“Comprometerse a luchar dignamente.”
Impegnarsi a lottare con dignità. Con questa frase di Marcelo Bielsa i social della federazione calcistica dell’Uruguay hanno annunciato il definitivo accordo col Loco, che diventa il nuovo CT della Celeste.
Una frase profondamente bielsista e ugualmente charrua. Una mescola che, quando trovati gli ingredienti adeguati, potrebbe davvero produrre qualcosa di unico. Perché la storia del tecnico rosarino e quella calcistica uruguagia hanno davvero molto in comune quando si parla di valori e cultura (il richiamo alla dignità dell’incipit), che sono poi i motivi, insieme alla mistica, per cui uno stato di tre milioni di persone continua dalla notte dei tempi a produrre calciatori di alto livello e a rimanere competitiva in ogni manifestazione. L’Uruguay e Bielsa sanno che il calcio bisogna per prima cosa rispettarlo, non servirsene: costante è il richiamo del Loco verso appunto la primigenia del calcio: “Credo che lo spirito amatoriale, l'amore per il mestiere, il progetto, sia l'unica cosa che rende soddisfacente il viaggio attraverso il lavoro”, dice Bielsa accarezzando la storica frase del Maestro uruguayo per eccellenza, Oscar Washington Tabarez, che davanti alla moltitudine di Montevideo, al ritorno del Mondiale sudafricano in cui la Celeste si arrese solo in semifinale, toccò l’anima di ogni “oriental”, oltre che ogni appassionato di calcio, gridando: “El camino es la recompensa”. Eccola la dignità, ecco i valori, ecco il calcio che entra nella vita, riempiendola. Ecco, insomma, Bielsa e l’Uruguay.
Dopo il Leeds United
Il percorso calcistico trova il Loco e la Celeste in un momento particolare. Il tecnico 67enne è reduce dalla clamorosa impresa di Leeds, club che, preso nell'anonimato della Championship, ha riportato non solo in Premier ma decisamente alla vita. Ridando lustro a una comunità a cui era stata sottratta la storia e la dignità. Ancora oggi, in quel non luogo in cui il calcio conta ancora molto, provate a parlare di lui, del Loco, osservate ora la reazione della gente, ora che dal giorno del suo incredibile quanto funesto e ingiustificato allontanamento la squadra veleggia modestamente sul fondo della classifica pronta non solo a tornare in Championship, quello è il meno, ma impegnata a planare verso l’anonimato, svuotata di quella gloria che negli anni di Bielsa: il Leeds aveva ritrovato orgoglio e spirito. Quello che non si è mai perso nell’Uruguay, anche se però nell’ultimo Mondiale era rimasto parecchio amaro in bocca. Al di là dei torti arbitrali e delle cortesi scuse di Collina, designatore arbitrale FIFA, qualcosa non ha funzionato nell’Uruguay, che si aspettava molto da Qatar 2022, ed è invece uscito alla fase di gruppi. Diego Alonso che così bene aveva sostituito il Maestro Tabarez nelle Qualificazioni, toccando i tasti giusti col gruppo che aveva prodotto un calcio offensivo e gradevolissimo, al Mondiale ha avuto troppi indugi. “Miedo”, dicevano e ancora dicono a Montevideo, forse anche scarsa esperienza.
L'Uruguay che sarà
Per Bielsa e per l’Uruguay è quindi tempo di ripartire. Non so dire se ci sarà ancora spazio per la clamorosa generazione degl ‘86/’87, i Luis Suarez, i Cavani, i Godin almeno per la Copa America dell’anno prossimo, ma certo sta arrivando il tempo in cui sarà l’altrettanto grande generazione dei ‘97/’98 con i Federico Valverde e i Rodrigo Bentancur a trascinare non solo i talenti nati nel nuovo millennio, come Darwin Nunez, ma anche i nuovi ragazzi dell’Under 20 che hanno benissimo figurato nel Sudamericano di inizio anno (Fabricio Diaz, Alvaro e Luciano Rodriguez…). E’ arrivato il tempo di costruire o di ricostruire. Quando Bielsa giunse in Cile (altro luogo in cui, esattamente come Marsiglia o Bilbao, si emozionano quando sentono nominare il Loco), c’era da costruire qualcosa di duraturo attorno alla nuova generazione che stava affacciandosi al grande calcio, era quella che passerà alla storia come Generacion Dorada, quella degli Alexis Sanchez e dei Vidal. Lì, con la Roja, bisogna costruire una nuova identità, qui, davanti al Rio de La Plata c’è da plasmarne un’altra, lavorando su una base riconosciuta e condivisa.
Oggi inizia l'era Bielsa
Inizia oggi l’Era Bielsa, e porta con sé emozione e curiosità, come si vede oggi nella gente che ama il calcio. Pazienza dunque se ci saranno commenti ironici in qualche consorteria, qualche salotto televisivo, lì dove il calcio smette di essere calcio, diventa vuoto passatempo, pressapochismo, veicolo di banalità e furberie, pusillanimità, generatore di interessi miserrimi. Insomma: disvalore. Nella migliore delle ipotesi. Diventa una cosa che non serve a niente, perché non produce passione e valori. “A los ignorantes díganle: el que pierde es un inútil, porque así está planteado”, ha detto una volta il Loco, “agli ignoranti ditegli, chi perde è un inutile, perché così è scritto.”
Quando Bielsa lasciò Bilbao
Noi siamo invece con quel ragazzo di Bilbao che scrisse così, interpretando il pensiero comune di tanti compagni di tifo athleticano, il giorno in cui Bielsa lasciò Bilbao: “ Non ci sono parole per descrivere il suo impegno, la sua passione e la sua eleganza. Lei ha dato al calcio una ragione per essere amato. Di fronte al vortice che sta trasformando il calcio in un mercato globale e di plastica, lei lascia sempre il suo cuore. Mi emoziono ascoltandola. L'onestà, la sincerità, che spesso ho pensato si fossero perse nella vita pubblica, riemerge nella sua persona per dare un soffio di speranza. Uomini come lei, ecco quello di cui abbiamo bisogno. Vorrei presentare da qui la mia più profonda gratitudine per il suo contributo al mondo. Lei è un esempio. Dalla mia umile e non richiesta opinione: lei è il miglior allenatore che abbia mai messo piede su un terreno di gioco. Non ho mai avuto seconde squadre ma d'ora in poi la mia seconda squadra sarà quella allenata da lei, don Marcelo Bielsa"
Anche la nostra.
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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