Il suo è stato un ruolo particolare. Luciano Bodini, 71 anni, ex portiere nerazzurro, ha difeso i pali con passione e serietà per tutta la carriera. A 14 anni è entrato nel settore giovanile dell’Atalanta. Già in prima squadra a 17, ha trascorso tre stagioni in prestito alla Cremonese in Serie C, per poi tornare a Bergamo (1977-78 e 1978-79), prima del trasferimento alla Juventus. Ha esordito in Serie A con la maglia nerazzurra l’11 settembre 1977. Da allora, l’Atalanta è rimasta molto più di una semplice tappa: è la squadra a cui sarà sempre legato.
Luciano, ricorda il suo arrivo a Bergamo?
«Io e mio fratello giocavamo nella Leonessa, una squadra bresciana collegata all’Atalanta - confida, in esclusiva, ai microfoni di TuttoAtalanta.com -. Siamo andati entrambi a fare il provino a Bergamo e ci hanno preso. Io avevo 14 anni, avevo appena finito le scuole medie».
Che anni sono stati quelli del settore giovanile?
«Fondamentali, con ottimi allenatori come Ceresoli, Cometti, Matteucci. Hanno influito molto sulla mia crescita professionale e umana».
Ci racconta la prima volta in panchina a soli 17 anni?
«Ero piccolino, emozionatissimo. Alcuni compagni potevano essere miei padri, avevo soggezione e un timore reverenziale. In allenamento parlavo poco, se non con i più giovani, come Giovanni Vavassori. Ma in partita cambiava tutto: sapevo impormi».
All’esordio in Serie A, l’11 settembre 1977, si mise subito in mostra.
«Atalanta–Perugia: parai un rigore a Renato Curi e finì 1-1. Avevo 23 anni, tornavo a Bergamo dopo tre anni a Cremona in Serie C, dove all’inizio non volevo nemmeno andare. Pensai perfino di smettere: non per presunzione, ma ero convinto di meritare di più. Avevo già giocato 20 partite in prima squadra per l’infortunio di Rigamonti. Potevo esordire a 18 anni contro il Napoli, all’ultima giornata, ma non successe. Io sono nato portiere: ho sempre voluto esserlo, fin da piccolo. In famiglia erano tutti calciatori, ma nessuno portiere, solo io».
Come andò la prima stagione dopo il ritorno da Cremona?
«Condizionata da un infortunio. Giocai 8 partite, poi mi feci male e contro la Juventus giocò Pier Luigi Pizzaballa, che fece benissimo. Rimasi in panchina fino a due giornate dalla fine. L’anno dopo partì titolare lui e poi giocai io tutto il campionato. Mi allenavo con passione: mi divertivo, ma quando entravo in campo giocavo per vincere. Poi passai alla Juventus».
E lì rimase 10 anni, accettando il ruolo di riserva con grande stile. Quanto fu difficile convivere con l’ombra di Zoff e Tacconi?
«Sapevo che con Zoff sarebbe stato difficile. Ma ho giocato comunque tanto, con belle soddisfazioni. In Coppa Italia, nel Mondialito per Club, nella prima Supercoppa europea in Italia, in Champions League. Ho avuto la fortuna di giocare con grandi campioni come Platini e Scirea. Gaetano era un ragazzo straordinario, campione dentro e fuori dal campo».
Un ricordo speciale legato all’Atalanta?
«Antonio Percassi. Abbiamo fatto il settore giovanile insieme. Anzi, lo chiamerò per chiedergli un invito a vedere Atalanta–Juventus».
Atalanta e Juventus: le due squadre del cuore?
«L’Atalanta più di tutte. Con i Bortolotti e Giuseppe Brolis era una famiglia. Mi ha fatto crescere ed esordire in Serie A. Non sarei mai voluto andare via, ma mi chiese la Juve e allora decidevano le società. Alla Juve mi sono trovato benissimo, ma oggi mi arrabbio più se perde l’Atalanta che non la Juve. Il primo amore non si scorda mai».
Un momento in nerazzurro che si porta dentro?
«Quando nel settore giovanile vincemmo il torneo di Sanremo, prestigioso come il Viareggio. Poi, naturalmente, l’esordio in Serie A e l’anno dopo, nonostante la retrocessione, disputammo un buon campionato. Personalmente feci belle parate e dimostrai di essere un portiere valido».
Fu anche colpito da un sasso in Perugia–Atalanta.
«Sì, lanciato da un tifoso atalantino alle mie spalle. In realtà non voleva colpire me, e la dinamica è stata chiarita solo molto tempo dopo».
Da portiere, chi faceva più paura?
«Tanti centravanti forti, soprattutto del Torino: Pulici, Graziani, Sala. E Beppe Savoldi del Napoli».
E oggi?
«Oggi un po’ tutti. È diverso: devono entrare in area per fare gol. Ai miei tempi segnavano quasi solo le punte. Ora segnano tutti».
Segue e tifa ancora Atalanta. Che idea ha della squadra attuale?
«Deve giocare sempre Lookman: è fondamentale per campionato e Champions. Fossi io, non rinuncerei mai a lui. Peccato per Retegui: oggi inseguono tutti i soldi e vanno nei campionati minori anche da giovani. Ai miei tempi si sceglieva per altri motivi».
Con il Lecce è arrivata la prima vittoria.
«Doveva arrivare. Sono stati 4 gol, bene così, ma con tutto il rispetto era il Lecce che lotta per salvarsi. Se non avessimo vinto, sarebbe stato un problema».
Dove può arrivare questa Atalanta?
«C’è un allenatore nuovo, mi dicono molto bravo. A Torino e Roma non ha fatto benissimo, ma appartiene alla scuola di Gasperini: può regalarci soddisfazioni».
Mercoledì c’è il Paris Saint-Germain: che partita si aspetta?
«Tanti gol. Per me finirà con un pareggio».
E con il Torino?
«È una squadra da metà classifica. Noi dobbiamo essere più forti e arrivare ancora tra le prime quattro. Quindi dobbiamo vincere. Ma ripeto: Lookman è fondamentale. Serve anche più attenzione difensiva, poi contropiede e andare in porta come sempre».
Da portiere, che giudizio dà su Carnesecchi? Può superare Donnarumma in Nazionale?
«Per me sì. Mi piace molto. Donnarumma, invece, mi fa paura: coi piedi non sai mai cosa aspettarti, e penso al gol preso con la Spagna mentre discuteva con l’arbitro. Ai nostri tempi non ci lamentavamo mai: eravamo sempre in partita. Le partite anni ’70 e ’80 erano più belle. Ora ci sono mille passaggi prima di andare in porta. Noi lanciavamo le fasce, cross, centravanti forte di testa e il portiere usciva. Oggi restano sempre in porta».
Oggi cosa fa Luciano Bodini?
«Vivo in Versilia. Ho giocato fino a 50 anni nei campionati minori. Ora alleno i bambini di una scuola calcio, c’è anche mio nipote che ha scelto di fare il portiere. Una squadra di Seconda Categoria mi ha chiesto di tornare in porta: mi piacerebbe, ma il tempo non basta e sto valutando».
Nonostante il trasferimento alla Juventus nel 1979, Luciano Bodini ha sempre mantenuto un forte legame con l’Atalanta, la squadra che lo ha fatto crescere e debuttare in Serie A. Ancora oggi segue con affetto i colori nerazzurri, il suo primo amore calcistico, e la società a cui è rimasto più legato.
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