Aula tesa, ieri, al processo per l’omicidio di Sharon Verzeni, la 21enne uccisa a Terno d’Isola la notte del 30 luglio 2024. Sul banco degli imputati, Moussa Sangare ha seguito le relazioni dei periti quasi distrattamente, tra posture svogliate e atteggiamenti indifferenti. Ma i contenuti ascoltati in aula hanno avuto tutt’altro peso.

OMICIDIO PER “NOIA” – Per la psichiatra Giuseppina Paulillo, autrice della perizia ufficiale, l’omicidio sarebbe nato da una «ricerca di adrenalina, un bisogno di provare emozioni forti che la routine non gli dava». A sostegno di questa tesi il consulente delle parti civili, Massimo Biza, ha parlato di «delitto compiuto per piacere, assimilabile all’omicidio sadico». Secondo lui, Sangare avrebbe scelto la sua vittima con «una lucidità terrificante, scartando altre potenziali prede meno convenienti».

IL PROFILO CLINICO – Il trentenne milanese - scrive stamane L'Eco di Bergamo -, figlio di genitori maliani, soffrirebbe di disturbo misto di personalità a tratti narcisistici e antisociali, aggravato da un uso cronico di cannabis. Disturbi che però, secondo il collegio peritale, non ne intaccano le capacità di intendere e volere. «Sempre in contatto con la realtà, lessico forbito, ma totale disimpegno morale», ha sottolineato Paulillo. Nessuna traccia di pentimento: «Non ha mai nominato Sharon come vittima, solo come “donna”».

LA DIFESA INSISTE – Di diverso avviso il consulente della difesa, lo psicologo Alessandro Calvo, secondo cui «l’intossicazione cronica e i disturbi di personalità avrebbero potuto condizionare la capacità di intendere e volere». Un’opinione rafforzata da documenti medici e annotazioni dal carcere, citati dal legale Giacomo Maj, che descrivono «atteggiamenti bizzarri» e l’incapacità dell’imputato di percepire il disvalore delle proprie azioni.

LE REAZIONI – In aula, i familiari di Sharon hanno ascoltato in silenzio parole pesantissime. Il padre, Mario Verzeni, ha ribadito: «Non proviamo rancore, ma il dolore resta».

I PROSSIMI PASSI – L’udienza ha accolto anche la relazione della psichiatra Valentina Stanga, che già in un precedente processo per maltrattamenti aveva escluso vizi di mente per Sangare. Ora tocca alla Corte d’assise: se confermerà la capacità di intendere e volere, l’imputato rischia l’ergastolo. Il 10 novembre sarà lo stesso Sangare a essere interrogato: la sua versione, finora mutevole, sarà decisiva per orientare il verdetto.

Sezione: TANEWS24 / Data: Mar 23 settembre 2025 alle 08:32
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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