178 a 141. No, non è il punteggio - improbabile - di una sfida a pallacanestro finita dopo chissà quanti supplementari. Il conteggio dà l'esatta dimensione del distacco, nelle presenze in campionato a difesa della porta dell'Atalanta, inflitto da Zaccaria Cometti al ben più celebrato Pier Luigi Pizzaballa. Classico caso di gerarchie consolidate nell'immaginario, ma rovesciate dal dato desumibile dai tabellini. A favore, of course, dell'umile campione di fedeltà e rendimento venuto dalla Bassa orientale, che oggi festeggia il suo settantacinquesimo compleanno. Le cifre nude e crude, poi, raccontano che nelle otto stagioni effettive di coesistenza tra i due compagni-rivali - dal '57' al '60, in realtà, il titolare fu Angelo Boccardi - l'eroe consegnato al mito dalla propria introvabile figurina del'album Panini ebbe i galloni di numero uno soltanto dal 1964 al 1966, anno del trasferimento alla Roma.

Una piccola grande soddisfazione, insomma, per chi aveva la strada verso la gloria ostruita da uno che, in fin dei conti, in nerazzurro non riuscì certo a fargli ombra. Anche se al momento del dunque sapeva conquistarsi le ribalte da par suo: la finale della Coppa Italia del 1963, primo e finora unico trofeo in bacheca per la ninfa del pallone che parla bergamasco, la disputò il "Ligi" ad onta del maggior numero di match in serie A (19 a 15), a quel giro di corsa, del buon Zaccaria da Romano di Lombardia (dov'è nato il 7 gennaio 1937). Del resto, per ritardare fino a tal segno l'esplosione di uno dei non moltissimi bergamaschi e atalantini finiti in Nazionale, qualche buona qualità bisognava avercela. Non si è stati allievi del grande Carletto Ceresoli solo per caso.

Le doti del nostro? Il semplice anteposto allo spettacolare, l'asciutezza di stile ai barocchismi di maniera (leggi tuffi e capriole), il risultato all'esibizione da primattore tra i pali. L'essere che sconfigge inesorabilmente l'apparire, in parole povere: la vritù di un popolo di lavoratori. Lo stesso cui appartiene anche il divo dai capelli lisci e biondi e dal cognome curioso, che però non riuscì come il riccioluto e bruno Cometti a identificarsi con una sola bandiera. Cresciuto nel vivaio, quest'ultimo la portò tutta la vita, tranne il biennio trentino di chiusura da calciatore professionista. Dopo il ritiro, avvenuto nel 1972 all'età per i tempi non indifferente di trentacinque anni, sempre e soltanto Dea: tecnico nelle giovanili dal 1975 al 1977, si ritagliò l'importante ruolo di vice della prima squadra fino al 1990. E qui si vide sfilare davanti una pletora di strateghi che hanno fatto la storia di Bergamo (su tutti, Titta Rota, Nedo Sonetti ed Emiliano Mondonico), riservandosi un'uscita di scena in punta di piedi, nel 1992, da preparatore dei portieri. Chi meglio di lui, capace di bagnare il naso a un monumento? In alto i calici.

Sezione: Auguri a... / Data: Sab 07 gennaio 2012 alle 10:00
Autore: Simone Fornoni
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