Un punto a testa, ma non per tutti. Perché Cremonese-Atalanta 1-1 è l’ennesimo pareggio che pesa come una sconfitta per i nerazzurri, ma anche una sconfitta simbolica per tutto il calcio italiano. Quella curva completamente vuota, orfana dei tifosi atalantini ancora squalificati dopo gli incidenti post Parma, è un colpo d’occhio che fa male. E prima o poi qualcuno dovrà ammetterlo: chiudere settori interi non è una soluzione, è solo la rinuncia a trovare un’altra strada. Così il calcio diventa sempre più un salotto, sempre meno una passione popolare.
UN CLIMA SOSPESO – Lo Zini si riempie lentamente- racconta L'Eco di Bergamo -, 11.052 spettatori, atmosfera serena e provinciale. Gli ultras di casa dietro lo striscione “Underfives”, cori moderati, nessun contraltare dall’altra parte. Gli spalti parlano in dialetto lombardo con inflessioni emiliane, tra sorrisi e battute. I bergamaschi, pochi ma presenti, si sono “mimetizzati” tra le tribune grazie a biglietti recuperati per vie traverse o a tessere temporanee della Cremonese: qualche trucco d’altri tempi in un calcio ormai anestetizzato.
Tutto molto tranquillo, troppo tranquillo. Persino la lettura delle formazioni scivola via come una formalità, senza emozioni. Sul campo, intanto, la Dea ci prova a modo suo: ordine, possesso, ma nessuna scintilla.
IL RITORNO DI CARNESECCHI E L’ALCHIMIA DI NICOLA – Applausi sinceri per Marco Carnesecchi, al ritorno da ex nello stadio che lo aveva lanciato in Serie A nel 2021-22. È un tuffo nel passato, quello della Cremonese che allora ritrovò la massima categoria dopo 18 anni e la perse subito. Oggi, però, c’è aria diversa: la squadra di Davide Nicola gioca con rispetto, ma senza timori reverenziali.
Ci sono nomi curiosi e suggestivi – Floriani Mussolini con la maglia numero 22, Baschirotto tornato a casa, Vandeputte motore di fascia – ma soprattutto c’è lui, Jamie Vardy, il "working class hero" del calcio moderno. A 38 anni ha scelto Cremona come nuova sfida: poteva chiudere la carriera in Spagna o negli Emirati, invece si è tuffato nella pianura padana, dove il calcio è ancora fatica e nebbia. E anche stavolta la storia non lo tradisce.
VARDY COLPISCE, L’ATALANTA SI SALVA (MA NON SI RITROVA) – Dopo un primo tempo sonnacchioso, in cui Juric osserva più che dirigere, la ripresa si accende. L’Atalanta prova a cambiare ritmo con Scamacca e Samardžić, ma la sensazione è di un motore che gira a vuoto. Poi arriva la beffa, quasi annunciata: respinta corta di Carnesecchi, palla sui piedi di Vardy e 1-0 Cremonese.
Il boato dello stadio è quello delle grandi serate, ma dura poco: la Dea, ferita nell’orgoglio, trova il pari con Brescianini, entrato pochi minuti prima. Il suo destro dal limite trafigge Silvestri e salva almeno l’imbattibilità stagionale. Troppo poco, troppo tardi.
UNA DEA CHE NON INCIDE – C’è rispetto per una Cremonese che si difende e riparte con intelligenza, ma è l’Atalanta a deludere. Gioco lento, idee confuse, scarsa cattiveria sotto porta. De Ketelaere illumina a intermittenza, Lookman si perde in dribbling inconcludenti, Krstović e Scamacca non trovano mai il guizzo. La sensazione è che Juric abbia impostato una squadra solida ma sterile, un’Atalanta che produce tanto ma segna poco, come se la porta avversaria fosse un miraggio. Dopo lo 0-0 con lo Slavia Praga, arriva un altro pareggio, il quarto in campionato. Per una squadra di questo livello, abituata a respirare l’aria d’Europa, non basta la consolazione dei numeri.
UN CALCIO SENZA POPOLI, UN’ATALANTA SENZA ANIMA – Tra Bergamo e Cremona corrono appena cento chilometri, ma la distanza simbolica sembra infinita. Quella tra una tifoseria privata del suo diritto di esserci e una squadra che non trova più la scintilla che la distingueva.
E allora sì, meno male che c’è Brescia…nini, con il suo tiro rabbioso a salvare il punto e la faccia. Ma il resto è desolante: uno stadio dimezzato, una partita a ritmi bassi, una Dea che ha smarrito la leggerezza e l’incanto dei tempi migliori.
Se il calcio deve restare passione e l’Atalanta vuole tornare grande, servirà ritrovare la sua anima – sugli spalti e in campo. Perché a forza di pareggiare, di emozioni non ne restano più.
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Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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