Nel teatro del Deutsche Bank Park, l'Atalanta non ha semplicemente vinto; ha ritrovato se stessa, riscoprendo quel codice genetico che sembrava smarrito nelle nebbie di un avvio di stagione complesso. Raffaele Palladino, al suo battesimo di fuoco in Champions League, firma un 3-0 che è un manifesto di pragmatismo tattico e rinascita psicologica. Lontano dai trionfalismi facili, il tecnico campano si presenta in sala stampa con l'aria di chi sa che la strada è ancora lunga, ma consapevole di aver toccato le corde giuste. Tra retroscena su patti siglati nello spogliatoio, lodi a "soldati" instancabili come De Ketelaere e Ederson e un doveroso omaggio al lavoro precedente di Juric, Palladino analizza la metamorfosi della Dea. Una squadra che, per usare le sue parole, ha smesso di cercare alibi e ha iniziato a cercare — e trovare — il coraggio. Ecco quanto evidenziato da TuttoAtalanta.com
Mister, un esordio vincente e convincente. A Francoforte abbiamo rivisto quell'Atalanta "forte" che lei aveva evocato alla vigilia. Che partita ha visto dalla panchina e quanto sente suo questo successo?
«Ho rivisto esattamente l'Atalanta che tutti noi volevamo rivedere. Prima di ogni analisi tecnica, però, ci tengo a ringraziare la società per la fiducia accordatami e il mio staff per il lavoro enorme svolto in queste due settimane. Ma il grazie più grande va ai ragazzi: sono loro i veri protagonisti. Questa è la vittoria del gruppo, perché io non possiedo la bacchetta magica per cambiare le cose dall'oggi al domani. Ho solo cercato di far capire alla squadra che bisognava avere coraggio, che serviva mettere in campo quel "qualcosina in più" a livello caratteriale. E oggi l'hanno fatto. Il primo tempo è stato equilibrato, l'Eintracht è una squadra di valore e abbiamo anche colpito due pali, segnale che eravamo vivi. Nella ripresa, però, è emerso un tasso tecnico importante: abbiamo giocato di reparto, creato tanto e dominato. Siamo felici di aver ritrovato lo spirito giusto; questa scintilla ci serviva come l'aria, ho visto i ragazzi davvero felici a fine gara».
La scelta di De Ketelaere ha pagato dividendi altissimi, non solo per la qualità offensiva ma per un lavoro di "non possesso" commovente. È ripartito dal secondo tempo di Napoli e i fatti le hanno dato ragione. Come valuta la prova del belga e la risposta del collettivo?
«Charles ha svolto un lavoro in fase di non possesso semplicemente fantastico. Stamattina ci ho parlato e lui mi ha confessato che nasce centrocampista, quindi ha nel sangue la propensione al sacrificio e alla corsa. La scelta era anche strategica: sulla riconquista palla voglio che i miei attaccanti vengano innescati immediatamente. Se lui fosse rimasto passivo, me lo sarei ritrovato a rincorrere l'avversario all'indietro; invece, lavorando così, riesco a trovarlo già in zona offensiva per far male, come accaduto nel secondo tempo. Ripeto, non c'è nessuna magia mia, ma solo il merito di un gruppo con grandi valori, costruito bene. Mi è piaciuto lo spirito di chi ha iniziato e di chi è subentrato. Ora però testa bassa e pedalare: tra pochi giorni c'è una Fiorentina agguerrita e vogliamo fare bene anche in campionato».
Aveva chiesto una scintilla, si è scatenato un incendio. Come ha fatto a innescare una reazione così violenta e positiva? Vedere quei tre davanti cercarsi con tale piacere sembra rendere tutto più facile, ma quanto conta il recupero palla alto?
«Assolutamente, il nostro principio cardine è difendere insieme e attaccare insieme. Quando riconquistiamo palla dobbiamo verticalizzare subito, perché abbiamo attaccanti devastanti che possono spaccare la partita. Oggi l'hanno fatto in maniera perfetta. Per quanto riguarda l'aspetto mentale, ho cercato di toccare i tasti giusti. Vi svelo un aneddoto, una di quelle cose che solitamente restano nello spogliatoio: ho appeso un foglio al muro e ho scritto "DNA Atalanta". Ho chiesto a ognuno di loro di darmi un aggettivo che rappresentasse ciò che volevamo ritrovare. Sono uscite parole molto importanti e stasera le ho viste tutte tradotte in campo. A volte basta poco per riaccendere la luce, i ragazzi sono stati bravissimi a recepire il messaggio».
