Il 20% in più dell’anno precedente, praticamente tutto assorbito dalla qualificazione in Champions League. L’Atalanta fa segnare un altro record nel 2019, per la prima volta con l’approdo nella massima competizione continentale. Così il fatturato passa da 155,7 milioni al 31 dicembre 2018 ai 188,6 milioni al 31 dicembre 2019. Tre milioni in più per i ricavi delle sfide giocate a San Siro (quasi 4 milioni contro i 917 mila euro del 2018, anche ovvio tra gironi di Champions e turni preliminari di Europa League). Oltre a questi ci sono 29,6 milioni di euro dei diritti tv della Champions. Esattamente i 33 milioni di aumento fatturato.
DIRITTI TELEVISIVI - Fanno la voce grossa, perché sono praticamente la metà degli incassi dei nerazzurri: 89,8 milioni contro i 53,8 che erano arrivati nel 2018. È comunque una situazione virtuosa per l’Italia, dove moltissimi club viaggiano nella fascia fra il 70 e l’80% del proprio fatturato dovuto alle televisioni. Di fatti l’Atalanta in questo momento potrebbe anche essere sostenibile se domani non ci dovessero essere i diritti tv. Paradossalmente senza Champions questa percentuale scenderebbe intorno al 35%, ancora meno. Ma è evidente che la qualificazione continua alla Champions cambierebbe la dimensione nerazzurra, arrivando fra le prime tre/quattro per fatturato.
I COSTI - Sono aumentati di molto, passando da 120 milioni a 147,6 milioni di euro. Di questa esplosione 18,8 arrivano per gli stipendi, probabilmente gli altri sono finiti nella spese per la ristrutturazione dello stadio. 50,9 milioni di euro sono legati ai compensi - i premi sono probabilmente fuori, 150 mila euro per giocatore con la qualificazione Champions - mentre gli ammortamenti per i cartellini dei calciatori sono stabili: insomma, al netto degli acquisti di Muriel a 20,1 milioni e Malinovskyi a 13,6, non c’è un aumento. Segno che l’Atalanta non sta investendo più degli altri precedenti.
IL CORONAVIRUS - Ovviamente l’arrivo della pandemia avrà di certo una ripercussione sul botteghino. In particolare l’eventuale quarto di finale contro il Paris Saint Germain a San Siro (piuttosto che a Lisbona, in un Estadio Da Luz vuoto) avrebbe portato almeno un 2,5-3 milioni, come già visto contro il Valencia negli ottavi con i 45 mila spettatori del 19 febbraio. Anche la mancanza degli abbonamenti, più una variazione negativa degli incassi dei giorni del match (anche dei negozi circostanti il nuovo stadio) abbassano ulteriormente un fatturato che volerebbe verso i 200 milioni senza problemi.
QUANDO I SOLDI? Difficile districarsi nelle somme percepite dall’Atalanta, fra prestiti con obbligo di riscatto, possibili plusvalenze ritardate - Kessie, venduto nel 2017, è stato iscritto nel bilancio 2019 a causa del prestito biennale - ma pensando alle cessioni c’è sicuramente un positivo. Kulusevski a 35 milioni più bonus (fino a 44), Gosens a 25 milioni, Czyborra e compagnia copriranno i problemi, ma è chiaro che l’arrivo di Simone Muratore sia stato un aiuto alla Juventus in un momento di bisogno e che la situazione sia ampiamente in positivo. Ah, a proposito, quando saranno contabilizzati i soldi di Diallo, 25 milioni più 15 di bonus, nel 2020 o nel 2021? Perché probabilmente siamo di fronte a un altro bilancio già a posto. L’Atalanta è straordinaria in questo, non è comprensibile come le altre medio-piccole non abbiano mutuato il loro modo di agire.
TENERE A GALLA - C’è anche da dire che l’Atalanta non è l’unico asset di Odissea, la holding dei Percassi: Kiko nel 2019 ha avuto ricavi per 588,4 milioni (309 consolidati da Odissea) ma con una perdita netta di 15,4 milioni (meglio dei -44,4 del 2018, ma da capire quale sarà l’impatto della pandemia). Il settore retail in utile di 0,9 milioni, mentre Starbucks -3,8 milioni. Nel computo, quindi, i Percassi mantengono il proprio impero, attualmente in negativo altrimenti, con i ricavi dei nerazzurri.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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