Quattro gol come quattro sentenze. L’Italia cade ancora davanti alla Norvegia e il 4-1 di San Siro non è solo una sconfitta: è lo specchio fedele di dove siamo e di dove, ormai da anni, non riusciamo più ad arrivare. Siamo una Nazionale che si illude per un tempo, si scioglie alla prima difficoltà e paga l’enorme distanza dalle squadre di prima fascia.

ITALIA DI SERIE B – La fotografia è cruda - scrive Enzo Bucchioni nel suo consueto editoriale su TMW -: ogni volta che incrociamo potenze vere – Francia, Spagna, Argentina e oggi persino la Norvegia – veniamo travolti. Il primo tempo aveva acceso un barlume di speranza, il secondo ha ricordato a tutti che questo calcio non appartiene più al nostro livello. Un’Italia fragile, nuda, incapace di reggere ai ritmi di una grande.

CAMBIARE CT NON BASTA – Mancini prima, Spalletti poi, oggi Gattuso: cambiano i nomi, non cambiano i problemi. Allenatori trasformati in vittime sacrificali di un sistema che da vent’anni produce talenti a singhiozzo, qualità ridotta e un livello tecnico che nella Serie A stessa continua a scendere. Il caso Modric – 39 anni e ancora migliore in campo ogni settimana – è la prova di un campionato che non alimenta più eccellenza.

UN DECLINO CHE PARTE DALL’ALTO – La crisi è strutturale, profonda, lunga vent’anni. Dal 2006 in poi: fuori ai gironi in Sudafrica e Brasile, eliminate nei playoff con Svezia e Macedonia del Nord, assenti al Mondiale per due edizioni. È il risultato di una classe dirigente debole, spesso autoreferenziale, incapace di anticipare la decadenza e di costruire un progetto vero. Gravina e il sistema federale non hanno mai prodotto una riforma determinante, vivendo di gestione e non di visione.

PLAYOFF: L’INCUBO CHE TORNA – Fra 130 giorni la semifinale playoff: sedici squadre per quattro posti. L’Italia rischia per la terza volta consecutiva di non qualificarsi. Sembra inaccettabile, ma è la realtà: nei playoff precedenti siamo usciti contro avversarie “abbordabili”, e la terza eliminazione avrebbe contorni epocali.

UN PRIMO TEMPO DA SALVARE – Nella notte di San Siro resta solo mezz’ora di calcio vero: personalità, ampiezza, movimenti e un Esposito brillante. Poi, al primo gol subito, l’Italia si è spenta. È la fotografia perfetta della fragilità emotiva che Gattuso sta provando a estirpare. In due mesi e mezzo ha dato identità, fiducia, intensità: cinque vittorie su sei, idee chiare, una squadra che almeno prova a giocare. Ma la strada è lunga, e i margini di miglioramento enormi.

IL PARADOSSO: NON C’È TEMPO – La Nazionale ha bisogno di lavoro, ma lo spazio per lavorare non c’è. Fra stage, impegni dei club e calendario asfissiante, Gattuso rischia perfino di non avere una finestra utile per preparare i playoff. Una montagna da scalare con poche corde e pochissimo ossigeno.

IL CASO CONTE A NAPOLI – In un’Italia che arranca, anche il tema allenatori torna centrale. Dal 2006 in poi abbiamo vissuto di urgenze, malumori, strappi tecnici. E ora anche Conte, tornato oggi alla guida del Napoli, è chiamato a ricostruire un gruppo che non può permettersi altri crolli. Il suo sfogo dopo Bologna – tra delusione e desiderio di abbandono – pesa. Se davvero era la spia di un logoramento interiore lo scopriremo presto. Il Napoli ha bisogno di un allenatore al 100%. Conte deve capire se quella squadra è viva. O se no lo è più.

Il calcio italiano è davanti alla realtà che non può più ignorare: siamo in difficoltà tecnica, mentale, strutturale. Gattuso porta energia, appartenenza, idee. Ma non può bastare da solo. A marzo servirà un’impresa mentale prima ancora che tattica. E servirà – finalmente – qualcuno che abbia il coraggio di cambiare davvero un sistema rimasto fermo mentre il mondo correva.

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Sezione: Italia / Data: Lun 17 novembre 2025 alle 00:00
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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