Dopo la minaccia Superlega, l’Europa del calcio si trova di fronte a un nuovo bivio. Non più lo spettro di un torneo d’élite riservato ai top club, ma una frattura sempre più netta tra ricchi e “altri”. L’obiettivo dichiarato della UEFA è ambizioso: aumentare i ricavi complessivi delle competizioni europee, puntando a 6 miliardi di euro nel triennio 2027-2030, rispetto ai 4,4 miliardi del ciclo attuale.
Un traguardo che passa da una stretta sui calendari e da una crescente pressione sui campionati nazionali, spinti verso una riduzione del numero di squadre per far spazio alle nuove formule europee e ai tornei FIFA, come il Mondiale per Club.
IL FORMAT A 20 SQUADRE SOTTO ATTACCO – UEFA e FIFA - scrive La Gazzetta dello Sport - spingono da tempo per campionati a 18 squadre, così da alleggerire i calendari e lasciare margine a impegni internazionali sempre più densi. Ma i campionati nazionali resistono.
In Francia, la Ligue 1 ha già sperimentato la riduzione, pagando un prezzo altissimo: il valore dei diritti tv è crollato, rendendo il torneo meno appetibile e impoverendo il sistema, eccezion fatta per il PSG. La Serie A, forte dell’esperienza francese, ha ribadito la propria posizione: nessun ridimensionamento. La riduzione del numero di squadre significherebbe infatti minori entrate per i club medio-piccoli e un impoverimento dell’intero movimento.
DIRITTI TV, IL VERO TERRENO DI SCONTRO –Il nodo centrale resta la distribuzione dei ricavi televisivi. Con l’aumento del valore delle coppe europee, cresce anche il rischio che le emittenti, concentrate sui tornei UEFA, investano meno nei campionati nazionali, riducendo drasticamente i fondi destinati alle società non impegnate in Europa. La Premier League, grazie alla propria forza globale, rappresenta un’eccezione, ma anche in Inghilterra è stato necessario incrementare il numero di partite trasmesse (+70 a stagione) per mantenere i ricavi. In Italia, Spagna, Germania e Francia, invece, si teme un effetto domino: i top club, costantemente presenti in Champions League, vedrebbero crescere esponenzialmente i loro guadagni, mentre le squadre minori si ritroverebbero schiacciate da un sistema che garantisce ricavi dieci o quindici volte inferiori.
IL GAP CHE SI ALLARGA – I numeri parlano chiaro: nella stagione 2024-25, un club come il Napoli, rimasto fuori dalle competizioni UEFA, ha percepito appena 800.000 euro di contributi di solidarietà, contro i 150 milioni incassati dall’Inter per la partecipazione alla Champions League.
Un divario insostenibile, che rischia di ampliare ulteriormente la distanza economica tra big e medio-piccole. Le Leghe nazionali chiedono quindi alla UEFA di rivedere i criteri di redistribuzione dei ricavi, aumentando la quota destinata a chi non partecipa alle coppe (oggi ferma al 10,6%) e introducendo meccanismi correttivi basati sugli investimenti e sul peso economico dei singoli campionati.
LE PICCOLE FAN FRONTE COMUNE – Per difendere i propri interessi, diversi club e leghe stanno cercando di unirsi sotto nuove sigle, ma la strada è impervia. La UEC, associazione alternativa all’ECA promossa dalla Liga e dal presidente Javier Tebas, fatica a trovare riconoscimento ufficiale da parte della UEFA, che resta saldamente alleata con la stessa ECA, oggi in espansione vertiginosa (oltre 800 società affiliate). Tuttavia, il peso reale è concentrato nelle mani di una ventina di club: le superpotenze europee che, come il PSG del presidente Al-Khelaifi, dominano anche l’agenda politica dell’organizzazione.
UN FUTURO SEMPRE PIÙ DUALISTA – In assenza di un riequilibrio strutturale, il calcio europeo rischia di dividersi definitivamente in due mondi paralleli: quello delle élite, sostenuto dai ricavi UEFA e dagli sponsor globali, e quello delle leghe nazionali sempre più marginalizzate.
Un paradosso che minaccia la competitività interna dei campionati e la sostenibilità di decine di club storici.
La Serie A osserva con attenzione, consapevole che il suo futuro passa anche da questa battaglia: difendere il format a 20 squadre, garantire un’equa distribuzione dei ricavi e preservare la linfa vitale del calcio italiano.
L’Europa del pallone cresce, ma non tutti — purtroppo — crescono allo stesso ritmo.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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