Lampros Choutos. È lui il bidone di questa settimana, anzi la meteora. Si, perché del giocatore greco non si può dire molto di più. Una carriera bruciata troppo in fretta o forse mai iniziata del tutto.
Arriva in Italia giovanissimo, ha appena tredici anni quando entra a far parte del settore giovanile della Roma. Qui si fa le ossa, il ragazzo promette bene come attaccante. In Primavera delizia tutti, segna tanto (per quattro volte vince il titolo di capocannoniere) ed entra nell’orbita della prima squadra. In panchina c’è Carlo Mazzone, l’allenatore romano lo butta nella mischia in una domenica d’aprile del 1996, Choutos debutta in Serie A a soli sedici anni, prendendo il posto in campo di un certo Francesco Totti. Dopo questa breve parentesi, la punta ellenica continua la sua spumeggiante avventura nei campionati giovanili e spesso si allena con la prima squadra. Nei successivi quattro anni colleziona altre due presenze con la maglia giallorossa ma non lascia il segno, i capitolini non puntano più su di lui. Nel 1999, all’età di venti anni, la Roma lo lascia libero di trovarsi un’altra sistemazione, il ragazzo che impressionava in Primavera non convince più e lo cede all’Olympiakos per dieci miliardi di lire. In patria, l’ex baby prodigio, vede il campo con il contagocce: in quattro stagioni gioca solo 47 volte e realizza 22 reti. Le soddisfazioni però non mancano: quattro campionati conquistati e dieci presenze con la nazionale maggiore. Nonostante il poco utilizzo sembra il momento giusto per spiccare il volo in Europa, l’Inter ci crede e lo riporta nuovamente nel Bel Paese.
La svolta non arriva, zero presenze nei primi sei mesi. Per farlo giocare lo mandano in prestito all’Atalanta, curiosa l’accoglienza che gli riserva Delio Rossi, all’epoca tecnico dei bergamaschi, su “L’Eco di Bergamo”: “Choutos? Non rientra nell’ambito del rafforzamento deciso con la società ma è un uomo in più rispetto a quelli che devono arrivare e serve per fare numero”. Come finirà?. Una sola apparizione, come si poteva prevedere. Non va meglio nei due anni successivi: Reggina(9 presenze) e Maiorca(9 presenze) ma con gli spagnoli si concede il lusso di segnare due reti. Ritorna a Milano nel 2006, con i nerazzurri, che a fine stagione vinceranno il campionato, si ritrova a fare la riserva dei vari Ibrahimovic, Crespo, Adriano e Cruz. Inutile contare le sue apparizioni in campo, una sola nell’ultima giornata di campionato.
Lampros si svincola dall’Inter e tenta di nuovo la fortuna in terra greca. Il Panionios lo ingaggia, li gioca con un’ex conoscenza del campionato italiano, “El Chino” Recoba. In coppia con l’uruguaiano vede magicamente il campo con maggior frequenza e anche la porta, che per un attaccante non guasta mai. Lo score segna ventitré presenze e, per la prima volta, dodici reti. L’anno successivo lo trascorre al Paok Salonicco, l’illusione di aver trovato la giusta continuità svanisce in pochi mesi. Meno di dieci presenze e nessuna marcatura. Ancora una volta il tenace Choutos si trasferisce in Italia, biennale con Il Pescina Valle del Giovenco, in Lega Pro. Una sola stagione disputata a livelli discreti prima del fallimento della società abruzzese; dal 2010 Lampros si trova nuovamente libero e attende di trovare una sistemazione. Ci riuscirà?.
Autore: Redazione TA / Twitter: @tuttoatalanta
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