Il primo giugno è una bella data. Da sempre segna l'inizio, ufficioso, del calciomercato. Per quello ufficiale bisogna aspettare il primo luglio, dopo le scadenze dei contratti ma si è sempre saputo che il primo lunedì di giugno era quello del mercato, del caldo, dell'estate e delle belle sensazioni. Quest'anno non è così, eppure era tutto perfetto; sentite come suona bene: lunedì 1 giugno. Nulla da fare. Non sembra estate perché il mercato partirà... chissà quando. Però, finalmente, abbiamo la certezza e una data della ripresa del calcio giocato. Oro che cola. Questi mesi di lockdown hanno fatto tirare una bella linea e giovedì scorso abbiamo messo un punto. Adesso possiamo dire chi ha gestito bene l'emergenza, chi non ci ha capito nulla e chi ha perso la sua "battaglia".
Il calcio questa volta, strano ma vero, ha risposto bene. Dopo un primo, ovvio, disorientamento ha saputo fare sistema.
Primo promosso: Gabriele Gravina, Presidente FIGC.
Non era facile gestire questa emergenza. Da una parte aveva 20 imprenditori che ragionano, spesso, con una testa poco imprenditoriale. Dall'altra parte un Governo miope che si è rivelato il primo nemico del calcio. Gravina ha retto bene l'urto. Politicamente non ha perso la bussola e ha portato a casa la partita. Promosso perché il risultato è quello che conta. Bisognava ripartire e si ripartirà. Il suo lavoro, però, non finisce qui. In basso torneremo a parlare di Gravina, a proposito del famoso cambio format.
Promosso anche Claudio Lotito, il vero artefice della ripartenza. Ha cambiato la sua strategia mediatica. Meno spocchioso, meno protagonista ma il vero padrone del palazzo. A Roma vive di politica e, come disse La Russa, comanda più Lotito di Spadafora. Ha fatto di tutto per non far bucare il pallone. Certo aveva interessi personali evidenti ma questa volta i suoi interessi combaciavano con quelli del sistema. Ha vinto la partita e alle dichiarazioni spocchiose, made in Lotito, ha preferito la diplomazia.
Promossi anche Mauro Balata e Cosimo Sibilia. Presidenti di Serie B e Serie D. Il primo voleva tornare in campo e ci tornerà. Ha gestito molto bene i suoi 20 Presidenti e si è fatto trovare pronto non appena è giunto l'ok di Palazzo Chigi. Sibilia ha mostrato coerenza e capacità. Non è mai andato dove tirava il vento ma ha assicurato una linea unica, nel bene e nel male per alcuni club. In serie D non si poteva tornare a giocare e non lo ha deciso lui ma medici e politici. Ha sospeso in tempo utile i gironi e ha assicurato il merito sportivo, l'unico che conta. Dispiace per le retrocesse ma la LND ha preferito una classifica, seppur pariale, ad un lancio della monetina. Sibilia ha lavorato, con Balata, alla grande riforma che sarebbe l'unica soluzione per evitare il crac finanziario e gite in tribunale.
Promossi anche allenatori (Ulivieri) e arbitri (Nicchi e Rizzoli). Tutti in silenzio in attesa della decisione. Una volta ricevuto l'ok senza troppe chiacchiere si sono fatti trovare pronti.
Gli sconfitti.
Il più grande sconfitto di questa vicenda è il Ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora. E ci dispiace tornare su di lui anche perché ha la faccia da bravo ragazzo, tanta voglia di fare e contento di stare nel Palazzo della Politica come un bambino quando entra a Gardaland. Da apprezzare la sua volontà. Ma, va detto, è stato travolto da un'onda anomala molto più grande di lui. Con il calcio, in Italia, non si scherza. Si è bruciato, anzi, si è ustionato con il pallone e politicamente ne esce devastato come lo era la sua faccia giovedì scorso all'annuncio della ripartenza. Ancora più tristi le dichiarazioni dei vari Presidenti di Lega che hanno seguito un protocollo. "Ripartiamo e ringraziamo il Ministro Spadafora per l'ottimo lavoro svolto". Nessuno di loro lo pensa ma nell'accordo c'era anche quello di far uscire bene il Ministro? Non voleva la ripartenza, Spadafora, ma tempistiche, affari e politica lo hanno messo nell'angolo. Ha trattato il calcio come un problema e invece in Italia la gente sogna e vive di pallone. Persa la battaglia sulla ripartenza ne sta facendo un'altra, altrettanto folle, sul calcio in chiaro andando contro una Legge (la Melandri) che stabilisce delle regole chiare. Sarebbe disposto addirittura ad un decreto ad hoc ma così mancherebbe di rispetto a tutti coloro che pagano un abbonamento e vedere la serie A non è un servizio pubblico. Sarebbe, piuttosto, un grave abuso di potere. Qualcuno potrebbe dargli il contentino ma prima di fare paragoni con altri Paesi bisognerebbe spiegare a Spadafora che se la Premier, in parte, andrà in chiaro è perché in Inghilterra non tutte le partite sono trasmesse in tv (solo il 60%) ed essendoci le porte chiuse è giusto mandarle in chiaro per mostrarle a qualcuno. Discorso e business completamente diverso in Italia. Bocciato Damiano Tommasi, Presidente Aic. A fine mandato non ne ha indovinata una. Dal taglio agli stipendi agli orari delle partite fino all'ultima lettera sui rimborsi di serie D, senza avere il coraggio di mandare direttamente la missiva a Sibilia e Gravina mandando un fax simile ai responsabili dei club di D, dopo che Sibilia era stato molto chiaro sui rimborsi: "Senza prestazione non possono esistere i rimborsi". Un Presidente dell'associazione calciatori dovrebbe conoscere la differenza tra stipendi e rimborsi. La sua categoria ha perso milioni di euro e molti calciatori non hanno un presente e neanche un futuro. Nella lista dei bocciati potrebbe finire Francesco Ghirelli, numero uno della Lega Pro, ma sarebbe troppo facile. Ha commesso degli errori gravi ed evidenti. Ha convocato assemblee che non andavano convocate, non si è allineato alle altre Leghe, ha cambiato troppo spesso opinione e ha fatto troppa confusione ma il vero problema e i veri sconfitti sono i Presidenti di serie C che parlano (tanto) e agiscono poco e male. I Presidenti di serie C sono stati il vero disastro di questa quarantena. Spaccati tra di loro, gonfiano il petto sui social e in tv ma fanno il gioco del silenzio in assemblea, non hanno più i soldi per andare avanti eppure vorrebbero continuare ad essere sommersi dalla marea di debiti che ogni anno aumenta.
Infine un passaggio sulla grande riforma del calcio che molte società auspicano che avvenga subito. Gravina, intervenuto all'ultimo consiglio di Lega Pro, ha confermato la volontà di fare la riforma ma sarebbe propenso a farla tra un anno. Grave errore: se va fatta non bisogna aspettare. Il Covid deve accelerare la riforma in un anno dove bisogna evitare crac finanziari e cause in tribunale. Senza la riforma diventeranno ricchi solo gli avvocati, per difendere i club che alla fine avranno tutti (chi più, chi meno) ragione. A, B, D e Coni sono per la riforma immediata. Forse anche il Governo spinge per abbreviare i tempi. Gravina, anche qui non deve essere il becchino del calcio. Deve pensare al bene del sistema e non alla scadenza del suo mandato per promuovere una riforma che per tutte le società di seconda fascia sarà di vitale importanza.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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