Faccio un passo indietro. Vado oltre l'ultima settimana, che ci ha consegnato una notte unica per i tifosi dell'Atalanta e ha confermato che Gasperini è un grande allenatore. E vado oltre la prossima, quando la Champions metterà in mostra anche Napoli e Juventus. Torno a domenica scorsa, alla gara dell'Olimpico, per dedicare questo editoriale alla grande sorpresa di questo campionato: la Lazio di Simone Inzaghi.
Perché in molti, Lotito compreso, pensavano che questo potesse essere l'anno giusto per tornare in Champions. Ma in pochissimi (e tra questi sicuramente non c'ero io) che questa squadra a due terzi del campionato potesse ritrovarsi a ridosso della prima posizione, in piena corsa per lo Scudetto con Juventus e Inter.
Una squadra che in questa stagione ha fatto il definitivo salto di qualità, che non perde in campionato da un girone e che sa raddrizzare le partite anche quando - come contro l'Inter - si ritrova sotto al termine di un buon primo tempo. La Lazio è un esempio positivo perché ci spiega che nel calcio parole come 'progetto' o 'fiducia' non sono vuote di significato quando si crede veramente in ciò che si fa. Che saper aspettare è una dote quando le fondamenta sono solide e che rendersi protagonisti ogni estate di rivoluzioni sul mercato magari ti porta a qualche titolo in più, ma alla lunga non paga. Soprattutto se non hai ogni estate 100 o più milioni di euro da spendere.
La squadra che domenica ha battuto l'Inter 2-1 di milioni di euro ne è costata 57. Poi certo ci sono da aggiungere dei bonus, oltre che le riserve. Ma nel complesso è una squadra grossomodo costata quanto Lukaku e meno di Cristiano Ronaldo. Trattasi di realtà diverse ed è difficile pensare che Inter o Juventus possano puntare e aspettare così come tante scommesse. Ma tutte le altre squadre medio-alte del nostro campionato avrebbero potuto comportarsi allo stesso modo e non l'hanno fatto. Perché il calciomercato è incubatore perfetto delle manie di protagonismo in tutte le sue accezioni. E aspettare il gruppo, puntellarlo senza stravolgerlo ogni estate, è operazione che fanno in pochi. E tra questi pochi, certamente c'è la Lazio.
Milinkovic-Savic è sbarcato nella Capitale nel 2015, Ciro Immobile un anno dopo così come Luis Alberto. Che è arrivato per ricoprire il ruolo di seconda punta e adesso è una strepitosa mezzala, la migliore di questa Serie A. Anche l'arrivo in panchina di Simone Inzaghi avviene nell'estate 2016: promesso sposo alla Salernitana e poi promosso alla guida della prima squadra dopo il tira e molla tra Lotito e Bielsa. Un allenatore arrivato in punta di piedi che poi ha sempre goduto del supporto della società, anche nei momenti più difficili.
Proprio nell'estate 2016 si sono costruite le basi della Lazio di adesso. E' servito del tempo, è servita tanta pazienza e qualche correttivo. Ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti e questa Lazio, costata molto meno di tante squadre di Serie A, adesso è lì in alto. A battagliare con chi ha altri budget e altre prospettive.
Non è il primo caso, non sarà (spero) l'ultimo. Certamente, la Lazio di Inzaghi è il secondo esempio in pochi anni di squadra capace di lottare lì in alto compensando con l'attesa, col progetto e con la forza delle idee i limiti di budget. Un lavoro simile a quello che due anni fa portò il Napoli a lottare punto a punto con la Juventus: quella squadra, guidata da Maurizio Sarri, giocava in maniera molto diversa dalla Lazio di Inzaghi. Partiva da altre certezze, ma entrambe le squadre hanno saputo fare della forza del gruppo il vero punto di forza. Hanno saputo acquistare e poi aspettare che quei giocatori portassero avanti insieme un preciso percorso di crescita.
Quel Napoli arrivò a un passo dal sogno, questa Lazio invece è in piena bagarre e può fare ancora meglio. Può farlo nell'immediato, per l'evidente motivo che questa corsa Scudetto è ancora in corso. Può farlo nel futuro prossimo, evitando quell'ibrido (divorzio da Maurizio Sarri, non dai cardini del suo gruppo) che ha poi portato al ridimensionamento attuale.
Tornando alla Lazio, e risalendo la gerarchia del club fino ad arrivare alla sua cima, impossibile non complimentarsi con Claudio Lotito. Perché in questi anni ha saputo vincere senza rimetterci soldi, ha saputo far crescere il club creando un circolo virtuoso. E adesso, grazie alla scelta degli uomini giusti, si trova in piena corsa Scudetto. Tra le tante, la scelta più giusta è stata probabilmente quella di puntare su Igli Tare come direttore sportivo.
Nel 2008, quando Tare si presentò in sede per firmare un nuovo contratto, Lotito lo convinse ad appendere gli scarpini al chiodo e a diventare il protagonista del calciomercato biancoceleste. Da allora, l'ha protetto, aspettato e valorizzato. Gli ha concesso sempre più spazio e s'è goduto i frutti: Tare è l'architetto di questa Lazio da Scudetto, colui che ha avuto intuizioni come Milinkovic o Luis Alberto ma anche colui che ha saputo sostituire Klose con Immobile, Biglia con Lucas Leiva o De Vrij con Acerbi. Tare è uno dei tasselli più importanti di questa Lazio, di una squadra che è lì perché lo merita. E ora non vuole smettere di sognare.
Autore: Redazione TA
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