L’Atalanta chiude ufficialmente l’era Ivan Juric. La decisione, maturata dopo settimane di riflessioni, è arrivata al termine di un periodo difficile e segnato da una progressiva perdita di sintonia tra allenatore, squadra e ambiente. Il 3-0 incassato in casa dal Sassuolo, più che la causa, è stato il detonatore: la fotografia di una frattura ormai evidente.
UN ADDIO ANNUNCIATO - L’esonero era nell’aria già da giorni - approfondisce Chiamarsibomber.com -. I risultati, certo, hanno avuto un peso, ma la vera crisi della Dea è stata umana e gestionale, prima ancora che sportiva. Huric non è mai riuscito a entrare davvero in sintonia con il gruppo, né a trasmettere quella spinta emotiva che aveva reso iconico il ciclo di Gasperini.
Il suo percorso a Bergamo è stato segnato da una discontinuità costante, con prestazioni esaltanti seguite da cali improvvisi e inspiegabili, e da un gioco sempre più opaco. La sensazione, nello spogliatoio e tra i dirigenti, era che la squadra avesse smarrito entusiasmo e identità.
IL CLIMA NELLO SPOGLIATOIO - A far precipitare la situazione sono stati gli episodi interni. Secondo fonti vicine a Sky Sport, le tensioni nello spogliatoio erano diventate difficili da gestire. Juric, mai tenero nei rapporti, aveva progressivamente perso il contatto con alcuni senatori e con figure cardine del gruppo. Simbolico l’episodio avvenuto a Marsiglia, quando un diverbio con Ademola Lookman — sostituito in maniera brusca — si trasformò in uno scontro verbale evidente anche ai presenti. Non meno significativo il commento pungente rivolto a Marco Carnesecchi dopo la sconfitta di Cremona: «Pensi a parare e parli di meno». Frasi che, nel mondo Atalanta — dove il collettivo e la coesione sono sempre stati pilastri fondamentali — hanno rappresentato una rottura insanabile.
LOOKMAN, IL CASO CHE HA INFIAMMATO TUTTO - Proprio Lookman, tra i giocatori simbolo dell’era Gasperini, è diventato uno dei punti di attrito più forti. Il nigeriano, fin lì al centro del progetto tecnico, si è progressivamente sentito marginalizzato dal nuovo allenatore. Il litigio in campo e la reazione stizzita del giocatore hanno acuito una distanza già esistente. In una squadra che ha sempre fatto della fiducia e della libertà creativa la propria forza, l’irrigidimento dei rapporti ha finito per soffocare lo spogliatoio.
UN TECNICO DIVERSO, MA SENZA SCINTILLA - L’Atalanta di Juric non è mai diventata davvero sua. Il tecnico croato, che in passato aveva stupito a Genova e Verona per intensità e idee, si è presentato a Bergamo con un bagaglio tecnico solido ma incapace di adattarsi alle esigenze di una piazza che da anni viaggia su alti standard emotivi e qualitativi.
Gli allenamenti, raccontano da Zingonia, erano meno intensi e coinvolgenti rispetto a quelli che avevano segnato l’epoca Gasperini. La squadra, di riflesso, appariva svuotata e senza quella carica agonistica che aveva fatto la differenza per un decennio.
UNA BEFFA DEL DESTINO - C’è anche un’ironia del calendario in questa storia: esattamente un anno fa, il 10 novembre 2024, Juric era stato esonerato dalla Roma. Dodici mesi più tardi, la stessa data segna la fine della sua avventura a Bergamo.
Due panchine, due esperienze finite nello stesso modo: con un addio inevitabile e la sensazione di un potenziale mai realmente espresso.
LA DEA RIPARTE - Ora, la palla passa alla dirigenza, chiamata a ridare slancio e fiducia a un ambiente ferito. L’Atalanta deve ritrovare la propria anima, quella fatta di entusiasmo, lavoro e senso di appartenenza. Il successore di Juric, Raffaele Palladino, avrà il compito di riaccendere la scintilla, restituendo compattezza al gruppo e ritmo al gioco.
I tifosi sognano di tornare a vivere quelle notti europee e battaglie memorabili che, solo pochi anni fa, sembravano la normalità.
Perché a Bergamo la memoria è lunga, ma la passione ancora di più.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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