Il successo di un club passa spesso dalla qualità e dall'organizzazione del suo settore giovanile, ma all'Atalanta questo concetto assume un significato ancor più speciale. Roberto Samaden, responsabile del vivaio nerazzurro, ospite negli studi di BergamoTV, ha voluto raccontare il profondo legame che unisce il territorio e i giovani calciatori al club bergamasco, spiegando anche come questo influisca positivamente sui risultati di tutto l'ambiente. Ecco quanto
Samaden, grazie di essere con noi. Quanto conta per l'Atalanta questo rapporto così forte tra i giovani del vivaio e la maglia nerazzurra?
«Conta tantissimo. Il legame che si respira qui tra la società e il territorio è qualcosa di straordinario, e credo che un'intensità simile non si trovi in nessun altro club italiano. A Zingonia i ragazzi non solo vestono la maglia, ma la vivono con un senso d'appartenenza unico. È proprio questo aspetto che rende il settore giovanile dell'Atalanta così speciale: più del 90% dei nostri giovani è legatissimo ai colori nerazzurri, e questo senso di appartenenza genera una passione contagiosa. Lo scorso anno, dopo la vittoria della Coppa Italia, vedere gli occhi lucidi e pieni di gioia di bambini, ragazzi e ragazze del nostro settore è stata una conferma assoluta di questo legame unico e fortissimo».
Ha accennato alla vittoria della Coppa Italia, ma questo entusiasmo si respira solo nei momenti di grande successo o anche nel quotidiano?
«L'entusiasmo è costante, non è solo una questione di successi. Ricordo l'evento al Centro Brembo subito dopo aver vinto il trofeo: al di là dell'euforia, la cosa più bella era osservare gli sguardi dei ragazzi. Io amo guardarli negli occhi perché è lì che si legge la passione vera. È lì che si percepisce il senso di responsabilità e di orgoglio che provano nel rappresentare l'Atalanta. Ogni risultato della prima squadra amplifica ulteriormente questa energia, creando un effetto straordinario. Credo che una simile alchimia esista forse solo a Bilbao, dove la filosofia identitaria è un obbligo culturale. A Bergamo non è un obbligo, è una scelta di cuore».
Nel corso della sua carriera ha lavorato con grandi figure del calcio giovanile italiano, tra cui Mino Favini. Ha un ricordo particolare da condividere sul suo metodo o sulla sua filosofia?
«Sì, porto con me un episodio preciso che descrive perfettamente la filosofia educativa che Favini aveva, e che a Zingonia è stata sempre tramandata. Era il 2002 o il 2003, durante un quarto di finale del campionato Under-15 tra Inter e Atalanta. Mi colpì moltissimo il fatto che l'Atalanta si presentò alla sfida senza il suo miglior attaccante. Curioso, chiesi a Favini se fosse infortunato e lui mi rispose semplicemente che non giocava perché non aveva ottenuto buoni risultati scolastici. L'Atalanta perse quella sfida, ma Favini aveva scelto di privilegiare l'educazione alla vittoria, mandando un messaggio fortissimo a tutti i ragazzi. Questo episodio mi ha profondamente segnato».
Quindi per voi il risultato sportivo non è tutto?
«No, assolutamente. L'Atalanta ha sempre puntato sull'educazione e sulla formazione della persona prima ancora del calciatore. Questo è un marchio di fabbrica che proviene da lontano, da personaggi storici come Peppino Brolis e Luigi Pizzaballa, figure fondamentali che hanno contribuito a creare questa tradizione unica. Siamo convinti che, educando prima di tutto le persone, il risultato sportivo poi arrivi comunque».
Samaden conclude così il suo intervento, sottolineando quanto sia importante per l'Atalanta non solo vincere sul campo, ma soprattutto formare ragazzi capaci di affrontare la vita oltre il calcio. E forse, proprio in questo, sta il vero successo di una società che continua a stupire, mantenendo intatta la propria identità. Un'identità che parte da Zingonia e che ha nel cuore nerazzurro dei suoi giovani il suo tesoro più grande.
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Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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