Ci sono carriere intere che non conoscono un momento così. E poi ci sono quei cinque minuti che cambiano tutto. Ezequiel Schelotto lo sa: un colpo di testa, un derby, un’esultanza bagnata di lacrime. Tanto è bastato per fissare il suo nome nella memoria dell’Inter. E dodici anni dopo, quel ricordo brucia ancora di orgoglio.
IL RITORNO DEI RICORDI – Settimana di derby, settimana di telefonate e messaggi che ritornano. Schelotto lo vive come un rituale: «Ogni volta rivivo tutto: l’ingresso, il cross, il gol. Guardo il tatuaggio con la data del 24 febbraio 2013 e capisco quanto sia stato privilegiato». Nel primo anello di un San Siro pieno, entrò e dopo cinque minuti segnò. Non un gol: il gol.
LA SCOMMESSA – Un tatuaggio nato in una camera d’albergo. «Io e Ricky Alvarez scherzavamo: “Immagina se uno di noi segna domani…”. Scattò la scommessa. Quando segnai, Ricky mi corse incontro gridando “Domani dal tatuatore!”». Lunedì, infatti, Schelotto era lì.
L’EMOZIONE – «È stata l’emozione più forte della mia vita», racconta ai microfoni de La Gazzetta dello Sport, l'ex Atalanta. Non solo per il peso della partita, ma per chi c’era sugli spalti: tutta la sua famiglia, venuta dall’Argentina. «Ho pensato ai sacrifici, ai chilometri da casa, al periodo buio prima di lasciare l’Atalanta. Mi sono liberato. E ho pianto, senza vergogna».
MORATTI – E poi c’è una mano che lo afferra a fine partita. È quella di Massimo Moratti. «Mi prese per il braccio e mi disse: “Guarda questo stadio, pensa a chi ti ha visto in tv: da oggi sei nella storia dell’Inter, per sempre”». Schelotto si ferma: «Quelle parole non le dimenticherò mai».
UN ADDIO AMARO – Il sogno però durò solo sei mesi. «Avevo ancora quattro anni di contratto. Avrei voluto farne almeno uno. Non mi hanno neppure portato in ritiro; non ho avuto la possibilità di dimostrare il mio valore». Nessun rancore, solo un rimpianto.
CHIVU – Oggi Schelotto guarda con affetto un altro pezzo di quella Inter: Cristian Chivu. «Era un leader in campo e lo è anche ora da allenatore. Lo vedevo già allora: equilibrio, passione, ambizione. Mi disse che un giorno avrebbe allenato l’Inter. Non mi stupirebbe».
DAL GOL DI SAN SIRO A DUBAI – Negli ultimi anni il “Galgo” ha avuto un passaggio esotico: «Ho giocato in prestito nella Serie B araba, poi sono tornato al Paradiso FC, vicino a Lugano. Ho bisogno di stare con mia moglie e mia figlia. La famiglia vale più di tutto».
IL DERBY DI OGGI – «L’Inter è la più forte d’Italia: Bastoni, Barella, Çalhanoglu…». Una pausa, poi il nome più atteso: «Lautaro sarà decisivo. Quando arrivò dal Racing dissi subito che sarebbe diventato un campione. Meritava di più anche nel Pallone d’Oro. Io gliel’avrei dato».
Schelotto ha giocato appena 12 partite con l’Inter, ma un solo colpo di testa gli ha consegnato l’eternità nerazzurra. Perché ci sono gol che non segnano soltanto un derby: segnano una vita.
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Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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