Non dorme Luciano Spalletti, da quando quella maledetta notte contro la Norvegia gli ha strappato il sogno di un'intera nazione. Lo racconta in una confessione senza veli a La Repubblica, aprendo squarci di sincerità sul dolore che lo accompagna, le colpe che sente sue e quella passione, totale e divorante, per un calcio che gli ha «rovinato la vita».

IL PESO DELLA NORVEGIA - C’è un pensiero fisso che tormenta Spalletti: la sconfitta con la Norvegia che ha condannato l’Italia. Un fardello che lo perseguita, togliendogli il sonno e contaminando anche i rari momenti di serenità: «Non riesco a liberarmi da quella partita. Credo di essere felice per un attimo, ma poi torna quel peso. Mi rimprovero soprattutto di non essere riuscito a trasmettere ai ragazzi quanto tenessi davvero a loro».

CHIESA, IL GRANDE ASSENTE - Nei rimpianti tecnici c’è un nome su tutti: Federico Chiesa. Un giocatore che Spalletti avrebbe voluto con sé, perché gli avrebbe dato quel cambio di passo che all’Italia è drammaticamente mancato: «Serviva uno che accendesse la scintilla, che creasse imprevedibilità tra le linee. Ecco perché avrei voluto portarlo, sarebbe stato il nostro uomo in più».

AMORE E DOLORE DEL CALCIO - Spalletti, però, non si pente di nulla. La scelta di accettare la Nazionale non è mai stata razionale, piuttosto un imperativo del cuore: «Quando arriva quella chiamata non esiste un ragionamento da fare. Devi soltanto aprire il petto e dare tutto. L’ho fatto, ma forse ho esagerato con certe richieste iniziali ai giocatori: cantare l’inno, urlare il grido di battaglia prima degli allenamenti. Volevo coinvolgerli con la mia stessa passione, ma ho esagerato».

LA FERITA NAPOLETANA - Più profonda ancora della delusione azzurra è la ferita aperta con Napoli. Un addio consumato nell’amarezza e culminato nella più crudele delle beffe: non aver potuto festeggiare il suo scudetto tra le strade della città. «Non sfilare per Napoli è stato il colpo più duro. Mi manca quel momento, mi mancherà sempre. Ho chiesto ai giocatori di quest’anno di mandarmi i loro video, per capire che sensazione desse essere su quel pullman, immersi nell’abbraccio della gente».

LA SFIDA A DE LAURENTIIS - Spalletti non nasconde le sue frizioni con De Laurentiis, e anzi rivendica con orgoglio il significato del suo gesto: «Con il mio addio ho contribuito a far emergere una realtà scomoda. Ora il presidente ha capito che per vincere non basta la sua visione, servono allenatori importanti. È un passo avanti, anche se doloroso».

C’è tutto Spalletti in questa intervista: un uomo che ha dato al calcio molto più di quanto abbia ricevuto, un allenatore che non ha paura di ammettere gli errori e che, nonostante tutto, rifarebbe ogni scelta. È il ritratto di un combattente ferito, ma mai arreso. Un uomo che ha capito tardi quanto abbia sacrificato di sé per inseguire un sogno, ma che di quel sogno – oggi – non può comunque fare a meno.

Sezione: Rassegna Stampa / Data: Ven 25 luglio 2025 alle 16:30
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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