Nella pancia del Deutsche Bank Park, teatro che evoca notti di gloria e battaglie campali, Gianluca Scamacca si presenta non solo come il bomber ritrovato, ma come il leader tecnico ed emotivo di un'Atalanta in cerca di risposte definitive. L'attaccante romano, reduce da un lungo stop che ne ha minato la continuità, sembra aver voltato pagina, complice anche il cambio in panchina e l'arrivo di Raffaele Palladino. Tra un campionato che arranca e un'Europa che invece sorride, Scamacca analizza con lucidità disarmante il momento nerazzurro, tracciando la linea tra un passato da archiviare e un futuro da conquistare, gol dopo gol. Le sue parole a Sky Sport sono un manifesto di intenzioni: la Dea vuole tornare a essere se stessa. Ecco quanto evidenziato da TuttoAtalanta.com
Riavvolgiamo il nastro all'ultima prestazione: che peso specifico ha avuto, per lei e per l'intero spogliatoio, la reazione mostrata nel secondo tempo contro il Napoli?
«Credo che quella frazione di gioco sia stata cruciale, una vera e propria scintilla. Ci ha dato una spinta enorme perché, al di là del risultato, abbiamo ritrovato quella fluidità di manovra e quella cattiveria agonistica che, onestamente, ci mancavano da un po' di tempo. Ma l'aspetto più importante è psicologico: abbiamo capito che noi ci siamo ancora. Abbiamo avuto la conferma che, giocando con quella intensità e quello spirito, possiamo tornare a essere l'Atalanta che tutti conoscono. È stata una presa di coscienza fondamentale».
Tornare al gol dopo un'assenza di oltre due mesi per infortunio non è mai banale. Al di là della statistica, che valore attribuisce a questa marcatura a livello personale?
«È stata indubbiamente una bellissima emozione, un liberazione dopo mesi complicati. Tuttavia, se devo essere sincero, il mio pensiero non era rivolto alla gloria personale. Ci tenevo molto di più a lanciare un segnale forte ai miei compagni e a tutto l'ambiente: volevo dimostrare che io ci sono, che sono tornato e che ho una voglia matta di aiutare la squadra. Il gol è stato il modo migliore per dire "presente"».
Osservandola in campo, la sensazione è di un recupero fisico ormai prossimo al 100%. Cosa le manca ancora per raggiungere la condizione ottimale?
«La percezione è giusta, mi sento decisamente meglio rispetto a qualche mese fa, ma per essere al top manca ancora qualcosa di essenziale: il ritmo partita. Mi manca la continuità, quella che si acquisisce solo giocando novanta minuti settimana dopo settimana. Però la strada è quella giusta: sto lavorando duramente ogni giorno proprio per colmare questo gap e tornare al vertice della forma il prima possibile».
La stagione dell'Atalanta sembra vivere di una strana dicotomia: zoppicante in Serie A, come racconta impietosamente la classifica, ma bella ed efficace in Europa. Come si spiega questa vistosa differenza di rendimento?
«Se devo dire la verità, non ho una spiegazione razionale immediata. È una situazione strana. Però, ringraziando Dio, la stagione è ancora lunga: sono passati solo due o tre mesi dall'inizio, quindi siamo perfettamente in tempo per raddrizzare la rotta sia in ottica Champions League che in campionato. Quello che conta ora è la reazione: l'abbiamo avuta e dobbiamo assolutamente continuare su questa scia. L'obiettivo è ritornare nelle posizioni che meritiamo, e abbiamo tutte le carte in regola per farlo».
L'avvento di Raffaele Palladino in panchina sembra aver portato una scossa. In questi primi allenamenti, su quali tasti ha battuto il nuovo tecnico e cosa ha introdotto di diverso?
«Il mister ha portato una ventata di aria fresca: ho visto subito grande entusiasmo e, soprattutto, ci ha trasmesso molta tranquillità. Ma la cosa fondamentale è che ci dà sicurezza, ed era esattamente ciò di cui avevamo bisogno in questo momento delicato. Abbiamo trovato un allenatore che confida ciecamente in noi e che ci fa sentire "al sicuro", protetti e valorizzati. Questo approccio mentale è stato determinante fin dai primi giorni».
Guardandosi indietro, riesce a individuare cosa si era inceppato nella gestione precedente? Cosa non ha funzionato?
«Non lo so e, ad essere onesto, non mi interessa nemmeno parlarne. Il passato è passato e non serve a nulla rimuginarci sopra. La nostra testa deve essere focalizzata esclusivamente sul presente, su quello che ci aspetta già domani in campo e sulle prossime sfide. Guardare indietro toglie solo energie preziose».
Parliamo dell'imminente sfida europea qui in Germania. Come avete inquadrato l'avversario e che tipo di insidie nasconde il calcio tedesco?
«Affronteremo una squadra tipicamente tedesca, con caratteristiche ben precise: segnano tanto, ma concedono anche molto, il che apre spazi interessanti. Hanno grande intensità, corrono tantissimo e dispongono di ottima qualità tecnica. Noi, storicamente, contro le formazioni della Bundesliga ci esaltiamo: basta guardare ai precedenti con lo Stoccarda o il Bayern Monaco. Sono partite belle da giocare, aperte, vibranti. Sappiamo che sarà una battaglia, ma dobbiamo portarla a casa: per noi è un risultato fondamentale».
Parole da leader, quelle di Scamacca, che non cerca alibi ma traccia la rotta. Tra la "cura" Palladino e la voglia di riscatto in Europa, l'Atalanta si aggrappa ai gol e alla fame del suo numero nove per uscire definitivamente dal tunnel e riprendersi il palcoscenico che le compete.
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Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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