C’era un tempo in cui il Gewiss Stadium faceva paura. Non solo per l’atmosfera, per le gradinate colme di passione, ma per quella sensazione tangibile che, su quel campo, l’Atalanta potesse mangiarsi l’avversario. Oggi, invece, pare che la Dea abbia smarrito la sua voce dentro casa. E il silenzio, per una squadra come questa, fa più rumore di una contestazione.
Sei partite senza vittorie a Bergamo, tre senza segnare. Non è una statistica: è un grido strozzato in gola, un’urgenza che non può più essere ignorata. L’ultima gioia casalinga in Serie A risale al 22 dicembre, contro l’Empoli. Da allora, nulla. Solo pareggi amari e sconfitte che hanno tolto luce a un Gewiss sempre pieno, ma sempre più impaziente. Perché l’Atalanta non è più solo una bella favola: è una realtà che ambisce all’élite, che sa di potersela giocare con chiunque. E che ora, invece, si ritrova fragile nel proprio fortino.
Il calendario è chiaro: due scontri diretti consecutivi a Bergamo. Due gare che possono valere il ritorno in Champions League. Prima la Lazio, poi il Bologna: avversarie dirette, decisive. Non ci sarà appello, non ci sarà tempo per le giustificazioni. Serve vincere. E per farlo, l’Atalanta dovrà ritrovare se stessa dove l’ha persa: davanti ai suoi tifosi.
Eppure, fuori dalle Mura, la Dea ha dimostrato di sapere ancora come si domina una partita: 33 punti in trasferta, una media che – se replicata in casa – la porrebbe in vetta. Invece al Gewiss la media punti crolla e con essa il margine di vantaggio su chi insegue: Juventus in primis, ora distante appena tre lunghezze. È un paradosso che non può durare. Perché non c’è Europa possibile se non la costruisci partendo dalla tua casa.
Il Gewiss è un simbolo. È il frutto di una visione, della lungimiranza della famiglia Percassi. È l’orgoglio di una città che ha saputo ricostruirsi con tenacia. Non può diventare il luogo del dubbio. Deve tornare a essere quello che era: un’arma, non un peso. E se è vero che il “terzo posto è uno stimolo potente”, come ha detto Gasperini dopo la disfatta di Firenze, allora è da qui che si deve ripartire. Da casa.
C’è un tempo per aspettare e uno per agire. Per l’Atalanta è finito il primo, è cominciato il secondo. L’Europa chiama, e le risposte dovranno arrivare con forza. Non basta il bel gioco, non bastano più le buone intenzioni. Servono punti, gol, vittorie. Servono le urla, non i sussurri. Servono i tre punti. Domani. E poi ancora. Perché il Gewiss non può restare un ricordo. Deve tornare a essere un incubo per gli avversari. E un rifugio sicuro per la Dea.
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