poteva cambiare l'inerzia, come il gol annullato ad Ampadu con lo Spezia, ma con i se non si fa la storia.
La realtà è che l'Atalanta non riesce più a pressare in avanti. Corre forse di più, ma peggio. E probabilmente anche gli avversari hanno preso le contromisure. All'inizio di questa stagione c'è un cambio camaleontico, con l'Atalanta che difende più bassa, forse più per necessità virtù che per scelta, concedendo pochissimi gol e trovandosi al primo posto. Alcune cose però non funzionano, perché è oggettivamente un calcio con minore qualità, meno arrembante, più cinico. Lo specchio fedele di questa riproduzione è la vittoria contro la Roma, quando Abraham e compagni si divorano tanti gol - anche grazie a Sportiello - e l'Atalanta vince ugualmente. Contro la Lazio si vedono le prime crepe, nel big match con il Napoli arrivano applausi ma anche una sconfitta, a Lecce Gasperini cambia nove giocatori per far giocare i giovani. "La classifica non è così brutta", ha detto in conferenza stampa il tecnico prima di Spezia: lapalissiano. Sono altri gli aspetti che però lasciano a desiderare.
I MAL DI PANCIA CONTINUI
In estate, nella "non conferenza stampa" al Tennis Club, Gasperini aveva chiesto chiarezza, voleva alzare l'asticella. Percassi, per la prima volta nella sua storia da presidente dell'Atalanta, ha detto che l'obiettivo era l'Europa, a fine dicembre, in un'intervista a L'Eco di Bergamo. Ed ecco che Gasperini ora non vuole più gli obiettivi, perché non si possono chiedere alla squadra. È però una situazione che va avanti da parecchio tempo, perché entrambe le parti sembrano ostaggio di un contratto firmato nell'autunno 2021 che porta Gasperini in scadenza al 30 giugno 2024, con opzione fino al 2025. L'accordo è parecchio oneroso - oltre 3 milioni a stagione - con bonus cospicui legati a risultati di squadra ed economici.
L'altra lamentela è quella dei rapporti con i media, come se scendessero in campo. I quotidiani locali sono sempre abbastanza concilianti nei confronti della piazza e anche Bergamo non fa differenza. Qualche stilettata qui e là, ma probabilmente in sette anni ha ricevuto meno critiche che in un mese di Inter. Anche giustamente, considerando l'irripetibile striscia con una piccola squadra di provincia che poteva solo sognarsi la Champions League prima del suo addio. I contrappesi però servono per non deragliare da una strada segnata e ora non ce ne sono molti, dopo la questione Papu Gomez. Perché da lì c'è stata una scelta abbastanza chiara da parte della società: tutti con Gasperini, qualsiasi cosa succeda, nei confronti di chiunque. Alla lunga però i rischi ci sono, eccome.
LA PROSSIMA STAGIONE
In questo quadro bisogna anche capire cosa faranno sia l'Atalanta che Gasperini la prossima annata. Detto che tutti sono legati ai risultati - anche il Gasp - la sensazione è che ci sia una voglia, per entrambi, di cambiare. Il tecnico perché dopo sette anni ha capito che può dare molto anche in un altro club, la società per un segnale forte di rinnovamento. "È più facile cambiarne 15 rispetto a 1", era la frase che risuonava qualche mese fa, ma poi non è semplice sostituire chi ha mostrato la via da seguire e che devi pagare ancora per due anni. Il valzer delle panchine può aiutare: non è un mistero che Zangrillo lo volesse per il Genoa, ma reputato troppo oneroso per la B. Poi dipende dalla Juventus e da quel che succederà, perché potrebbe essere l'uomo giusto per una nuova fase, più sostenibile.
Ovviamente l'Atalanta avrebbe bisogno di un altro allenatore, di altro tipo, per una rivoluzione vera in caso di addio di Gasperini. Le voci su un possibile arrivo di Domenico Tedesco, ex allenatore del Lipsia, si sono moltiplicate nell'ultima settimana. È ancora presto, un po' come con Rangnick al Milan: le smentite fioccano, ma è giusto ripeterlo e sottolinearlo.
I 100 MILIONI SPESI
Ultimo, ma non in ordine di importanza, è il fatto che l'Atalanta non sia migliorata nonostante più di 100 milioni spesi nel 2022. Ventidue per Boga, ventisei per Ederson (15 più Lovato), 20 per Hojlund, 20 per il riscatto di Demiral, 15 per Lookman e 9 per Soppy. Ecco perché ora a Zingonia non hanno intenzione di muoversi prima di avere ceduto qualcuno. Anzi, non è detto che il mercato dica qualcosa, a meno di opportunità clamorose. Ecco perché Bergamo mormora: la sensazione è che la stazione di discesa sia passata ma che nessuno voglia scendere.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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