Andrea Lazzari, ex centrocampista dell’Atalanta e oggi allenatore nelle Marche, è intervenuto in esclusiva ai microfoni di TuttoAtalanta.com. Bergamasco classe 1984, cresciuto nel vivaio nerazzurro e protagonista con 80 presenze e 15 reti tra il 2002 e il 2006, ha ripercorso i suoi ricordi più intensi in maglia atalantina, parlando dell’attuale situazione della Dea, del caso Lookman e delle prospettive future con Juric in panchina. Non sono mancati aneddoti sul passato e riflessioni su Pisa, Nazionale e il presente da tecnico e formatore.
Bergamasco, classe 1984, cresciuto nelle giovanili dell'Atalanta, in nerazzurro dal 2002 al 2006 con 80 presenze e 15 gol. Qual è il ricordo più bello che Andrea Lazzari ha degli anni in nerazzurro?
«Sono diversi. L’esordio in prima squadra con Mandorlini, in Serie B nel 2003/2004, la promozione e poi l’esordio in Serie A nella stagione 2004/2005. Successivamente siamo retrocessi. Ricordo la partita contro la Roma a Bergamo, penultima di campionato: retrocessione aritmetica, ma anche un momento bellissimo. Il Bocia scese in campo a farci fare il giro d’onore e tutto il pubblico ci applaudì perché avevamo dato tutto. È stato emozionante e ha reso quella retrocessione meno amara. Con Colantuono poi siamo risaliti subito in A. Quella promozione la sento più mia perché ho giocato con continuità».
Ci sono anche i 9 gol in Coppa Italia nella stagione 2004/2005, che ti videro capocannoniere della competizione.
«Cinque li segnai alla Juventus di Capello negli ottavi: due a Bergamo all’andata e tre al vecchio Stadio delle Alpi. Indimenticabile».
Hai vissuto l'Atalanta prima dell'era Gasperini: che club era allora e come vedi la trasformazione degli ultimi anni?
«Noi lottavamo per la salvezza. Ora invece si gioca per l'Europa League, la Champions League e con una programmazione precisa. L’Atalanta è arrivata a grandi livelli e ha vinto anche l'Europa League. Ai miei tempi era impensabile, anche se il presidente Percassi, al suo arrivo, aveva subito detto che bisognava risalire in Serie A. Un ciclo così, però, nessuno se lo immaginava. Invece, con un progetto serio e una programmazione mirata, sono arrivati risultati straordinari».
Secondo te l'Atalanta di quest'anno è ancora competitiva?
«A me Juric piace molto. Propone un buon calcio ed è uno che fa della passione la sua forza. Ha idee propositive e, se i giocatori capiranno cosa vuole, il trend positivo potrà continuare. Resta da valutare l’evoluzione di alcune situazioni, come quella di Lookman».
Che si sta perdendo una fase importante della preparazione…
«La preparazione è forse il periodo più importante della stagione, anche se poi a Natale c’è un richiamo e oggi i preparatori hanno molte tecnologie per rimettere in forma un giocatore. Ma restano i meccanismi di squadra da assimilare e il ritmo partita. È un periodo fondamentale che purtroppo Lookman sta perdendo».
Sei bergamasco, cresciuto nel vivaio e conosci bene il tifo nerazzurro. Credi che il rapporto tra Lookman e i tifosi sia recuperabile?
«I giocatori sono persone, con sentimenti ed emozioni che a volte sfociano in rabbia, anche se non giustificata. Nessuno può cancellare ciò che Lookman ha fatto per l'Atalanta. Quando è sceso in campo ha sempre dimostrato grande attaccamento alla maglia e dato tutto. Credo che il rapporto con i tifosi debba prescindere da ciò che sta accadendo ora. L’Atalanta è una top europea, ma un giocatore può legittimamente ambire a confrontarsi anche con altri campioni. Non gliene farei una colpa».
Hai giocato anche a Pisa. L’allenatore era Rino Gattuso, oggi ct della Nazionale. È l’uomo giusto per centrare la qualificazione ai prossimi Mondiali?
«È un grande intenditore di calcio e quella fame che aveva da giocatore l’ha trasmessa sempre anche alle sue squadre. Gigi Riccio, suo vice, già allora curava più la parte tecnica. Si compensavano bene. Se riusciranno a fare lo stesso anche in Nazionale, unendo la passione di Rino alla tattica di Riccio, può nascere un’Italia molto interessante».
Alla Fiorentina hai avuto modo di giocare con Alberto Gilardino, ora allenatore del Pisa.
«Uno degli attaccanti più forti con cui abbia mai giocato. Bastava mettergli la palla in mezzo e trovava sempre il modo di arrivarci. Sapeva dove sarebbe arrivato il pallone ancora prima che fosse calciato. Questa è la differenza tra un campione e un giocatore normale».
Quindi dal suo Pisa cosa dobbiamo aspettarci?
«Sarà sicuramente una squadra propositiva, con la voglia di fare risultato. Per l'Atalanta sarà una partita difficile, anche se, a mio avviso, resta favorita».
Un’ultima domanda: Andrea Lazzari cosa fa oggi?
«Vivo nelle Marche. Fino allo scorso anno ho collaborato nello staff tecnico della Vigor Senigallia, in Serie D. Ora alleno la squadra Juniores e ho aperto una mia Academy, con lezioni individuali e di gruppo per i ragazzi che vogliono approfondire alcuni aspetti del calcio».
Parole misurate ma intrise di passione, quelle di Andrea Lazzari, che riflettono un legame profondo con l’Atalanta e con il calcio vissuto sul campo, oggi trasmesso alle nuove generazioni. Tra ricordi indelebili, riflessioni sul caso Lookman e l’analisi sul futuro con Juric, emerge un concetto chiaro: per restare competitivi servono sacrificio, lavoro e identità. Valori che Lazzari ha vissuto in prima persona e che continua a insegnare ai ragazzi.
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