Dopo cinque gare, avete sistemato anche la differenza reti portandola in positivo, un fattore cruciale nel nuovo format Champions. Inoltre, ci ha incuriosito: quali sono questi aggettivi scritti sul foglio?
«Vi dico una cosa che forse va controcorrente: stasera la vittoria non era importante tanto per la classifica o per la differenza reti in Champions, che pure sono aspetti fondamentali. Era vitale per la nostra testa e per dare credibilità al percorso che abbiamo iniziato insieme. Altrimenti si rischia di fare solo belle parole e "frasi fatte". I ragazzi questa vittoria l'hanno cercata, voluta e meritata. Per quanto riguarda gli aggettivi, ne sono usciti tanti e bellissimi: ambizione, coraggio, fame, intensità, lavoro, sacrificio. E poi uno fondamentale: unione. Quel foglio è ancora lì attaccato nello spogliatoio a ricordarci chi siamo».
Alla vigilia aveva promesso di dirci dove l'Atalanta può ancora migliorare. Cosa manca per vedere il "gioco di Palladino" al 100%?
«Ragazzi, ho ereditato la squadra da quindici giorni, ma il gruppo al completo ce l'ho solo da sei giorni a causa delle nazionali. Abbiamo lavorato pochissimo insieme. Non ho la bacchetta magica, ho solo cercato di trasmettere pochi concetti ma chiari, ripristinando alcuni principi in cui credo. La squadra recepisce in modo impressionante: sono dei soldati, dei robot, eseguono alla perfezione. Certo, c'è da migliorare: vorrei una velocità di palla superiore nella costruzione da dietro, più efficacia sulle seconde palle e qualche duello vinto in più. Ma è un percorso, inseriremo nuove conoscenze piano piano».
Dieci punti in classifica, sedici bastarono l'anno scorso per gli ottavi. Non crede che questa vittoria sia un ipoteca, o quantomeno un passo decisivo, anche per il passaggio del turno?
«Intanto se siamo a dieci punti è merito anche della gestione passata di Ivan Juric, che ha ottenuto risultati importanti e lo ringrazio per questo percorso. Ma da me avrete sempre la stessa risposta: io voglio giocarmi la partita contro chiunque. Io sono ambizioso e la squadra deve esserlo altrettanto. Dobbiamo essere consapevoli della nostra qualità ma mantenere questo spirito guerriero. Ora archiviamo la Champions, godiamoci la serata, ma da domani il pensiero fisso è la Fiorentina».
Come ha ritrovato Kolasinac? La sua prestazione è stata monumentale per un giocatore fermo da tanto tempo.«Sead sta recuperando, è un uomo
leader e un giocatore di esperienza internazionale indiscutibile. Essendo stato fuori a lungo gli manca ovviamente il ritmo gara, ma stasera sembrava non avesse mai subito alcun infortunio. Durante il match gli ho chiesto come si sentisse e mi ha risposto "Bene mister". È un top player in questo, un soldato vero. A fine partita ha persino fatto un lavoro integrativo. Sono felice di averlo ritrovato, è una risorsa preziosa».
Per chiudere, ci regali lei un aggettivo per definire l'Atalanta di questa sera.
«Coraggiosa. Coraggiosa e ambiziosa. Non dico "perfetta" perché, come ho detto al vostro collega, ci sono dettagli da limare: a volte siamo stati un po' lunghi e vorrei la squadra più compatta. Ma il coraggio mi è piaciuto da morire. Ho visto come sono rientrati dopo l'intervallo, con quella scintilla negli occhi. Si sentivano liberi. Ora abbiamo tracciato un solco e dobbiamo percorrerlo andando forte, senza voltarci indietro».
Il coraggio come dogma, l'unione come metodo. Raffaele Palladino non si prende meriti che non siano quelli di aver "liberato" mentalmente una squadra dal potenziale enorme. La notte di Francoforte consegna all'Atalanta non solo tre punti d'oro, ma la certezza di aver trovato una guida capace di parlare al cuore dei suoi soldati.
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Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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